domenica 30 dicembre 2007

Il "lato oscuro" della medicina

Massimo Mazzucco

Fonte: New York Times

Se un inventore si presentasse in un centro di ricerca sul cancro con una specie di “raggio spaziale” fatto in casa, sostenendo che con questo aggeggio riesce a colpire i tumori e ucciderli dovunque essi siano, nella migliore delle ipotesi riceverebbe uno sputo in un occhio. Nella peggiore finirebbe invece sotto processo per tentata frode ai danni dei malati di cancro, poichè il suo metodo “non è scientificamente dimostrato”.Se invece l’idea viene agli “scienziati” quelli veri, e se la macchina, invece di essere un alambicco fatto con quattro lattine di pelati e due fili del telefono, fosse un “acceleratore di protoni” dell’ultima generazione, allora gli ospedali di mezza America si getterebbero a capofitto per essere i primi a poterne disporre, e del fatto che il metodo “non sia scientificamente dimostrato” se ne batterebbero tutti sonoramente le ali.Perchè questa differenza? In fondo, nessuno dei due metodi dà la minima garanzia di successo: perchè quindi scartare a priori che l’inventore possa essere il genio del millennio, e non presupporre che quelli dell’acceleratore stiano invece per prendere la millesima cantonata dell’ultimo secolo? E’ molto semplice: perchè il baracchino artigianale è costato all’inventore ventidue dollari più le tasse, ...
http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=2328

2029, ANNUS HORRIBILIS?

di Gino Nobili

(... ) La Terra è in riserva, e in pochi ne siamo tanto consapevoli da rinunciare alle scarpe nuove se quelle vecchie non sono ancora sfondate, da non gettare un indumento solo perché non è più alla moda, da mangiare poca carne e il pane del giorno prima, decidendo il menu sulla base di quello che scade prima in frigo. Non lo siamo perché siamo cresciuti in un sistema che ci sprona anzi allo spreco perché “fa PIL”. Eppure è da qui che bisogna partire, da comportamenti che già solo i nostri padri avevano, dalla saggezza popolare: andiamo dai nonni, non dagli esperti di finanza creativa. Quelli ci hanno consegnato il mondo attraverso i millenni, questi ce lo stanno per distruggere.(...)
Futuro ed economia in questo bell'articolo di Gino Nobili su Contrappunti
http://www.contrappunti.info/ma/index.php?option=com_content&task=view&id=510&Itemid=1

venerdì 21 dicembre 2007

L’eternauta e altre poesie



di Luigi Socci

Nazione Indiana


Hector German Oesterheld (Buenos Aires, 1919- 1977 ?) è considerato uno dei padri del fumetto (historietas) sudamericano. Editore, sceneggiatore e narratore in proprio, della sua sterminata produzione vanno ricordate almeno le collaborazioni con disegnatori quali Hugo Pratt (Ernie Pike e Sergente Kirk ), Alberto Breccia (Mort Cinder) e quella con Francisco Solano Lopez per la creazione, nel 1957, del loro fumetto fantascientifico di maggior successo mondiale : L’Eternauta. Desaparecido dal 1977, svanì portando con sé ben quattro giovani figlie (di cui due incinte) e due generi.

http://www.nazioneindiana.com/2007/12/18/leternauta-e-altre-poesie/#more-5008

Ferrovie dello Stato – Svendita continua

di Nicoletta Forcheri

LuogoComune

Il blocco dei fondi alle Ferrovie dello Stato, annunciato due settimane fa dal Ministro delle infrastrutture Di Pietro, sarà apparsa idea balzana a qualcheduno: essendo in uno stato pietoso, non equivale a dar loro la mazzata finale? Se l'intento era rimetterle in sesto, penso che si possa dire sin d'ora che non sarà conseguito. Ma la realtà è molto più complessa.

FS capo holdingLe FS, negli ultimi anni hanno subìto varie e successive trasformazioni passando da azienda autonoma a ente pubblico, fino a diventare una holding con una costellazione di società di cui almeno 7 direttamente e 17 indirettamente controllate al 100%, e numerose collegate e partecipate. Alcune hanno già cominciato ad essere parzialmente cedute a privati come Grandi Stazioni SPA (60%), Centostazioni SpA (60%) e la Sogin Srl (55%, società che controlla la Sita, società delle corriere regionali toscane). Il patrimonio immobiliare ferroviario è gestito e ceduto, attraverso la Ferrovie Real Estate SpA, l’ultima società nata del Gruppo (2003) per la “vendita del patrimonio immobiliare non più strumentato all’esercizio ferroviario, assegnatole tramite atto di scissione parziale dalla società RFI (…)”.

Il Gruppo fa uso di strumenti derivati nell’ambito “di strategie di copertura finalizzate alla gestione del rischio di tasso d’interesse”, soprattutto in nome e per conto della società Trenitalia SpA, proprio quella che guarda caso, assieme a RFI, ha conservato maggiormente il principale interesse pubblico ferroviario propriamente detto: un totale di 15 contratti derivati, nel 2006, sui tassi d’interesse per un valore nominale complessivo di 979,3 milioni di euro oltre a 165,3 milioni di euro per altri tre contratti all’inizio del 2007. Ma anche per conto della TAV SpA…Nel disposto della legge finanziaria 2007 sono stati trasferiti allo Stato i debiti verso la Cassa di Depositi e Risparmio ...... per un accollo totale di ben quasi 13 miliardi di euro!La maggioranza delle società del gruppo Ferrovie dello Stato sono o in perdita (FS: -345 M, Trenitalia -327,7M) o quasi in perdita. Spiccano però nettamente i risultati d’esercizio, a fine 2006, della Ferrovie Real Estate SpA, che vanta ben 185,5 milioni di utili; si salvano anche la finanziaria del Gruppo Fercredit SpA (5,1 M), e le immobiliari Grandi Stazioni SpA (13 M) e Centostazioni SpA (2,5M), già parzialmente privatizzate. Si salvano cioè i reparti finanziari e immobiliari mentre colano a picco, gravate anche dai derivati, Trenitalia, RFI e FS…
continua al link http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=2316

giovedì 20 dicembre 2007

Il Problema di Monty Hall

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il problema di Monty Hall è un noto paradosso della teoria della probabilità, legato al gioco a premi americano Let's Make a Deal. Il nome viene da quello del conduttore dello show, Maurice Halprin, noto con lo pseudonimo di Monty Hall.
In questo gioco, vengono mostrate a un giocatore tre porte chiuse; al di là di una c'è un'automobile e dietro ciascuna delle altre due si nasconde una capra.
Al giocatore è permesso aprire una porta, e tenersi ciò che si trova di là da essa. Ad ogni modo, dopo che il giocatore ha selezionato una porta, ma non l'ha ancora aperta, il conduttore dello show (che conosce ciò che si trova dietro ogni porta) deve aprire un'altra porta, rivelando una delle due capre. Il conduttore offre a quel punto al giocatore la possibilità di cambiare la propria scelta iniziale, passando all'unica porta restante.
Passare all'altra porta migliora le chance del giocatore di vincere l'automobile?

La risposta al link
http://it.wikipedia.org/wiki/Problema_di_Monty_Hall

Una strage di stato mai chiamata come tale

di Paolo Franceschetti

http://paolofranceschetti.blogspot.com


Premessa.

Ho deciso di scrivere questo articolo dopo la vicenda del perito nella vicenda Moby Prince, sfuggito per miracolo alla morte; qualche giorno fa l’uomo, dopo essere stato narcotizzato da 4 persone incappucciate è stato poi messo in un auto a cui hanno dato fuoco. Si è salvato per un pelo, essendosi risvegliato in tempo dal narcotico. L’incidente è identico a molti altri capitati a testimoni di processi importanti della storia d’Italia. Non tutti però sanno che gli stessi identici incidenti sono capitati a molti dei testimoni nella vicenda del mostro di Firenze.

Nella vicenda del mostro di Firenze è stato scritto tanto. E i dubbi sono tanti. Pacciani era davvero colpevole? C’erano veramente dei mandanti che commissionavano gli omicidi? Pochi si sono occupati invece di un aspetto particolare di questa vicenda: i depistaggi, le coperture eccellenti, le morti sospetteLa vicenda del mostro, in effetti, per anni è stata considerata come un giallo in cui occorreva trovare il serial killer. In realtà la vicenda può essere guardata da una prospettiva assolutamente diversa, cioè quella tipica di tutte le stragi di stato italiane: l’ostinato occultamento delle prove affinché non si giunga alla verità, grazie al coinvolgimento della massoneria e dei servizi segreti; l’inefficienza degli apparati statali nel reprimere queste situazioni; l’impreparazione culturale quando si tratta di affrontare questioni che esulano da un nomale omicidio o rapina in banca e si toccano temi esoterici.

Ripercorriamo quindi le tappe della vicenda per poi trarre le nostre conclusioni. Con la dovuta avvertenza che il nostro articolo non è volto a individuare nuove piste; non vogliamo discutere se Pacciani fosse o no colpevole, se il mostro fosse uno solo o fosse un gruppo organizzato, se dietro ai delitti del mostro ci sia la Rosa Rossa, come si è ipotizzato, o altre sette sataniche. Vogliamo analizzare la cosa dal punto di vista prettamente giuridico, evidenziando alcuni dati che nessuno finora ha abbastanza trattato.

Continua al link
http://paolofranceschetti.blogspot.com/2007/12/il-mostro-di-firenze-quella-piovra-che.html

QUANDO LA DISINFORMAZIONE E’ TUTTO

La strage del Moby Prince. 140 morti, l’ennesima vergogna italiana

di Solange Manfredi
http://paolofranceschetti.blogspot.com/

I giornali di questi giorni riportano la notizia dell’aggressione a un consulente tecnico che si occupa della vicenda del Moby Prince. Aggredito da 4 persone con il passamontagna è stato immobilizzato, stordito con una sostanza spray e scaraventato nell’auto a cui poi hanno dato fuoco. Fortunatamente è riuscito a salvarsi.

Anche l’avvocato Carlo Palermo, legale delle vittime del Moby Prince, da quando ha ripreso in mano il caso, ha già ricevuto numerose intimidazioni e minacce. Perché?Era la sera del 10 aprile 1991 quando 140 persone morirono bruciate sul Moby Prince davanti al porto di Livorno. Se domandi a qualcuno cosa causò la tragedia ancora oggi ti senti rispondere: c’era una fitta nebbia, l’equipaggio era davanti alla televisione a vedere una partita di calcio e, a causa di una manovra incauta, è entrato in collisione con la Petroliera Agip Abruzzi. In soldoni la causa della tragedia è da attribuirsi a nebbia e negligenza. Questo d’altronde è quanto affermato, nelle loro conclusioni, dalle Commissioni di Inchiesta della Capitaneria di Porto di Livorno e del Ministero della Marina Mercantile. Ma se è così perché chi si occupa del caso è vittima di intimidazioni, minacce o tentati omicidi? La risposta è semplice: quello che è stato detto è falso e la verità non deve venire fuori.Con Ustica successe la stessa cosa.

Ricordate? Anche in quel caso la Commissione di inchiesta stabilì l’aereo Itavia era caduto per un cedimento strutturale. Non a caso la strage del Moby Prince viene chiamata l’Ustica del mare. Certe “vergogne” devono restare nascoste e quando qualcuno lotta per far emergere la verità ecco che il collaudato meccanismo si rimette in moto: isolamento, calunnie, intimidazioni, minacce e, se queste non bastano a far desistere, ecco le immancabili morti mascherate da suicidio od incidente. Ma la domanda che sorge spontanea a questo punto è: chi è che uccide con queste modalità? La mafia? La ‘ndrangheta? La camorra? Il terrorista? Un inesperto rapinatore? Indovinate un po’? La risposta non è difficile ma prima di rispondere poniamoci un’altra domanda: cosa successe la sera della strage del Moby Prince al porto di Livorno e quali sono i soggetti coinvolti?Per sapere la verità sulla tragedia del Moby Prince non si deve fare chissà quali ipotesi fanatasiose, non si deve aderire a strampalate ipotesi degli amanti dei complotti o altro, basta leggere gli atti, i documenti, le testimonianze (lavoro che la maggior parte dei giornalisti hanno dimenticato da tempo, trasformatisi, ormai, in megafono dei poteri forti ) ed ecco che allora si scopre che:
- quella sera la visibilità era perfetta, nessuna nebbia né prima, né durante né subito dopo la collisione (come dimostrano foto, e video amatoriali, uno dei quali trasmesso anche dal TG1);- nessuno dell’equipaggio stava guardando la partita (nella cabina di comando non vi erano televisori);
- l’impatto non è stato improvviso. Tutti i passeggeri erano nel salone De Lux (stanza provvista di porte tagliafuoco) con bagagli e giubbotti di salvataggio. Questo significa che erano stati richiamati dalle cabine presso cui si trovavano, alcuni stavano mettendo a letto i bambini, invitati a rifare i bagagli, indossare i giubbotti e radunarsi nel salone, là dove sono stati trovati. Nessuno dei corpi presentava traumi. Difficile conciliare tutto ciò con un impatto improvviso causato dalla negligenza dal personale che guardava la partita;- Nel corso della lunga procedura, che ha portato tutti i passeggeri con bagagli e giubbotti salvagente nel salone, nell’impossibilità di manovrare la nave, impossibilità di comunicare, come se un cono d’ombra avesse fatto impazzire tutte le strumentazioni di bordo;
- Le persone a bordo del Moby Prince non sono morte in pochi minuti, ma dopo ore come dimostrano le autopsie;
- I soccorsi, partiti immediatamente si sono diretti tutti sulla Agip Abruzzi. Nessuno verso la Moby Prince che, abbandonata, viene lasciata andare alla deriva in fiamme… con il suo carico di passeggeri che, diligentemente, aspettano di essere salvati. Moriranno dopo ore di paura e disperazione. Eppure la Moby era visibile come dimostra la vicenda di due semplici ormeggiatori che, con la loro piccola imbarcazione priva di strumentazione, accorrono spontaneamente a prestare i soccorsi e salvano l’unico sopravvissuto: il mozzo Barnard. E sono ancora loro che, venuti a sapere che ci sono altri passeggeri, comunicano via radio alla capitaneria di porto la loro posizione e che ci sono persone da salvare. Niente, la Capitaneria di Porto rimane silente. I vertici della capitaneria, che dovrebbero coordinare le operazioni di salvataggio, tacciono per più di 5 ore. Mentre i soccorritori aspettano istruzioni sulla Moby si muore.

- Soccorsi impossibili? Assolutamente no. I responsabili sosterranno che, data la temperatura delle lamiere, era impossibile salire sul Moby Prince. Falso perché quella maledetta notte alle ore 3.30 un semplice marinaio, Giovanni Veneruso, senza alcun tipo di indumento ignifugo, con il suo rimorchiatore privato decide di avvicinarsi al traghetto ed agganciarlo, mentre le motovedette della Capitaneria osservano immobili a distanza. Tocca le lamiere con le mani, nessun problema, sale, ma ha appena il tempo di guardarsi intorno quando arriva l’ordine di ritornare immediatamente sul rimorchiatore. Nessuno si deve avvicinare, nessuno deve salire sul Moby Prince. Perché?Come nella migliore tradizione italiana anche in questo caso troviamo:- testimoni non ascoltati;- responsabili di quella notte non interrogati;
- tracciati radar non acquisiti, negati, distrutti;
- posizioni delle navi in rada non accertate;
- fascicoli scomparsi dalla Procura;
- relazioni sparite;- scatole nere distrutte;
- giornali di bordo dimenticati;
- manomissioni e sabotaggi operati sul relitto del Moby Prince;
- tracce di esplosivo militare a bordo del Moby mai considerati;- nastri registrati scomparsi;- cassette VHS manomesse;
- elicottero militare che sorvolava la zona al momento della collisione dimenticato;-
- navi “fantasma “ che si allontanano dal luogo dell’impatto velocemente;
- presenza di pescherecci italo-somali i cui nomi ritroveremo tristemente nell’omicidio di Ilaria Alpi;
- ufficiali che quella sera vedono, e relazionano, su movimentazioni di materiale bellico tra navi nel porto di Livorno ma i cui rapporti scompaiono;
- alcuni importanti documenti che confermano che nella rada di Livorno era in corso una operazione destinata a rimanere “coperta” e che coinvolgeva un numero imprecisato di imbarcazioni;- 5 navi militari americane cariche di armi provenienti dal Golfo Persico dove si era appena conclusa l’operazione Desert Storm;
- Il relitto della Moby Prince fatto demolire in fretta, lontano dall’Italia, in Turchia, ad Allaga, località tristemente nota, come più volte denunciato da Greenpeace, perché specializzata in far sparire di navi pericolose;- ecc..ecc.., ecc...

Ancora un dato. Come già detto quella sera nel porto di Livorno vi erano 5 navi americane militarizzate cariche di armi, una operazione che doveva restare coperta e movimentazioni di materiale bellico tra navi nel porto. Tutto questo porta a ritenere che, quella sera, la zona del porto di Livorno dovesse essere tra le più sorvegliate d’Italia da tutti, servizi segreti compresi. Ora la risposta dovrebbe essere facile, facile: chi è che vuole insabbiare l’inchiesta?Per chi desidera saperne di più, e nell’attesa di conoscere le nuove prove depositate dall’avv. Carlo Palermo, consigliamo di leggere il libro di Enrico Fedrighini: Moby Prince. Un caso ancora aperto.

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lunedì 17 dicembre 2007

Lettera a Giorgio Napolitano

di Claudio Bianzino

da LuogoComune

Al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Signor presidente,

nonostante la grande stima che ho nei suoi confronti, mi perdonerà se, seguendo l'esempio dei miei genitori, volutamente non uso le lettere maiuscole nel rivolgermi a lei ed alle istituzioni in genere, nel tentativo di riavvicinarvi un po', almeno simbolicamente, alla popolazione italiana.

Leggo sui giornali, con immensa gioia, che é stata finalmente presentata all'ONU la moratoria internazionale sulla pena di morte. Credo che sia una grande battaglia di civiltà portata avanti dal nostro Paese.

La vicenda di cui vorrei informarla, però, è un'altra.

Non so se ha sentito parlare di quell'uomo di 44 anni, trovato morto nel carcere di Capanne, nei pressi di Perugia, la mattina del 14 ottobre scorso.

Quell'uomo era un falegname che viveva nelle campagne dell'Umbria, nel cuore del nostro Paese, e conduceva una vita fatta di duro lavoro, amore per la propria famiglia ed i suoi tre figli, di preghiera ed amore per la natura. Quell'uomo costruiva mobili, mensole, porte, finestre, soppalchi. Era una delle persone più tranquille del mondo, quell'uomo, ed era circondato da centinaia di persone che gli volevano bene. Era un nonviolento, un "gandhiano", e, come me, avrebbe apprezzato moltissimo l'iniziativa per l'abolizione della pena di morte in tutto il mondo.

Quell'uomo la sera del 12 ottobre è stato arrestato ...

... perché nel suo orto è stata trovata qualche piantina di canapa indiana per uso personale.

La canapa, come è noto, è quella pianta che i nonni dei nostri nonni hanno coltivato e utilizzato per centinaia di anni, fino all'introduzione in Europa del tabacco, pianta che, a differenza della canapa, provoca dipendenza e causa milioni di morti in tutto il mondo.

Va da sé che se in un Paese aumentano le cose considerate illegali, il mondo dell'illegalità trova nuova linfa per alimentarsi e diventare sempre più forte. Ecco probabilmente perché, venendo incontro alla mafia, alla camorra, alla 'ndrangheta, alle multinazionali del tabacco, nonché alla malavita in genere, la canapa è stata equiparata alle droghe ed inserita tra le sostanze illegali.

Fermo restando, comunque, che il problema della droga, quella vera, quella che si trova con gran facilità in tutte le discoteche, o quella di cui fanno uso molti uomini d'onore che siedono sui banchi di Montecitorio e Palazzo Madama, sia un problema molto serio. Ma torniamo al nostro uomo, un problema ancor più serio.

L'arresto è avvenuto al termine di una giornata di perquisizioni, a seguito delle quali, oltre alle piantine, si è scoperto che il falegname aveva soldi in casa per un valore di 30 (trenta) euro, e nessun conto in banca o in posta. E' stato quindi deciso di mettere l'uomo, totalmente incensurato, in una cella di isolamento, e lasciare a casa, per un tempo indeterminato, un ragazzino di 14 anni in compagnia della nonna ultranovantenne in precarie condizioni di salute.

C'è chi dice che l'uomo sia stato scambiato per qualcun altro, forse per uno spacciatore, forse per un anarchico o chissà chi.

I fatti ci raccontano che dopo l'arresto, sono state effettuate le consuete ed accurate visite mediche e psichiatriche, attestanti che l'uomo era in perfette condizioni psico-fisiche, con pressione arteriosa e battito cardiaco ottimali. La mattina del 14 l'uomo è stato trovato morto.

I medici legali, la voce della scienza, ci dicono che dopo la prima autopsia sul corpo dell'uomo sono state riscontrate delle lesioni. Lesioni compatibili con l'omicidio. Compatibili con la tortura. Tortura che, se confermata, è stata certamente compiuta da professionisti, gente addestrata ad uccidere con metodi che non lasciano segni esteriori, ma svariate lesioni interne, riscontrabili solo tramite esami autoptici.

Ovviamente c'è un'indagine in corso, che potrà confermare o meno queste ipotesi. Ed a proposito dell'indagine, essendo lei anche il presidente del Csm, vorrei informarla di alcuni particolari. Si sa che un carcere di "sicurezza" è tenuto ad essere videosorvegliato ed a fornire le immagini di tutto ciò che succede al suo interno, 24 ore su 24. Ma le attese immagini chiarificatrici non hanno ancora chiarito nulla. Si sa anche che quando un magistrato fissa l'incidente probatorio è obbligato a convocare tutte le parti in causa. Ma anche questo non è successo. Ultima precisazione, poi, che potrebbe apparire alquanto bizzarra: il magistrato che sta conducendo le indagini è la stessa persona che ha ordinato l'arresto dell'uomo.

E' ovvio, comunque, che in un Paese civile come il nostro, un Paese che diffonde democrazia, pace e giustizia in tutto il mondo, ci si aspetterebbe che, se ci fosse qualcuno sospettato per aver commesso un simile assassinio, costui fosse quanto meno sospeso dal proprio incarico. Beh, non ci crederà, signor presidente, ma questo non è successo.

Un Paese come il nostro, che porta alta la fiaccola dei diritti umani ed urla al resto del mondo di abrogare la pena di morte, consente a propri dipendenti, sospettati di simili atrocità, di continuare ad esercitare la loro "professione" indisturbati, magari nei confronti di altri uomini o donne. Magari proprio in questo momento, mentre le sto scrivendo.

Sabato 10 novembre a Perugia c'è stata una grande manifestazione, piena di giovani e con oltre duemila persone, che chiedevano verità e giustizia per quell'uomo. Chiedevano di poter vivere in un Paese migliore, signor presidente.

Ho la speranza, signor presidente, che un giorno qualche nazione, ancora più civile della nostra, vada all'ONU a chiedere che venga fatta piena luce sulle centinaia di morti che avvengono all'interno delle carceri italiane.

Questo per sperare di poter vivere in un mondo un po' più giusto, un po' più libero, un po' più vivibile. Così come avrebbe voluto anche quell'uomo. Quell'uomo che si chiamava Aldo. E che era mio fratello.

Distinti saluti.

Claudio Bianzino

http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=2301

lunedì 10 dicembre 2007

ThissenKrupp e Il Sole24Ore: la Pravda del padrone

di Gennaro Carotenuto -

da www.gennarocarotenuto.it

Stamane né Libero né il Giornale, così soliti a scandalizzarsi per uno starnuto di Niki Vendola o Clemente Mastella, avevano in prima pagina una sola riga sul caso del giorno.Sia Libero che il Giornale sono indifferenti all'oscena morte medievale, affogati nell'olio bollente (per dare un nome alla rosa), nel pieno centro dell'olimpica Torino postindustriale e postmoderna, di quattro operai che lavoravano in condizioni per descrivere le quali bastano gli scritti su Manchester a metà ‘800 di un signore fuorimoda con la barba.

Turni di sedici (16!) ore di lavoro, sindacati assenti e distratti, ricatti continui, lotta per difendere il posto, sicurezza infima e violata nelle più elementari norme, con la sola differenza che le leggi, a Manchester nell'800, non c'erano, mentre adesso, dopo 150 anni di storia del movimento operaio, ci sono ma sono tranquillamente evase. Dai padroni che le chiamano "lacci e lacciuoli", e che le pensano come costi. E se la sicurezza è un costo dobbiamo dedurre che nel loro linguaggio allora i morti sul lavoro siano, come direbbe George Bush, "danni collaterali".

I grandi giornali, il Corriere della Sera, La Repubblica, ovviamente La Stampa, con un buon fondo dell'ottimo Massimo Gramellini, hanno capito di non potere evitare, almeno per oggi di parlarne. Troppo grave è la tragedia di Torino alla quale si sono affiancati da un altro morto alla Fiat di Cassino e un altro ancora in un cantiere edile in Irpinia. I grandi giornali hanno aperto ma altri giornali (Il Resto del Carlino, per esempio), se ne fottono e hanno tenuto il gioco alla stampa patronale (per parlare antico) e hanno aperto ancora con la succulenta Meredith.

Ma chi può scandalizzarsi del pessimo Carlino se sono i padroni che non vogliono che se ne parli. Come testimoniano le foto, Il Sole24Ore, il quotidiano della Confindustria che a destra e a manca, soprattutto (tristemente) a manca, viene considerato il più autorevole quotidiano italiano, l'unico di livello europeo brilla per un understatement che sfiora la disinformazione piena: due righe tra le brevi in prima e un articoluccio in taglio medio su tre colonne perse giù in fondo, a pagina 19. Due righe tra le brevi e un fetente articoluccio a p. 19 che è in realtà un'intervista al vicepresidente della Confindustria medesima, Andrea Pininfarina per difendere l'operato della stessa, equivalgono ad informazione negata, alla violazione dell'elementare diritto ad essere informati in maniera onesta.
Chi ha letto Gomorra, si è potuto beare a pensare che le condizioni di lavoro descritte da Roberto Saviano fossero confinate al far west dell'hinterland napoletano. Chi scrive, come fa anche con ben più risonanza Saviano, da anni pensa e scrive che l'hinterland napoletano sia la parte più moderna d'Italia.
Sia l'unica o tra le poche dove il capitalismo neoliberale si sia potuto davvero liberare in tutti i suoi istinti animali e produrre ricchezza vera e dove i morti nei cantieri, o quelli che semplicemente si ribellano, possono essere abbandonati in una discarica senza tante storie.
Droga (la grande droga, quella che muove miliardi di Euro) o edilizia, rifiuti tossici o acciaio, Torino viene dietro ma, come dimostra la ThissenKrupp, ha una gran voglia di rifarsi. O davvero credete che i padroni delle ferriere ThissenKrupp abbiano più coscienza civile di un capoclan camorrista di Casal di Principe? Credete davvero ci sia differenza se i soldi si fanno con la coca o bollendo nell'olio gli operai perché si è scelto a monte di avere in totale spregio la sicurezza di questi? Ricordate il Petrolchimico di Porto Marghera? E' stato processualmente dimostrato che per decenni i dirigenti di Enichem e Montedison sapevano perfettamente di mandare gli operai a morire di cancro da cloruro di vinile. Ne hanno mandati a morte almeno 159. Risultano oggi meno sibilline le parole di Giulio Tremonti quando, da ministro dell'economia di Silvio Berlusconi, si lamentava della Cina. Come possiamo competere col gigante asiatico se loro non hanno i sindacati, se loro non rispettano alcuna misura di sicurezza, se pagano stipendi di fame e non hanno regole, gridava acidulamente Tremonti in ogni consesso con i confindustriali e gli editorialisti prezzolati a spellarsi le mani. Qualche ingenuo pensava che Tremonti volesse imporre i sindacati nelle aree speciali della Cina, che fosse interessato a imporre condizioni di vita degne ai lavoratori cinesi. E invece no, Tremonti, Luca di Montezemolo, Innocenzo Cipolletta la Cina la volevano tra noi, nell'aversano come nel centro di Torino. E' il mercato, bellezza, il resto sono chiacchiere o danni collaterali.

Fahrenheit

Di Daniele Luttazzi

Stasera è successo un fatto gravissimo: per motivi legali ( nessuna comunicazione ufficiale della sospensione del programma ) io e Franza Di Rosa abbiamo completato al montaggio la puntata n.6 che doveva andare in onda. Verso le 20, dei funzionari di La7 sono entrati in sala montaggio per impedire fisicamente che proseguissimo. Hanno occupato la stanza, hanno intimato al tecnico di sospendere ( senza averne titolo ), uno di loro si è seduto al mio posto alla consolle e non se ne andava, sfidandoci. Ho telefonato all'avvocato: stavano commettendo un reato ( violenza privata ) e potevo chiamare la polizia. A quel punto sono usciti. Poi, quando ho finito e me ne sono andato, uno di loro è entrato per CANCELLARE TUTTO IL GIRATO di Decameron, passato e futuro. Spero non l'abbiano fatto.
Daniele Luttazzi at 9 Dic 2007 - 02:24

http://www.danieleluttazzi.it/

domenica 2 dicembre 2007

The meaning of tingo

Dizionario delle parole impossibili
In un solo vocabolo frasi intraducibili e poetiche

di RICCARDO STAGLIANÒ
www.repubblica.it

Il problema è che si capisce solo dopo come avremmo dovuto presentarla agli amici: Lebensgefährtin ("compagna di vita") o Lebensabschnittgefährtin ("compagna di un pezzo di vita")? I tedeschi hanno due parole distinte per dirlo ma all'inizio di una storia d'amore tutti propendono per la prima per poi spesso rendersi conto che la seconda era quella giusta.
È la vita, sono le lingue. Che hanno, come in questo caso, una quantità di espressioni intraducibili se non con circonlocuzioni più o meno macchinose. "The meaning of tingo" ("Il significato di tingo" ovvero il modo in cui sull'Isola di Pasqua definiscono il "prendere in prestito cose dalla casa di un amico, una a una, sino a quando non gli resta niente") è un libro appena uscito in Gran Bretagna che ne raccoglie un vasto e gustoso campionario. "
Quello che ho cercato di fare - ha spiegato alla Bbc l'autore Adam Jacot de Boinod - è celebrare la gioia delle parole straniere senza dare giudizi e dire che, sebbene l'inglese sia una grande lingua, non dobbiamo sorprenderci che ce ne sono molte altre con termini che nei nostri dizionari non trovano equivalenti". Una constatazione laica e molto vera anche per l'italiano, il tedesco, il russo e innumerevoli altri pur ricchissimi idiomi.

L'idea del volume, ha spiegato de Boinod, gli è venuta da una constatazione durante un viaggio in Albania. Ovvero che in quel paese esistono almeno 27 modi diversi per descrivere i baffi (e altrettanti per sopracciglia), da madh, il baffo cespuglioso, a posht, quello che vira verso il basso alle estremità, a fshes, lungo e a forma di scopa con peli ispidi che escono dal coro. Una tale perizia tassonomica qualcosa doveva voler dire. Ad esempio che quel popolo riconosceva all'ornamento tricologico sulla faccia degli uomini uno status tanto importante da non confonderne le varietà. E così, dopo un lungo tuffo nella sua personale Babele fatta di 280 dizionari stranieri e oltre 140 siti specializzati è riemerso con un repertorio del "best of" delle espressioni più originali, belle e significative prese da tutte le lingue.

Una classifica è impossibile e succede che paesi non di primo piano sullo scacchiere geopolitico si prendano delle sonore rivincite quanto al sapore dei loro termini. Si va dal Fuengian cileno che risolve con mamihlapinatapei lo "sguardo di intesa corrisposto tra due sconosciuti che però esitano a fare il primo passo" all'indonesiano latah che scolpisce l'"abitudine incontrollabile di dire cose imbarazzanti", pandemia sociale dalla quale nessuna cultura è immunizzata. O che dire dell'icastico Iktsuarpok con cui i siberiani rendono il trepidare dell'attesa, l'andare ripetutamente fuori a vedere se la persona che deve presentarsi arriva o no? Il francese contribuisce con seigneur-terrasse, ovvero "qualcuno che trascorre molto tempo, senza prendere niente o quasi, in un caffè". L'italiano con "pomicione": pare che l'abbia inventato Alberto Moravia ma, nella cernita del libro, indicherebbe tutti quelli che cercano ogni occasione di contatto fisico con le donne.
Il portoghese brasiliano offre, tra l'altro, la tecnica del grilagem che consiste nell'altrimenti laboriosa perifrasi di "mettere un grillo vivo in una scatola di documenti appena falsificati sino a quando i suoi escrementi fanno sembrare invecchiata la carta". Paese che vai, insomma, usanza - o stereotipo - che trovi. Con sapide segnalazioni dall'estremo oriente, dal cinese yuyin che cerca di fissare lessicalmente "la sensazione del suono che resta in un orecchio dopo averlo sentito" o il più prosaico ma plasticissimo bakku-shan che in giapponese sta a significare "una ragazza che sembra bella vista da dietro ma che non lo è quando poi la si guarda davanti". Un concetto che anche in italiano conosce un non proprio elegante sinonimo gergale: "dietro liceo, davanti museo". Più lungo ma non meno allegorico.

(23 ottobre 2005)
http://www.repubblica.it/2005/j/sezioni/scienza_e_tecnologia/dizionario/dizionario/dizionario.html

venerdì 30 novembre 2007

Copiare

di Sergio Garufi

da Nazione Indiana

Ho copiato Giulio Mozzi. Una volta lui ha scritto che quando legge un bel libro gli viene voglia di telefonare all’autore per chiedergli delucidazioni. Io ho telefonato a un personaggio. Lo si incontra a pag. 383 de Il disordine perfetto, l’ultimo volume di Marcus Du Sautoy (Rizzoli). Il personaggio in questione si chiama Leonardo Fogassi. L’episodio che lo vede protagonista è una delle storie più affascinanti che mi sia capitato di leggere. Si svolge in un laboratorio scientifico dell’Università di Parma, un giorno imprecisato di 16 anni fa. Fogassi stava indagando su quali neuroni si accendono nel cervello quando le scimmie muovono le mani in determinati modi. Questi neuroni sono chiamati “neuroni motori”, perché presiedono alle capacità motorie. Assieme a Vittorio Gallese e Giacomo Rizzolatti, con i quali conduceva queste ricerche, Fogassi aveva attaccato degli elettrodi alla corteccia frontale delle scimmie, in modo tale da individuare gli specifici neuroni che si accendono per ogni specifico movimento. Quando gli elettrodi erano collegati a una particolare zona del cervello, ogni volta che la scimmia allungava la mano per prendere una nocciolina la macchina emetteva un suono, per indicare che i neuroni si stavano accendendo...
continua al link http://www.nazioneindiana.com/2007/09/19/copiare/

mercoledì 21 novembre 2007

L'illusione della malattia

DI MIKE ADAMS
Quantum Balancing

Traduzione di Gianluca Freda

La medicina tradizionale ha la curiosa abitudine di etichettare come malattia un insieme di sintomi. Ad esempio, ho visto di recente un manifesto che pubblicizzava un nuovo farmaco contro l'osteoporosi. Era di una compagnia farmaceutica e diceva: "L'osteoporosi è una malattia che provoca debolezza e fragilità delle ossa". Il manifesto continuava dicendo che c'è bisogno di un farmaco particolare per combattere questa malattia.

Qui il linguaggio è a rovescio. L'osteoporosi non è una malattia che provoca debolezza delle ossa. Osteoporosi è il nome dato a una diagnosi di debolezza delle ossa. In altre parole, prima viene la debolezza delle ossa e poi viene la diagnosi.

Un'altra compagnia farmaceutica definisce l'osteoporosi come "malattia che rende le ossa più sottili". Ancora una volta causa ed effetto sono invertiti. E' così che le compagnie farmaceutiche vogliono che la gente pensi alle malattie e ai sintomi: prima "vi prendete" la malattia, poi essa vi viene "diagnosticata", appena in tempo per consentirvi di prendere un costoso nuovo farmaco per il resto della vostra vita.

Ma sono tutte cazzate. Non esiste la malattia dell'osteoporosi. E' solo un nome per un insieme di sintomi che indicano che avete permesso alle vostre ossa di diventare fragili. E per curarla i medici occidentali vi prescriveranno farmaci che pretendono di rendere le vostre ossa meno deboli.

Potrebbero tranquillamente chiamarla Malattia di Fragilità delle Ossa e spiegare chiaramente quale sia la cura: esercizio, vitamina D, integrazioni minerali di calcio e stronzio, luce solare e tenersi lontani da sostanze come bibite gassate, farina bianca e zuccheri aggiunti, che privano le ossa di consistenza.

Il diabete è un altro esempio di situazione a cui è stato dato un nome complesso per porre la soluzione fuori dalla portata del paziente medio. Il diabete di tipo 2, tecnicamente, non è una malattia. E' solo un naturale effetto metabolico del consumo di grandi quantità di carboidrati raffinati e zuccheri aggiunti non compensato da regolare esercizio fisico.

Il nome "diabete" è incomprensibile per l'individuo medio. Si potrebbe chiamarlo Malattia da Eccesso di Zuccheri. Se lo chiamassero Malattia da Eccesso di Zuccheri la soluzione risulterebbe evidente a chiunque.

[...]
Ecco un altro esempio: il colesterolo alto. La medicina tradizionale dice che il colesterolo alto è causato da uno squilibrio chimico del fegato, l'organo che produce il colesterolo. Perciò la cura sono farmaci (farmaci statinici) che inibiscono la produzione di colesterolo da parte del fegato. Prendendo questi farmaci l'eccesso di colesterolo (la "malattia") viene regolato.

Ma ancora una volta è evidente l'errore fatale in questo tipo di approccio: il sintomo non è la causa della malattia. La causa è un'altra, sistematicamente ignorata dalla medicina tradizionale, dai medici, dalle compagnie farmaceutiche e perfino dai pazienti. La causa primaria del colesterolo alto sta nella dieta. Una persona che consumi cibi pieni di grassi saturati e oli idrogenati produrrà inevitabilmente più colesterolo. E' un semplice rapporto di causa ed effetto, non un bizzarro comportamento del fegato.

Se si volesse dare alla malattia un nome appropriato, bisognerebbe chiamarla Malattia da Consumo di Cibi Grassi. Questo la renderebbe più chiara alle persone. E l'ovvio rimedio alla malattia sarebbe il consumo di cibi meno grassi. Certo, sarebbe una semplificazione un po' eccessiva, perché bisogna distinguere tra grassi che fanno bene e grassi che fanno male. Ma almeno questo nome darebbe ai pazienti un'idea più precisa di ciò che sta realmente succedendo.

Al di fuori degli Stati Uniti, i nomi delle malattie espressi in altre lingue (per esempio in cinese) descrivono in maniera più accurata le loro reali cause. Nella medicina occidentale, invece, i nomi delle malattie servono a rendere oscure le loro cause reali. Ciò fa sembrare le malattie molto più complesse e misteriose di quanto siano in realtà.

E' un peccato, perché i trattamenti e le cure per quasi tutte le malattie croniche sono in realtà molto semplici e potrebbero essere descritti con un linguaggio chiaro. Prevenire e far regredire queste malattie richiede solo un linguaggio capace di descrivere cose come: fare diverse scelte alimentari, ricevere più luce naturale, bere più acqua, svolgere regolare esercizio fisico, evitare particolari tossine, integrare la propria dieta, e così via.

C'è un alto livello di arroganza nel linguaggio della medicina occidentale e questa arroganza accresce la separazione tra i dottori e i loro pazienti. La separazione non produce mai guarigione. Per produrre guarigione occorre unire medici e pazienti nell'uso di un linguaggio chiaro che la gente possa comprendere e su cui possa agire.

La comunità medica è inflazionata dall'egocentrismo e a nessuno fa piacere che la salute appaia alla portata di qualsiasi persona. Mantenere complicato il linguaggio della malattia serve a tenerla fuori dalla portata del pubblico.

Ma la salute è a disposizione di qualsiasi persona. Non è fisica nucleare. Non è complicata. E non richiede ricette mediche. Stare in salute è cosa facile, raggiungibile e diretta. Ed è, in gran parte, senza spesa, se si invoca il potere curativo della luce solare, dell'acqua pura, della riduzione dello stress, dell'esercizio e della scelta di cibi sani.

Versione originale:

Mike Adams
Fonte: http://www.quantumbalancing.com/
Link: http://www.quantumbalancing.com/news/illusionofdisease.htm

Versione italiana:

Fonte: http://blogghete.blog.dada.net/
Link: http://blogghete.blog.dada.net/archivi/2007-06-01.html
Traduzione di Gianluca Freda

martedì 20 novembre 2007

Hamer e la lezione di Semmelweis

Gian Paolo Vallati

Dicono che il dottor Ryke G. Hamer, autore di una controversa teoria sul cancro ed altre malattie (*), sia una persona non molto equilibrata dal punto di vista psichico. Lo ha velatamente ipotizzato anche Umberto Veronesi, il noto esponente della Casta del Cancro. Personalmente non so se sia vero. Molti degli atteggiamenti di Hamer mi sembrano in effetti quantomeno bizzarri. Certe sue prese di posizione (non mediche, ma politiche) lasciano davvero il tempo che trovano. Ed in fondo non giurerei sulla salute mentale di nessuno, tantomeno della mia.

Quello che so è che le teorie di Hamer sono estremamente interessanti, e che si legano a quel filone che parte proprio nel nostro paese con l'opera di Luigi Oreste Speciani(**). Negli anni '60 Speciani fu il primo ad affermare che alla base del cancro c'è un'enorme sofferenza psicologica. Anzi, dell'Anima, come lui amava dire. E che non è possibile nessuna vera guarigione se non si affronta questo aspetto, il disperato dolore della Psikè. Il suo libro "Di Cancro si vive" fu una vera rivelazione per molti. Ora Speciani era un grandissimo anatomo-patologo, molto stimato dai suoi colleghi e perfettamente inserito nell'ambito universitario del suo tempo. Insomma, non era certo un esponente della famigerata corrente new-age. Oggi, a più di trent'anni dalla sua scomparsa, i suoi allievi della Scuola di Medicina Integrata lavorano silenziosamente nell'ombra, senza cercare la luce dei riflettori, preferendo curare e guarire piuttosto che richiedere l'approvazione della "Scienza Ufficiale".

Hamer invece ha avuto la grande colpa di essersi schierato apertamente, di essersi messo contro il grande business della "Ricerca sul Cancro". E lo ha fatto spesso con i suoi modi, eccessivi, bizzarri, e forse un po' folli. Per questo mi ricorda molto il povero Ignaz Semmelweis che, nonostante la sua geniale scoperta, morì pazzo e screditato dalla "Scienza" del suo tempo.
Vediamo la sua storia, come riportata su Il Diogene ( http://www.ildiogene.it/):

"Medico ungherese, Semmelweis è considerato lo scopritore della principale causa della febbre puerperale, e rappresenta un caso emblematico della chiusura del mondo scientifico di fronte alle nuove scoperte. La febbre puerperale, ai tempi di Semmelweiss, uccideva misteriosamente migliaia di puerpere, soprattutto nei grandi ospedali. Semmelweiss, in seguito ad attente osservazioni e a una serie di coincidenze fortuite, giunse alla conclusione che la malattia fosse provocata dagli stessi medici e studenti i quali, secondo una prassi abbastanza comune a quel tempo, venivano spesso a visitare le pazienti dopo aver fatto pratica di dissezione dei cadaveri, in sala anatomia. Per verificare la sua ipotesi, Semmelweiss ordinò che tutte le persone del suo reparto si lavassero bene le mani con una soluzione disinfettante (cloruro di calcio) prima di qualsiasi contatto con le pazienti. Tale direttiva portò a una drastica riduzione dei decessi. Il valore della scoperta (così semplice e geniale, n.d.r.), tuttavia, fu contestato aspramente dalla maggioranza dei medici del tempo, che gli rivolsero una tale quantità di accuse da provocare addirittura la sua espulsione dall'ospedale e in seguito anche dalla cattedra universitaria di Budapest, che gli era stata offerta nel 1885."

Per dirla tutta, sembra che il carattere fumantino, un po' bizzarro e non perfettamente ligio alle regole di Semmelweis contribuì non poco alla sua emarginazione. In ogni caso : "i dati che Semmelweiss forniva a sostegno della propria tesi erano molto eloquenti: nell'anno 1846, su 4.010 puerpere ricoverate nel suo reparto, ne erano morte ben 459 (più dell'11%); nel 1847, con l'adozione del lavaggio delle mani con cloruro di calcio verso la metà dell'anno, su 3.490 pazienti ricoverate, ne erano morte 176 (il 5%); l'anno successivo proseguendo la pratica del lavaggio, su 3.556 ricoveri, i decessi erano scesi ad appena 45 (poco più dell'1%). Questi risultati, anche se forse lasciavano ancora un piccolo margine di dubbio (poteva trattarsi di una semplice coincidenza) avrebbero dovuto almeno suscitare qualche interesse in coloro che avevano a cuore il progresso della medicina, così da spingere a nuove sperimentazioni per sottoporre a verifica l'ipotesi. Invece, essi vennero praticamente ignorati." (1) "

Dopo la pubblicazione della sua opera fondamentale Eziologia, concetto e profilassi della febbre puerperale, l'opposizione nei confronti di Semmelweiss divenne ancor più agguerrita, tanto che egli, stanco e deluso, cadde in un lungo periodo di depressione. I suoi nemici ne approfittarono allora per farlo internare in un manicomio, dove poco dopo egli morì". (2) Migliaia di partorienti continuarono a morire, finchè alla lunga la teoria di Semmelweis non venne accettata. Ma questo fu possibile solo quando la generazione dei suoi contemporanei scomparve e venne sostituita da una generazione di giovani medici dalla mente aperta in grado superare i pregiudizi e le cristallizzazioni mentali dei vecchi baroni.
Come infatti ha spiegato acutamente Thomas Kuhn (3), nessuna teoria nuova e rivoluzionaria, per quanto geniale e ricca di prove, può essere accettata dall'establishment scientifico. Produce piuttosto una situazione di crisi, in cui la comunità cerca di negare o ridimensionare il fenomeno anomalo. La nuova teoria viene accettata solo quando una nuova generazione di ricercatori, adottando un nuovo "paradigma", riesce a superare gli schemi mentali della generazione precedente. Oggi i vecchi baroni continuano a difendere chemioterapia, radioterapia e tutta quella devastante ed invasiva pratica "terapeutica", peraltro molto redditizia, anche perchè non possono mutare il loro "paradigma", con il quale hanno costruito la loro carriera e le loro conoscenze. Sarebbero costretti ad uno sforzo psicologico e mentale al di fuori della loro portata. Di conseguenza tutte le teorie alternative sul cancro (Di Bella, Hamer, Kremer, ecc.) potranno essere seriamente prese in esame dall'establishment scientifico solo quando questa classe dominante scomparirà per vecchiaia. Sta ad ognuno di noi decidere se aspettare (la maggior parte dei baroni è oltre i settanta) o se infischiarsene ed iniziare a pensare in maniera nuova da subito.

Fonte: http://pensierolaterale.blog.com/

Effetti collaterali di economie (e politiche) spietate

di Paolo Barnard – tratto da Golem L'Indispensabile - 13 novembre 2007

www.disinformazione.it

Nella maggioranza delle persone la percezione dell’insicurezza è quasi sempre alterata, è, oserei dire, una commedia. Fra il menù medio di una mensa aziendale e il rumeno che incrociamo per strada, la prima è un killer di massa, il secondo è uno 0,1% di probabilità di esserlo.
Fate solo la proporzione fra i decessi annui per malattie cardiovascolari o tumori all’apparato digerente e quelli per mano di assassini stranieri e capite subito di cosa parlo. E non mi si dica che l’alimentazione al lavoro è una scelta del cittadino mentre il ceffo straniero no, poiché sappiamo tutti che la presenza degli immigrati nel nostro Paese è tanto una nostra scelta/necessità quanto quella di mangiare di corsa cibi preconfezionati. Esistono fisiologicamente insidie nei primi quanto nei secondi.

Eppure quel tizio losco ci fa paura mentre la fettina con mozzarella su un lago di sugo al glutammato no.
E così è in tante altre componenti del nostro vivere: per numero di morti e feriti il semaforo rosso violato batte il rumeno cattivo 1000 a 1; il fumo passivo, i drink serviti in discoteca, le polveri fini, le infezioni/errori ospedalieri letali ma occultati, la diagnostica tardiva per liste d’attesa, gli indulti fraudolenti… battono qualsiasi ceffo straniero con punteggi umilianti, e sono tutti fenomeni in cui le vittime non sono certo consenzienti. Ma è lui, il (presunto) migrante cattivo, a terrorizzarci.. www.disinformazione.it/effetti_collaterali_economie_politiche.htm

domenica 18 novembre 2007

Il caso John Titor

http://www.cosenascoste.com/


Saluti. Sono un viaggiatore temporale proveniente dall'anno 2036. Sto tornando a casa dopo aver recuperato un computer IBM 5100 dal 1975.”

Con queste parole, un uomo di nome John Titor si presentò in un forum Internet il giorno 2 novembre 2000. Ovviamente, nessuno, immediatamente, volle credergli, ritenendo le sue parole semplicemente i deliri di un pazzo. I post che John Titor inviò successivamente, però, le discussioni che sostenne, le risposte alle domande che gli furono poste, fecero cambiare idea a molti, i quali finirono per credere a quanto l'uomo affermava. La storia di John Titor, sedicente uomo del futuro, come spesso accade per argomenti come questi, affascina molto: sia perché fa un certo effetto parlare con qualcuno proveniente dal futuro di cose ancora da venire, sia perché le implicazioni scientifiche hanno un sapore quasi fantascientifico e fanno sognare. Comunque sia, che quest'uomo sia un folle od un reale viaggiatore temporale, i suoi interventi hanno spaccato in due gruppi, “credenti” e “non credenti”, tutti coloro che si sono imbattuti nei suoi scritti.
http://www.cosenascoste.com/John-Titor/
http://it.wikipedia.org/wiki/John_Titor

venerdì 9 novembre 2007

Piccole storie di provincia

di Marco Bollettino
LuogoComune

Ogni tanto è bene lasciar da parte le dorate sedie dei palazzi romani e raccontare una storia provinciale, tanto marginale quanto emblematica di quello che è un atteggiamento sempre più diffuso: lodare e premiare i comportamenti criminali, facendoli diventare “normale prassi” delle Amministrazioni pubbliche.
La nostra storia ha inizio negli anni novanta, in una sala riunioni di Ivrea, dove un manipolo di alti dirigenti sta decidendo le sorti dell'Olivetti.
Le vie percorribili sono due. La prima strada, irta di ostacoli, prevede il rilancio dell'azienda in quello che è il suo core business, ovvero l'informatica: quella è la strada che avrebbe scelto un Adriano Olivetti; è la strada difficile.
La seconda invece si presenta più appetibile. Si tratta di liquidare in qualche modo i rami aziendali in perdita e lanciarsi su quello che è il nuovo mercato emergente: la telefonia.
Gli amministratori, manco a dirlo, scelgono la seconda ipotesi.Ed il core business che fine fa?

Olivetti Servizi viene venduta all'americana Wang mentre allo stabilimento di Scarmagno, creato a fine anni sessanta e specializzato nella produzione di personal computer, viene riservato un trattamento speciale...
Continua in www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=2191

giovedì 8 novembre 2007

Chi paga il conto del G8?

di Daniele Luttazzi

Il programma di governo a pagina 77 prevedeva una commissione parlamentare di inchiesta sul G8 di Genova per indagare «sull'utilizzo di forze di polizia per operazioni repressive del tutto ingiustificate». E così l'altro ieri Udeur, Italia dei valori e socialisti hanno fatto saltare tutto quanto. All'epoca la relazione sui fatti del governo Berlusconi fu vergognosa: omissioni, reticenze, falsità e questo solo nella rilegatura. Rivelazioni interessanti ad esempio quella sui poliziotti travestiti da black bloc che spaccavano poliziotti travestiti da vetrine, mancava invece quella su poliziotti travestiti da poliziotti che picchiavano pacifisti vestiti da pacifisti. La settimana scorsa l'avvocatura dello stato ha chiesto due milioni e mezzo di euro per danni all'immagine dello stato: la macelleria messicana della scuola Diaz, le torture a Bolzaneto, l'assalto al corteo autorizzato di via Tolemaide, l'uccisione di Carlo Giuliani, la sospensione di fatto della democrazia, la più alta violazione diritti umani dal dopoguerra, come denunciato da Amnesty. Ah no scusate! Si riferivano ai danni attribuiti a 25 manifestanti. Come se non bastasse se verrà approvato il pacchetto sicurezza un venditore di borsette false rischierà 24 mesi di carcere, un agente torturatore di Bolzaneto rischierà addirittura la promozione... già fatto? Ah già fatto. Certo, anche il movimento no global ha commesso i suoi errori. Ad esempio vestirsi con le tute bianche, un errore gravissimo. Bisognava andare a Genova vestiti da vescovi. Oggi avremmo ore e ore di filmati con i poliziotti che manganellano vescovi, che come messaggio antiglobal è anche più forte, visto che la chiesa come si sa è la prima vera multinazionale. Il prossimo 17 novembre tutti a Genova.
Daniele Luttazzi
Fonte: www.ilmanifesto.it

PER UNA VALORIZZAZIONE DEL CRIMINE ITALIANO

Gianluca Freda
Blogghete!

Stando a quel che leggo su internet, Marco Ahmetovic, il rom ventiduenne che nell’aprile scorso ammazzò quattro ragazzi di Appignano del Tronto guidando ubriaco, ha fatto fortuna. Si è beccato, sì, qualche anno di arresti domiciliari (peraltro in un residence di lusso), ma adesso è conteso dai media a suon di sporte di quattrini. La sua “storia” verrà raccontata da “Verissimo”, l’immonda trasmissione di Canale 5, che sborserà al pirata della strada non so quante decine di migliaia di euro per i diritti d’autore del suo capolavoro fuori carreggiata. Ahmetovic sarà testimonial, sempre in cambio di sostanziose elargizioni, “di una campagna di sensibilizzazione per scoraggiare la guida sotto l’influenza di alcol e droghe”. A giudicare dal monte di quattrini che sta beccando per aver fatto fuori quattro persone da ubriaco, non so quale potrà essere l’efficacia deterrente di una simile iniziativa. E’ conteso da tutte le trasmissioni TV e da tutti i rotocalchi per massaie rintronate. Sta scrivendo un libro di memorie intitolato “Anch’io sono un essere umano” (spero che il libro contenga delle buone argomentazioni in proposito), per il quale pare gli siano già stati pagati 150.000 euro di diritti. E’ seguito, come un’autentica star, dall’agente dei vip Alessio Sundas, che gli cura anche le pubbliche relazioni, spiegandogli come comportarsi in pubblico e cosa dire nelle interviste.
Tutto questo mi ha fatto venire una splendida idea...
http://blogghete.blog.dada.net/archivi/2007-11-06

lunedì 5 novembre 2007

L' alfabeto cherokee

Un caso lampante di diffusione di un'idea è all'origine del sillabario usato dai cherokee per scrivere la loro lingua, ideato attorno al 1820 in Arkansas da un indiano di nome Sequoyah. Egli si accorse che i bianchi facevano segni sulla carta, e che ciò li aiutava a registrare e ricordare lunghi discorsi. I dettagli di questo processo erano per lui misteriosi, perché come quasi tutti i cherokee prima del 1820 era analfabeta e non conosceva l'inglese. Sequoyah era un fabbro, e stimolato dalla cosa iniziò con l'inventare un sistema per tenere il conto di quanto gli dovevano i suoi clienti. Ogni debitore era rappresentato da un disegno, attorno al quale linee e cerchi di varie misure indicavano la cifra dovuta.Attorno al 1810 si mise ad escogitare un sistema per scrivere la lingua cherokee. Iniziò con un sistema di pittogrammi, ma abbandonò l'idea perché troppo complicata. Si mise allora a inventare segni che corrispondessero alle singole parole, ma smise quando si accorse che le centinaia e centinaia da lui coniati non bastavano mai.Alla fine, Sequoyah si rese conto che tutte le parole erano costituite da un piccolo numero di suoni che si ripetevano uguali in molte occasioni, cioè da quelle che noi chiameremmo sillabe. Iniziò a lavorare su 200 segni sillabici, che ridusse gradualmente fino a 85; si trattava quasi sempre di combinazioni di una consonante e di una vocale.Per trovare le forme adatte ai suoi segni, si mise a copiare le lettere che aveva visto in un sillabario inglese prestategli da un maestro di scuola. Una ventina degli 85 segni fu copiata di sana pianta, anche se con un valore completamente diverso (visto che Sequoyah non sapeva leggere l'alfabeto latino). Ad esempio, i segni D, R, b, h rappresentano in cherokee le sillabe a, e, si, ni, mentre il numero 4 fu usato per il suono se. Molti segni sono evidenti modificazioni delle lettere latine, come quelli per le sillabe yu, sa e na [...]; altri ancora furono creazioni sue, come ho, li e nu. Il sillabario di Sequoyah gode di grande considerazione presso i linguisti, perché è molto semplice, logico e adatto a rappresentare i suoni della sua lingua. Nel giro di pochi anni i cherokee raggiunsero un tasso di alfabetizzazione quasi del 100 per cento, si comprarono un torchio da stampa, fusero in piombo i segni di Sequoyah e si misero a stampare libri e giornali.
[Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie, p. 177]
http://www.mauriziopistone.it/testi/discussioni/personaggi_cherokee.html

LETTERA APERTA A CLEMENTINA FORLEO

DI PAOLO FRANCESCHETTI
Come Don Chisciotte

(...) Ecco, vengo a noi, giudice. Mi ha molto colpito quello che ha detto sulla morte dei suoi genitori. Perché le erano arrivati già degli avvertimenti che ne preannunciavano la morte in estate, ma quando morirono quel 25 agosto lei pensò ad una coincidenza. Ho letto addirittura una sua intervista di qualche tempo fa, a Sabelli Fioretti se non erro, in cui lei parlando del clima in cui viveva disse "pensi… arrivai persino a pensare ad un sabotaggio…". In altre parole, nonostante tutto, fino a poco tempo fa escludeva ancora che fosse un incidente provocato. Ultimamente però si è accorta che non è così. Forse non fu un incidente, come non lo fu quello che capitò a lei e suo marito, ma in cui vi salvaste.L’altra cosa che mi ha colpito è quello che ha detto sul fatto che le sue denunce relative a questi fatti non sono state prese in considerazione.Anche io penso non sia un incidente. Sa perché? Perché ho letto sui giornali il tipo di incidente. Una mia collega di studio si occupa di cosiddetti poteri occulti. In una settimana io e lei abbiamo subito tre incidenti da cui siamo scampati per un pelo: una rottura dello sterzo, e due rotture del perno della ruota posteriore (su due moto diverse). Le rotture dello sterzo e della ruota erano dirette a questa mia collega, perché si trattava della sua moto che io avevo malauguratamente preso in prestito. Dopo questi incidenti mi è venuto qualche sospetto; mi sono informato meglio e sono diventato mio malgrado un "esperto" di incidenti stradali.In incidenti analoghi sono morti molti testimoni di Ustica: il maresciallo Zummarelli, travolto da una moto; poi il colonnello Sandro Marcucci precipitato col piper. Il colonnello Giorgio Teoldi, comandante dell'Aeroporto Militare di Grosseto è morto in un incidente stradale di cui non sono riuscito a capire le modalità. Giorgio Furetti, Sindaco di Grosseto, poco tempo dopo aver manifestato l'intenzione di volere raccontare alcune cose ai giudici muore investito da un motorino. E questi sono solo alcune delle morti di Ustica che sono molte di più. In un incidente analogo – per fare un solo esempio diverso da Ustica - è incappato il carabiniere Placanica, implicato nei fatti del G8: rottura improvvisa dello sterzo in un rettilineo ma per fortuna l’auto non ha cozzato contro ostacoli e si è salvato. La storia d’Italia è disseminata di rotture accidentali dello sterzo, di auto che escono di strada senza alcun motivo, come è capitato ai suoi genitori e come – non faccio fatica a immaginarlo – sarà capitato anche a lei...
Continua al link
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=3930

venerdì 26 ottobre 2007

Superior stabat Clemens

di Marco Travaglio

Siccome Luigi De Magistris, al contrario di quel che si dice, non passa notizie ai giornali, nessuno sa ancora quali elementi abbiano portato a indagare il ministro Mastella per truffa, abuso e illecito finanziamento. Ma, da come si comporta il ministro Clemente Mastella, vien da pensare che il pm abbia in mano elementi poderosi su fatti gravissimi, o forse potrebbe scoprirli a breve. Che lui ancora non li conosca, ma Mastella sì.

Ragioniamo: se davvero De Magistris fosse l’acchiappafantasmi e il fumista inconcludente che viene descritto dai suoi detrattori (tipo il capogruppo dell’Udeur Fabris a Porta a Porta), Mastella sarebbe in una botte di ferro: se avesse fatto qualcosa di male, il pm incapace non sarebbe in grado di scoprirlo. Se non avesse fatto nulla, ancora meglio: l’indagine finirebbe nel nulla, o perché lo stesso pm chiederebbe di archiviarla, o perché, se lui si accanisse, verrebbe smontata dal gip, o dal Tribunale, o dalla Corte d’appello, o dalla Cassazione.

Invece Mastella ha fatto di tutto per evitare che De Magistris la portasse a termine: appena il pm ha sfiorato i suoi amici Saladino e Bisignani, lui ha intensificato le ispezioni; quando ha scoperto che il pm aveva intercettazioni e tabulati che indirettamente lo riguardavano, ha chiesto al Csm il suo trasferimento urgente. E quando il Csm l’urgenza non l’ha vista proprio, è scattato il piano B: anzichè trasferire il pm, si è trasferita l’inchiesta. Siccome Mastella è tutt’altro che uno sprovveduto, se sta scatenando questo putiferio avrà le sue ragioni. Che però contraddicono la tesi secondo cui l’indagine è fondata sul nulla. Perché altrimenti il Guardasigilli avrebbe tutto l’interesse a lasciare che il pm ci si rompa le corna. La logica non lascia alternative.

Ma la vicenda, già grave sul piano morale e politico, ha questo di speciale: che ha abolito la logica, la consecutio temporum, la distinzione tra cause ed effetti. Mastella dice che «l’indagine deve proseguire», ma ha fatto di tutto perchè si bloccasse. Dice che la legge gl’imponeva di chiedere il trasferimento di De Magistris, ma la legge (il nuovo ordinamento giudiziario) l’ha fatta lui e non impone affatto al ministro di chiedere la cacciata di un pm dopo un’ispezione e prima che si chiuda il procedimento disciplinare: gli consente di farlo, come di non farlo.

Lui allora dice che gli ispettori sono magistrati, il Pg Dolcino Favi che ha avocato «Why not» è magistrato, il procuratore Mariano Lombardi che ha tolto «Poseidone» a De Magistris è magistrato, l’Anm di Catanzaro che ha chiesto l’ispezione su De Magistris è fatta di magistrati, il Csm che deve giudicare è pieno di magistrati: dunque han fatto tutto loro e Mastella non ha fatto niente. Ma l’ispezione l’ha mandata lui e la richiesta di trasferimento l’ha avanzata lui: e, senza quei due atti, tutto filerebbe liscio come l’olio. Allora lui dice che De Magistris dà troppe interviste e deve stare zitto. Ma De Magistris parla perché da anni è bersaglio di interpellanze, attacchi, ispezioni, richieste di trasferimento: non viceversa.

Viene in mente la fiaba del lupo e dell’agnello. «Ti sbrano perché mi intorbidi l’acqua». «Impossibile, tu stai sopra e io sto sotto». «Ma tu vent’anni fa mi hai insultato». «Impossibile, io vent’anni fa non ero nato». «Allora sarà stato tuo padre, ti sbrano lo stesso».

È con questa logica che il Pg Favi ha avocato «Why not», come ha spiegato lo stesso ministro a Porta a Porta: De Magistris indaga su di lui, lui chiede il suo trasferimento ma non l’ottiene, De Magistris continua a indagare su di lui, dunque ce l’ha con lui, ergo è «incompatibile per conflitto d’interessi».

Gli indagati che volessero sbarazzarsi del proprio pm ma, non essendo ministri, non potessero chiederne il trasferimento, possono denunciarlo per un reato a caso; se poi quello continua a indagare su di loro, vuol dire che ce l’ha con loro e se ne deve andare. Così ne arriva un altro; ma, se non fa il bravo, lo si denuncia e ricomincia il giochino. Naturalmente a segnalare a Porta a Porta il “conflitto d’interessi” del pm, è il ministro che non ha votato la legge sul conflitto d’interessi; e che, su tremila pm, se la prende proprio con quello che indaga su di lui. E chi raccoglie la denuncia del ministro? Il marito giornalista della signora Augusta Iannini, capo degli Affari di giustizia del ministero e responsabile degl’ ispettori che vogliono punire il pm.

Ma il conflitto d’interessi, com’è noto, ce l’ha De Magistris. E solo lui. E, se non è lui, sarà stato suo padre.

Marco Travaglio
da L'Unità del 24 Ottobre 2007

Due pesi e due misure

di Enrica Bartesaghi

da Megachip

Mia figlia Sara è stata indagata (insieme ai 93 della Diaz) a partire dal 21 luglio del 2001 e fino al mese di Febbraio del 2004 per associazione a delinquere finalizzata alla devastazione e saccheggio. Lo stesso reato per il quale oggi a Genova sono stati chiesti 224 anni e mezzo di carcere nel processo in corso a carico di 25 manifestanti.

Se non si fossero trovate le prove del falso accoltellamento, delle false molotov (poi scomparse) della falsa sassaiola, dei falsi picconi, forse oggi Sara e i 93 della Diaz sarebbero insieme ai 25 manifestanti.

Sono davvero sconcertata per l’evidente uso di due pesi e due misure, da una parte 224 anni e mezzo di carcere per 25 manifestanti accusati (come lo sono stati a lungo i 93 della Diaz) di far parte del black-bloc, dall’altra nessun indagato per il massacro alla Diaz. Perché non è stato possibile, non si è voluto, trovare coloro che fisicamente hanno ridotto in fin di vita almeno tre persone, ferito oltre 80 dei manifestanti presenti nella scuola. Non erano riconoscibili perché travisati, ci è stato detto.

Gli imputati sono quelli che hanno firmato il verbale di perquisizione, uno dei quali rimasto sconosciuto, quelli che hanno partecipato alla costruzione dei falsi, loro non rischiano niente. Nessuno di loro è stato sospeso, molti promossi, insieme ai responsabili delle torture a Bolzaneto. La prescrizione si avvicina, l’indulto aiuta, nessuna pena verrà da loro scontata per aver rovinato la vita a 93 persone alla Diaz e ad oltre 200 a Bolzaneto.

Nessuno è indagato per le violenze consumate nella caserma di Forte San Giuliano, nessuno per le violenze perpetrate nelle strade e nelle piazze e documentate dalle migliaia di testimonianze video che tutti noi abbiamo visto. Nessuno per la morte di Carlo Giuliani.

Quale messaggio dietro a questa evidente disparità di trattamento? Che sfasciare una vetrina o un bancomat, aver partecipato ad un corteo autorizzato ed illegalmente e ripetutamente attaccato come in via Tolemaide, può costare una decina di anni di galera, mentre l’aver sparato ad altezza d’uomo, l’aver massacrato o torturato centinaia di persone si risolverà con un nulla di fatto?

Se le richieste dei PM verranno accolte avremo 25 persone che pagheranno con anni di galera le colpe di tutti quelli che hanno permesso, voluto, che le manifestazioni anti-G8 del luglio del 2001 si trasformassero in una trappola per centinaia di migliaia di manifestanti.

Chi avrebbe dovuto tutelare il diritto a manifestare si è rivelato incapace di gestire l’ordine pubblico ed ha permesso, autorizzato la più grande violazione dei diritti umani in un paese occidentale dal dopoguerra, come denunciato da Amnesty International.

Enrica Bartesaghi
http://www.megachip.info/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&artid=5037

sabato 20 ottobre 2007

Condannato, finalmente

di Marco Travaglio
www.unita.it

L’altra sera Giulio Andreotti pontificava in tv. su Maria Callas in veste di musicologo, mentre a Porta a Porta Francesco Cossiga raccontava quanto gli piaceva lady Diana. Nel frattempo è uscito il libro di Giovanni Moro, "Settantotto", che racconta a questo paese smemorato lo spettacolare fallimento della gestione del sequestro di suo padre da parte del ministro Cossiga e le incredibili bugie raccontate dal premier Andreotti. Naturalmente nessuno chiama costoro a rispondere su cose serie come queste: al più li si interpella sulla Callas e su Lady D. Nel 1999, quando Andreotti fu assolto in primo grado per insufficienza di prove a Palermo, l'insetto allestì un triduo di festeggiamenti per raccontare che l'amico Giulio con la mafia non c'entrava (salvo naturalmente tacere che già in quella sentenza c'erano elementi politicamente e moralmente gravissimi, così come tacque quando le sentenze d'appello e di Cassazione ribaltarono la prima, stabilendo che il reato c'era, ma era prescritto fino al 1980). Ovviamente senza contraddittorio: le balle, in tv, non possono essere smentite, diversamente dalle verità, che devono essere smentite. Sulle ali dell'entusiasmo, il prescritto a vita se la prese col giudice Mario Almerighi, uno degli amici più cari di Falcone, che aveva testimoniato contro di lui a proposito dei suoi affettuosi rapporti col giudice Carnevale (ora reintegrato in Cassazione grazie a una legge ad personam che l'Unione s'è ben guardata dal cancellare): in particolare, sulle pressioni esercitate da Andreotti sull'allora Guardasigilli Virginio Rognoni per bloccare un procedimento disciplinare contro il cosiddetto "Ammazzasentenze". Pressioni che Almerighi aveva appreso da un amico, il sen. Pierpaolo Casadei Monti, allora capogabinetto al ministero. Il quale però, al processo, non se la sentì di confermare. Così Andreotti si scatenò contro Almerighi dandogli del «falso testimone», anzi del «pazzo» che racconta «infamie», lo paragonò ai «falsi pentiti» prezzolati e aggiunse che affidare la giustizia a gente come lui «è come lasciare la miccia nelle mani di un bambi­no». Almerighi querelò. Andreot­ti tentò di salvarsi con la solita insindacabilità-impunità parlamentare e nel gennaio del 2001 il Senato gli regalò con voto bipartisan lo scudo spaziale. Ma la Corte costituzionale glielo tolse («Non spetta al Senato affermare che le opinioni espresse dal senatore Andreotti costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni»). Così il processo ripartì e finalmente, il 15 giugno scorso, il prescritto a vita è stato condannato dal Tribunale di Perugia a 2mila euro di multa (interamente condonata dall'indulto-vergogna, che copre anche le pene pecuniarie), oltre a 20mila euro di provvisionale a titolo di acconto del risarcimento del danno da fissare in separata sede civile. L'altroieri è uscita la motivazione della sentenza firmata dal giudice Massimo Riciarelli, ma naturalmente nessun tg, nessun giornale e nessun Porta a Porta han dato la notizia per smentire le balle di Andreotti. E basta leggere le 32 pagine per capire il perché: il senatore, già 7 volte presidente del Consiglio e 18 volte ministro, da tutti riverito come un padre della patria, è giudicato colpevole di diffama­zione perché «ben consapevole che le sue parole gravemente diffamatorie, inutilmente volte a gettare fango su Almerighi, erano destinate alla divulgazione e alla pubblicazione». Quanto ad Almerighi, «può ritenersi provata la circostanza che quel tipo di confidenza (sui traffici di Andreotti pro Carnevale, ndr) gli era stata fatta per davvero» da CasadeiMonti: lo provano le «concordi deposizioni» di almeno tre magistrati e l'atteggia­mento dello stesso Almerighi il quale, «spinto da un'ansia di verità, che muoveva dallo sdegno per i tanti morti tra le file dei suoi amici» (da Ciaccio Montalto a Falcone e Borsellino), giunse «a divaricare la sua posizione da quella dell'amico confidente Casadei Monti, a costo di esporre lui o se stesso al rischio di non esser creduto». Almerighi dunque ha detto la verità; Andreotti invece «plurime esternazioni menzognere» e insulti «lanciati come strali dinanzi ai quale si resta impietriti». Marco Travaglio

E bravo Walter!

di Giulietto Chiesa,
Megachip

E bravo Walter! Si conclude con successo il traghettamento al centro di una parte abbastanza consistente, non tutta, ma non poca, dell'elettorato di sinistra. Il grosso di quello che fu il Partito Comunista Italiano - quello caduto dal Muro di Berlino e, prima ancora, quello sconfitto militarmente dal rapimento e uccisione di Aldo Moro e dei cinque uomini della sua scorta - finisce dentro un progetto di democrazia americana, di gestione della "necessità" thatcheriano-blairiana, di subalternità all'Impero e di partecipazione alle guerre del presente e del futuro.
Un'operazione brillante, cullata dalla grande borghesia "progressista" italiana per togliersi dai piedi l'ingombro di Berlusconi, ormai impresentabile nel quadro internazionale (come lo fu Boris Eltsin al termine della sua carriera) e per sostituirlo con un gestore più morbido - ma perfino più ligio ai desiderata padronali - dei conflitti sociali marginalizzati di una società che deve essere pacificata. E, nel caso non lo sia, di una società che dovrà credere a tutti i costi di essere stata pacificata.
Per questo servirà un sistema mediatico, ovviamente privatizzato (perchè la Trimurti del nuovo Partito Democratico è quella che Riccardo Petrella ha brillantemente descritto come TUC, Teologia Universale Capitalista, composta di privatizzazione, liberalizzazione, deregulation) ma compatto nel levare inni e nel distribuire circenses e notti bianche a gogo.
Il traghettamento è avvenuto con una duplice, plebiscitaria votazione: una specie di uno-due pugilistico realizzato in una sola settimana. Prima i cinque milioni di votanti che hanno detto sì al welfare di imprenditori, sindacati e governo. Poi i tre milioni abbondanti che hanno ridetto sì al Partito Democratico e a Walter in persona, tra i cori osannanti di tutti i maggiori quotidiani padronali e di tutti i telegionali governativi.
In tal modo facendo gridare commentatori di ogni collocazione (salvo alcuni rari rompiscatole, ma per questo fuori gioco) alla spettacolare maturità dei lavoratori e dei consumatori italiani.
Vogliamo forse negare il carattere "storico" di un tale sussulto democratico? Vogliamo forse negare che le due consultazioni hanno dimostrato una straordinaria "voglia di partecipazione"?
Noi non vogliamo.
Ma vorremmo andare a guardare meglio dentro questo entusiasmo generale, che era già nell'aria addirittura prima del voto. Tanto impregnava l'aria che dava l'idea di una micidiale manipolazione mediatica. E, del resto, se di democrazia americana si tratta, come evitare che essa sia manipolata mediaticamente?
Continua al link http://www.megachip.info/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&artid=4978

martedì 16 ottobre 2007

Storace si scusa!

Lettera di scuse
di Mimmo Lombezzi
da MegaChip

http://www.megachip.info/

Grazie ai miei contatti con il Sismi sono venuto in possesso della lettera di scuse che l'on. Storace scriverà alla Montalcini

Rita carissima! Come stai ? Spero bene. Ho scelto di darti del tu per esprimere in modo quasi cameratesco la simpatia profonda che ho per Te.
Cara amica ti scrivo per dirti innanzitutto che la stampa e le tv hanno travisato le mie intenzioni. (Non tutte per fortuna ! Alcune l'intervento curiale di Napolitano non se lo sono neppure filato!) L' invio delle stampelle non voleva essere affatto un'offesa. Se mai un gesto goliardico come l'olio di ricino e gli scappellotti che i nostri padri fondatori applicavano bonariamente agli oppositori e ai nasi adunchi alle origni del Movimento.
Cerca di capirmi Rita! Apri bene quelle tue orecchie da semita : “La Destra” è appena nata, ha bisogno di distinguersi, di affermare la sua presenza, di far parlare di sé. Per questo col camerata Schiuma (non è un nickname!) ho pensato a un gesto Bossiano futurista, ironico!
Su cosa dovevo intervenire se no? Sullo scandalo Laziomatica? Sul deficit della Regione Lazio? Via! Non è su temi cosi' triviali che si qualifica un Movimento che vuol essere giovane-per- i-giovani e non vuol partire col piede sbagliato. Cioè traballando, come te.
Dai Vecchia Rita! Mettici una pietra sopra! Goditi gli ultimi anni con i tuoi colleghi Pannoloni! Qua la mano vizzosa! Nulla di personale.
Tuo Francesco Storace.

venerdì 12 ottobre 2007

Una pappa contro la malnutrizione

di Marinella Correggia
Fonte: www.ilmanifesto.it

Nel 2002, in Angola, l'organizzazione Medici senza frontiere (Msf) riuscì a trattare in 4 mesi di totale urgenza diecimila bambini in stato di malnutrizione grave, in pericolo di vita. Ai centri allestiti da Msf ne arrivavano molti di più ai centri, ma per somministrar ogni poche ore latte da diluire e micronutrienti era necessaria l'ospedalizzazione e, semplicemente, non c'erano posti né personale a sufficienza. Qualche anno dopo, nel 2006 in Niger, con un numero inferiore di addetti e con costi inferiori, Msf ha potuto recuperare dalla malnutrizione grave, in un analogo periodo, oltre 60mila bambini.

Cos'era cambiato? In una battuta, il fatto che la somministrazione dell'alimento terapeutico è passata dagli ospedali alle case, dalle mani dei medici a quelle di ogni mamma che abbia un bambino malnutrito fra i sei mesi e i tre anni (nei primi mesi dalla nascita, l'alimento più completo e adatto è il latte materno, ça va sans dire). Questo passaggio prima non pareva proponibile: il latte in polvere va diluito e in situazioni di emergenza l'acqua è un pericolo ulteriore; va addizionato di vitamine e minerali e ciò richiede una struttura; gli alimenti tradizionali o le farine degli aiuti alimentari, sia pur arricchite, possono non essere sufficienti nella malnutrizione grave, e sono difficili da conservare.

La rivoluzione che assomiglia a un uovo di Colombo è chiamata «alimento terapeutico pronto all'uso» (Ruft, ready to use therapeutic food). Ieri Msf, che come altri operatori di emergenza ne fa uso da anni, lo ha mondialmente lanciato all'attenzione dei governi «donatori» (virgolette d'obbligo) e delle agenzie dell'Onu in cinque città. Il Ruft standard è una gustosa pasta concentrata in pacchetti monodose giornalieri da 500 calorie ed è direttamente somministrabile al bambino, senza diluizioni né cotture. Contiene tutti gli elementi nutritivi essenziali per trattare la malnutrizione grave: un mix di arachidi africane, latte, grassi vegetali arricchito vitamine e minerali. In qualche settimana rimette in carreggiata un bimbo al costo totale di circa 30 euro.

Sostiene Msf che «gli alimenti terapeutici pronti all'uso vanno considerati come un farmaco essenziale e per questo devono essere resi disponibili a tutti coloro che ne hanno urgente bisogno». In effetti sia l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che l'Unicef ne raccomandano l'uso in caso di malnutrizione grave. Ma dei venti milioni di bambini gravemente malnutriti che popolano il mondo, per ora solo il 3 per cento ha accesso alla «pappa magica». Per non dire degli under 5 che sono in stato di malnutrizione per così dire «moderata», sulla quale però occorrerebbe intervenire per evitare che diventi «acuta». Msf l'ha fatto in un distretto del Niger che era fra i più malnutriti, con ottimi e subitanei risultati.

Per questa formula non c'è, come per i più noti farmaci - ad esempio per curare l'Aids - un problema di brevetti. La pappa è sì brevettata, ma la piccola casa produttrice francese oltre a dare a buone condizioni la possibilità di produrla in franchising (già avviene in diversi paesi africani), permette anche a organizzazioni non profit di copiarla. Ma la pappa costa, soprattutto per il prezzo del latte (forse occorrerebbe trovare un ingrediente sostitutivo). Per trattare tutti i bambini ci vorrebbero 750 milioni di euro l'anno: quanto speso per la befana 2007 in Italia; o meno di un millesimo delle spese per armamenti; o un centesimo delle sovvenzioni europee al settore aereo.

Le mamme dei bambini malnutriti moderati o gravi non hanno quei trenta euro. Msf chiede che questo alimento terapeutico sia sovvenzionato dalla comunità internazionale. Ogni anno nel mondo 5 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni - la metà del totale per quella fascia di età - muoiono per patologie legate alla malnutrizione. Se trenta euro sembran tanti....

giovedì 11 ottobre 2007

I Pinochet: rendite da genocidio

di Gennaro Carotenuto
La vedova di Augusto Pinochet, i cinque figli e diciassette collaboratori del defunto dittatore, sono stati arrestati a Santiago del Cile per reati finanziari, malversazione e appropriazione di fondi pubblici, stornati verso la banca statunitense Riggs. La detenzione è stata ordinata dal giudice Carlos Cerdá, il Baltazar Garzón australe, che da anni indaga sulle malversazioni del defunto dittatore e della sua famiglia. Nonostante la detenzione in carcere sia durata circa 24 ore, Augusto Pinochet junior e suo fratello Marco Antonio sono nel carcere di Santiago avrebbero collaborato. Lucía, Jacqueline e Verónica, le tre sorelle note alle cronache rosa perché, già madri e nonne, hanno accumulato sei annullamenti di matrimonio dalla Sacra Rota, sono recluse nel Centro di Orientamento Femminile, in un quartiere popolare di Santiago. La vedova del dittatore, donna Lucía Hiriart, ha lamentato uno sbalzo di pressione ed è stata immediatamente ricoverata nell'Ospedale militare, nel quartiere bene di Providencia, dove meno d'un anno fa morì il coniuge...

mercoledì 10 ottobre 2007

Consulenze

DI SEBASTIANO MESSINA

da La Repubblica

C' è chi lo fa gratis, come Carlo Rubbia, forse per il piacere di rendersi utile al suo Paese. C' è chi lo è stato solo per un giorno, come il signor Mario Parodi che ha ricevuto 60 (diconsi sessanta) euro dal ministero dei Beni Culturali «per ripresa fotografica eseguita presso la Collezione Wolfson di Genova». E c' è chi lo è diventato per essere compensato di una perdita: come Giovanni Kessler, ex deputato diessino che nel 2006 ha perso il seggio in Parlamento ma è stato subito nominato "Alto commissario per la lotta alla contraffazione" con un contratto da consulente esterno. Stipendio annuo 143.500 euro, 12 mila euro al mese, però lordi. C' è davvero tutto il catalogo aggiornato della società civile, una galleria delle arti e dei mestieri dell' Italia di oggi, nell' elenco dei 1253 esperti e consulenti a libro paga del governo Prodi. Giuristi e ginnasti, generali e creativi, cinefili e professoresse, ambasciatori e webmaster, giornalisti e rettori, figli della Patria e figli di papà. Milleduecentocinquantatre: una media di 48 esperti a dicastero, anche se questa - come tutte le statistiche - appiattisce una realtà dove ci sono ministri come Di Pietro e Mastella che dichiarano zero consulenti, e altri, come Rutelli, che con il loro elenco superano - da soli - un terzo del totale: 436. Ma chi c' è, in questa lista? La maggioranza, nove su dieci, sono professionisti o studiosi ignoti alle cronache. Certo, qualche nome celebre c' è. Per esempio quello di Renato Ruggiero, già ministro degli Esteri di Berlusconi, oggi ingaggiato da Prodi gratis ("solo rimborso spese"). O quello di Jury Chechi, messo a libro paga da Giovanna Melandri come consulente per lo sport a 19.116 euro l' anno. E c' è anche qualche cognome illustre. Una Napolitano, Simona, nipote del presidente della Repubblica, è consulente del ministero dell' Ambiente (per 2800 euro al mese), incaricata di fornire «assistenza e consulenza riguardo le problematiche del settore giuridico e nel settore del diritto informatico, amministrativo e degli appalti pubblici». Un Mastella, Pellegrino, figlio del Guardasigilli, è consulente del ministero per le Attività produttive con l' incarico di assicurare (per 2700 euro al mese) «attività di collaborazione finalizzata all' approfondimento delle specificità dei modelli anglosassoni». E un Gambescia, figlio del deputato diessino Paolo, è consulente del ministro per l' Innovazione (1500 euro mensili) «per l' elaborazione e la verifica delle linee programmatiche relative al rapporto tra la pubblica amministrazione e il sistema delle imprese». Non c' è invece - non ancora, perché il decreto non è stato ancora registrato dalla Corte dei conti - il nome di Angelo Rovati, che dopo essersi dimesso da consigliere di Prodi è stato riassunto una settimana fa come "esperto per il Kazakistan" (specializzazione tanto circoscritta quanto sorprendente). Nessuno di questi 1253 consulenti diventerà ricco, con gli assegni staccati dal governo. Ma il primo a essere convinto che queste spese siano eccessive è proprio il presidente del Consiglio, che ha appena firmato un decreto con il quale taglia di un terzo - a partire dal 2008 - la cifra destinata ai consulenti dell' esecutivo. Certo, anche lui dovrà usare le forbici, visto che al momento la Presidenza del Consiglio conta 120 contratti di consulenza. E di questi, solo sette - oltre a Renato Ruggiero - hanno accettato di collaborare in cambio di uno spartano rimborso spese. Tutti gli altri vanno pagati, dai 6000 euro dei componenti del Comitato per la Biosicurezza ai 40 mila di Massimo La Salvia, inquadrato nel Dipartimento Risorse Umane. I ministri Mastella e Di Pietro, che dichiarano di non avere consulenti al loro servizio, non dovranno tagliare nulla. Né si potrà chiedere un sacrificio al Viminale, dove Giuliano Amato ha firmato un unico contratto di consulenza (con il professor Francesco Raiano: 30 mila euro annui), e tantomeno alla Difesa, dove Arturo Parisi ha ingaggiato un solo esperto (il dottor Andrea Grazioso, esperto di problematiche strategiche internazionali: 36 mila euro) più due per i suoi sottosegretari. Avranno poco da risparmiare anche il ministro del Lavoro, Damiano, e quello della Pubblica Istruzione, Fioroni, che hanno due consulenti a testa. Ma agli altri, qualche rinuncia potrà essere chiesta. Prendiamo il ministero dell' Ambiente, che nel bilancio dello Stato pesa per la metà di quello delle Politiche agricole. Eppure, mentre Paolo De Castro s' è accontentato di otto consulenti, Alfonso Pecoraro Scanio ne ha 344. Invece di averne la metà, ne ha quarantatré volte di più. C' è un motivo, anzi ce ne sono tre. Il primo è, diciamo così, storico: quando nacque, il ministero (che allora si chiamava "dell' Ecologia") non poté fare nuove assunzioni, così fece un massiccio ricorso ai contratti a termine, cioè alle consulenze: è andata avanti così, dal 1987 a oggi, con il risultato che al ministero oggi il numero dei precari (1319) supera quello degli assunti (1255). Poi c' è una ragione politica. I ministri dell' Ambiente hanno preso l' abitudine, prima di lasciare la poltrona, di rinnovare i contratti ai loro consulenti per altri quattro o cinque anni, così ogni ministro si ritrova in eredità i consulenti del suo precedessore: come quel Paolo Pontoni a cui il ministro Altero Matteoli, la vigilia di Natale del 2005 ha rinnovato un contratto di consulenza per cinque anni. Non si sa se Pecoraro sarà ancora ministro, nel 2010, ma di sicuro Pontoni sarà ancora consulente: a 78 mila euro l' anno. Poi, certo, Pecoraro ci ha messo del suo. Ingaggiando a 100 mila euro l' anno cinque consulenti per il suo gabinetto (tra cui il verde Sauro Turroni, trombato nel 2006). Più otto per i suoi sottosegretari. Più sette per la Direzione Generale "Qualità della vita". Più 54 per il servizio "Protezione della natura". Più 107 per la "Ricerca ambientale". Più 138 per la "Difesa del suolo". Più 14 per la "Salvaguardia ambientale". Più cinque dirigenti di fascia alta (in media 95 mila euro a testa). Più sei consulenti - tra cui Rubbia - che, bontà loro, non vogliono un centesimo. Totale, 344. Ai quali bisogna aggiungere un' altra infornata di consulenti i cui decreti, firmati ad agosto, non sono ancora stati registrati. Chi sono, i consulenti del ministro dell' Ambiente? Gli ecologisti, ovviamente. E dove si trovano la maggior parte degli ecologisti? Nei Verdi, partito che Pecoraro Scanio conosce benissimo, essendone il leader. Ecco perché sono proprio dei Verdi, giusto per fare un esempio, 14 dei 20 componenti della segreteria tecnica per la Protezione della natura. Due su tre. Una scelta, come dire?, naturale. Dovrà sicuramente tagliare nomi e compensi il ministero dei Beni Culturali, che oggi con i suoi 436 incarichi guida la classifica delle consulenze (però bisogna tener conto che vengono messi a carico di Rutelli i contratti stipulati dalle Sovrintendenze di tutta Italia per mostre, convegni ed esposizioni varie). La cifra più alta, 133.250 euro, è andata l' anno scorso alla società Arché, per la «catalogazione dei manoscritti della biblioteca nazionale universitaria di Torino danneggiati dall' incendio del 1904». Ovvero 103 anni fa: non è mai troppo tardi. Giusto per dare il buon esempio, un po' di economia potrebbe farla anche il ministro dell' Economia, Tommaso Padoa-Schioppa. Che oggi spende un milione 719 mila euro per i suoi 85 consulenti, una media di 20 mila euro a testa. E allo Sviluppo Economico, Pierluigi Bersani forse dovrà dare un' accorciatina alla sua lenzuolata di 69 consulenti (cominciando, magari, dal figlio di Mastella). Poi, certo, anche i ministri «senza portafoglio» (cioè senza fondi propri nel bilancio dello Stato) potrebbero rinunciare a qualche esperto. Emma Bonino, per dire, alle Politiche comunitarie ne ha per nove volte e mezza di quelli su cui può contare Massimo D' Alema. E se il ministro degli Esteri ha scelto come uno dei suoi quattro consulenti giusto il responsabile nazionale diessino degli Italiani all' estero, Norberto Lombardi (25 mila euro annui), la Bonino ha inserito un buon numero di radicali tra i suoi 38 esperti, a cominciare dall' avvocato del partito, Giuseppe Rossodivita, incaricato di studiare «problemi e prospettive intorno all' ipotesi di costituzione di una Procura europea». Problemi, prospettive, ipotesi: per 4000 euro al mese, si può fare. Del resto, così fan tutti. Neanche l' unico ministro di Rifondazione, Paolo Ferrero, ha saputo resistere alla tentazione di nominare due dei suoi tre esperti (Maria Teresa Rosito e Andrea Del Monaco, 45 mila euro l' anno) tra i compagni di partito. Il suo collega dei Trasporti, Alessandro Bianchi (Pdci), ha invece pescato tra i colleghi dell' università: tra i suoi 18 consulenti, ci sono sei professori e un rettore (ma il primo della lista è il responsabile nazionale Trasporti del Pdci, Eduardo Bruno). Forse, con un po' di buona volontà, si potrebbe eliminare qualche incarico dall' oggetto nebuloso. Il ministero per l' Attuazione del programma, per esempio, paga 2000 euro al mese a Sortito Casali per «l' analisi degli obiettivi del programma di governo, in relazione alla possibilità di una loro misurazione tramite indicatori di carattere quantitativo», e altri 1100 euro mensili a Simona Genovese, affinché fornisca una «analisi del programma di governo sia nei suoi aspetti giuridici sia in quelli di carattere operativo». Non si era mai visto, un governo che paga degli esperti per analizzare il suo stesso programma. Ma, come si dice, c' è sempre una prima volta.
Sebastiano Messina
Fonte: www.repubblica.it

mercoledì 3 ottobre 2007

Weeds..da non perdere

Little boxes on the hillside,Little boxes made of ticky tacky
Little boxes on the hillside, Little boxes all the same,
There's a green one and a pink one And a blue one and a yellow one
And they're all made out of ticky tacky And they all look just the same.
And the people in the houses All went to the university
Where they were put in boxes And they came out all the same
And there's doctors and lawyers And business executives
And they're all made out of ticky tacky And they all look just the same.
And they all play on the golf course And drink their martinis dry
And they all have pretty children And the children go to school ,
And the children go to summer camp And then to the university
Where they are put in boxes And they come out all the same.
And the boys go into business And marry and raise a familyI
n boxes made of ticky tacky And they all look just the same,
T here's a green one and a pink one And a blue one and a yellow one
And they're all made out of ticky tacky And they all look just the same.
Weeds (in inglese marijuana) è una serie televisiva americana ambientata in una immaginaria periferia della California, in cui la maggior parte dei residenti sono coinvolti nello spaccio e nel consumo di cannabis (da ciò deriva il titolo). Nel 2006 la serie è stata candidata ai Golden Globe come migliore serie comica e la protagonista della serie, Mary-Louise Parker ha vinto il Golden Globe come migliore attrice protagonista.
Le prime 2 stagioni sono andate in onda negli
Stati Uniti sul canale Showtime e la serie ha riscosso un grande successo nel pubblico. La prima stagione è stata trasmessa in Italia da Rai Due e da SKY Show di SKY Italia. La terza stagione ha preso il via il 13 agosto 2007 negli Stati Uniti.
(da Wikipedia)

sabato 29 settembre 2007

Ballando nudi nel campo della mente

"Ho cominciato a fare uso di droghe fin da bambino. Era mia madre a darmele: mi fece iniziare coi barbiturici. Quando avevo il raffreddore, lei mi comprava un inalatore per benzedrina: potevo sedermi di fronte alla mia insegnante di prima elementare e sniffare tranquillamente".Non sono le memorie del solito hippy scampato agli anni 70 e neppure i ricordi di Mick Jagger, ma un brano di Kary Mullis, Premio Nobel per la Chimica 1993.
Col titolo di "Ballando nudi nel campo della mente" (un titolo che è già un trip) Baldini e Castoldi manda in libreria la prima raccolta di saggi autobiografici di questo eccentrico scienziato, la cui più grande passione nella vita, oltre la chimica, è il surf.
Mullis è lo scopritore della reazione a catena della polimerasi il meccanismo che permette al DNA di riprodursi mica robetta da niente. Ma è anche uno scienziato senza peli sulla lingua, che non ha paura di esternare a chiare lettere quel che pensa. Si dichiara un entusiasta sperimentatore di LSD e contesta vivacemente la messa al bando delle sostanze chimiche per alterare la percezione, marjuana in primis. E' forse l'unico uomo di scienza al mondo ad aver ammesso di… essere stato rapito dagli alieni. Sì, gli accadde una notte del 1985 , in un bosco nei pressi di Mendocino County in California, dopo aver incrociato un procione parlante.
Mullis è anche un accanito sostenitore della teoria secondo la quale l'HIV non sarebbe affatto la causa dell'AIDS.Proprio in merito a questo, ha addirittura ottenuto un assegno di oltre 6000 dollari dal colosso farmaceutico Glaxo, senza aver fatto nulla. La Glaxo infatti l'aveva invitato a tenere una conferenza, ma, pur pagandogli tutte le spese, ha preferito rinunciare al suo intervento quando ha scoperto che Mullis aveva intenzione proprio di toccare il tema dell'AIDS. In seguito a questo episodio, il provocatorio Mullis ha inviato lettere ai più diversi istituti, chiedendo ai responsabili che lo pagassero per evitare le sue scomode conferenze.
Folle, geniale o irresponsabile?Difficile stabilirlo con precisione. Sicuramente si tratta di una mente fuori dal comune. Ma di una cosa possiamo essere certi: che Kary Mullis sia un uomo dotato di grande ironia. Sentite cosa dice sull'amore:"Credo che nel nostro cervello ci sia un luogo riservato alla "tristezza per le storie d'amore finite", che cresce e si sviluppa con il passare degli anni, costringendoci alla fine a farci piacere, contro la nostra volontà, la musica country".