mercoledì 28 maggio 2008

Feste de l’Unità, il nome è tutto

Antonio Padellaro
l'Unità

Le Feste dell’Unità sono le Feste dell’Unità e non basterebbe una intera biblioteca per raccontare, spiegare, esprimere la quantità di sentimenti, di passioni, di valori che questo nome suscita. Ma dire « Festa dell’Unità » è andare oltre il puro significato identitario o politico. È quella cosa li, e non c’è bisogno di aggiungere altro.

Festa dell’Unità è la cosa e il luogo. Anzi, è stato scritto non un luogo fisico ma una dimensione dell’essere. Un nome che definisce se stesso, come avviene per tutti i marchi universalmente riconoscibili, evocativi, e che nessuno si sognerebbe di cambiare.Per questo siamo sicuri di avere mal compreso le indiscrezioni che parlano di un addio alla «Festa dell’Unità», a partire dalla prossima edizione nazionale di Firenze. Ci viene spiegato che il nuovo logo (si parla di «Festa Democratica») e la conseguenza della nascita di un nuovo partito, il Pd, nel quale convivono storie politiche diverse e non più riconducibili ai vecchi ceppi.Siamo altresì convinti che si troverà il modo giusto per far convivere questo e quello, il nuovo e l’antico evitando di cancellare qualcosa che resta comunque nel cuore di milioni di persone.

Lo diciamo sul giornale che si onora di avere dato il nome alle Feste dell’Unità. Ricordando una frase, se non sbagliamo, di Elias Canetti. Che dare un nome alle cose è la più grande e seria consolazione concessa agli umani.

http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=75746

domenica 25 maggio 2008

Perché non s'investe nell'energia solare

di Ettore Cardoni
Megachip

In una recente intervista, Carlo Rubbia (premio Nobel per la fisica, ...proprio come Scajola...) ha dichiarato: "Il petrolio e gli altri combustibili fossili sono in via di esaurimento, ma anche l'uranio è destinato a scarseggiare entro 35-40 anni. Non possiamo continuare perciò a elaborare piani energetici sulla base di previsioni sbagliate che rischiano di portarci fuori strada. Dobbiamo sviluppare la più importante fonte energetica che la natura mette da sempre a nostra disposizione, senza limiti, a costo zero: e cioè il sole che ogni giorno illumina e riscalda la terra".
"Quando è stato costruito l'ultimo reattore in America? Nel 1979, trent'anni fa! Quanto conta il nucleare nella produzione energetica francese? Circa il 20 per cento. Ma i costi altissimi dei loro 59 reattori sono stati sostenuti di fatto dallo Stato per mantenere l'arsenale atomico.

Ricordiamoci che per costruire una centrale nucleare occorrono 8-10 anni di lavoro che la tecnologia proposta si basa su un combustibile, l'uranio appunto, di durata limitata. Poi resta, in tutto il mondo, il problema delle scorie". "Non esiste un nucleare sicuro. O a bassa produzione di scorie. Esiste un calcolo delle probabilità, per cui ogni cento anni un incidente nucleare è possibile: e questo evidentemente aumenta con il numero delle centrali." "Il carbone è la fonte energetica più inquinante, più pericolosa per la salute dell'umanità. Ma non si risolve il problema nascondendo l'anidride carbonica sotto terra. In realtà nessuno dice quanto tempo debba restare, eppure la CO2 dura in media fino a 30 mila anni, contro i 22 mila del plutonio. No, il ritorno al carbone sarebbe drammatico, disastroso". "C'è un impianto per la produzione di energia solare, costruito nel deserto del Nevada su progetto spagnolo. Costa 200 milioni di dollari, produce 64 megawatt e per realizzarlo occorrono solo 18 mesi. Con 20 impianti di questo genere, si produce un terzo dell'elettricità di una centrale nucleare da un gigawatt. E i costi, oggi ancora elevati, si potranno ridurre considerevolmente quando verranno costruiti in gran quantità. Basti pensare che un ipotetico quadrato di specchi, lungo 200 chilometri per ogni lato, potrebbe produrre tutta l'energia necessaria all'intero pianeta. E un'area di queste dimensioni equivale appena allo 0,1 per cento delle zone desertiche del cosiddetto sun-belt. Per rifornire di elettricità un terzo dell'Italia, un'area equivalente a 15 centrali nucleari da un gigawatt, basterebbe un anello solare grande come il raccordo di Roma". "I nuovi impianti solari termodinamici a concentrazione catturano l'energia e la trattengono in speciali contenitori fino a quando serve. Poi, attraverso uno scambiatore di calore, si produce il vapore che muove le turbine. Né più né meno come una diga che, negli impianti idroelettrici, ferma l'acqua e al momento opportuno la rilascia per alimentare la corrente". Se è così semplice, perché allora non si fa? "Il sole non è soggetto ai monopoli. E non paga la bolletta. Mi creda questa è una grande opportunità per il nostro Paese: se non lo faremo noi, molto presto lo faranno gli americani, com'è accaduto del resto per il computer vent'anni fa".

http://www.megachip.info/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&artid=6917

Così ho visto i poliziotti scatenati

da Repubblica

Dalla professoressa Elisa Di Guida, docente di storia e filosofia in un liceo di Napoli, riceviamo questa testimonianza suglia scontri di ieri sera a Chiaiano: "Io sono nata in quella zona - ci ha raccontato per telefono - ma non abito più lì da tempo. Però mi sento legata a quella gente e a questa brutta vicenda. Così ieri sera ero lì e ho visto cose terribili. Ho avuto la sensazione che tutto fosse preparato, che la polizia abbia caricato improvvisamente senza una ragione, una scintilla. Perciò ho deciso di provare a scrivere quello che avevo visto". Ecco il racconto della professoressa Di Guida "Datemi voce e spazio perché sui giornali di domani non si leggerà quello che è accaduto. Si leggerà che i manifestanti di Chiaiano sono entrati in contatto con la polizia. Ma io ero lì. E la storia è un'altra". "Alle 20 e 20 almeno 100 uomini, tra poliziotti, carabinieri e guardie di finanza hanno caricato la gente inerme. In prima fila non solo uomini, ma donne di ogni età e persone anziane. Cittadini tenaci ma civili - davanti agli occhi vedo ancora le loro mani alzate - che, nel tratto estremo di via Santa Maria a Cubito, presidiavano un incrocio. Tra le 19,05 e le 20,20 i due schieramenti si sono solo fronteggiati. Poi la polizia, in tenuta antisommossa, ha iniziato a caricare. La scena sembrava surreale: a guardarli dall'alto, i poliziotti sembravano solo procedere in avanti. Ma chi era per strada ne ha apprezzato la tecnica. Calci negli stinchi, colpi alle ginocchia con la parte estrema e bassa del manganello. I migliori strappavano orologi o braccialetti. Così, nel vano tentativo di recuperali, c'era chi abbassava le mani e veniva trascinato a terra per i polsi. La loro avanzata non ha risparmiato nessuno. Mi ha colpito soprattutto la violenza contro le donne: tantissime sono state spinte a terra, graffiate, strattonate. Dietro la plastica dei caschi, mi restano nella memoria gli occhi indifferenti, senza battiti di ciglia dei poliziotti. Quando sono scappata, più per la sorpresa che per la paura, trascinavano via due giovani uomini mentre tante donne erano sull'asfalto, livide di paura e rannicchiate. La gente urlava ma non rispondeva alla violenza, inveiva - invece - contro i giornalisti, al sicuro sul balcone di una pizzeria, impegnati nel fotografare".
"Chiusa ogni via di accesso, alle 21, le camionette erano già almeno venti. Ma la gente di Chiaiano non se ne era andata. Alle 21.30, oltre 1000 persone erano ancora in strada. La storia è questa. Datemi voce e spazio. Perché si sappia quello che è accaduto. Lo stato di polizia e l'atmosfera violenta di questa sera somigliano troppo a quelli dei regimi totalitaristi. Proprio quelli di cui racconto, con orrore, ai miei studenti durante le lezioni di storia".

Elisa Di Guida (docente di Storia e Filosofia - Napoli)
http://www.repubblica.it/2008/05/sezioni/cronaca/rifiuti-8/racconto-prof/racconto-prof.html

domenica 18 maggio 2008

Silvio e la Mela Avvelenata

di Fabio Greggio

da Movimento RadicalSocialista

La Destra che ha stravinto si è resa conto che non basta berlusconizzare il Paese. Una destra zeppa di ceffi passati in giudicato, di collusi con la mafia, di tangentisti riciclati, di pseudosocialisti condannati, di fascisti travestiti da statisti, di servitori del Padrone, ha bisogno della legittimazione. Non basta vincere, occorre una nuova verginità che nasce dalla legittimazione ottenuta dal responso elettorale strappata con un apparato massmediatico che non ha paragoni in nessun paese occidentale, con l'appoggio dei poteri forti, della piccola e media borghesia, con una Chiesa accondiscendente, con una sinistra radicale ormai fuori dalla storia e con quel che resta della sinistra, ormai plagiata dalla nuova ondata della destra neoconservatrice e normalizzata dal buonismo veltroniano.

Per la Destra berlusconiana è priorità la normalizzazione della politica attraverso la quale ottenere la legittimazione definitiva anche dalla sinistra, dopo quindici anni trascorsi fra veleni, denuncie, messe al bando, girotondi, scandali, obbrobri politici. Ora e solo ora, alla luce di una maggioranza schiacciante, la Destra offre la sua mela avvelenata al Veltronismo, unico rappresentante in pectore della Caporetto elettorale: collaborazione e comprensione, fino a ventilare un Governo Costituente pur di cancellare tutte le macchie di ogni singolo ceffo. La mela avvelenata non è solo questo, ma anche una reciproca messa al bando di quelle schegge impazzite, spesso nemmeno propriamente appartenenti alla sinistra, che continuano imperterrite il loro lavoro di denuncia e che non hanno capito che una legittimazione elettorale non può che dipingerli come tanti Don Chichotte, falsari, reazionari, pericolosi tomi, minaccia della democrazia popolare.

Alla richiesta implicita della Destra di legittimare posizioni come quella di Schifani, Dell'Utri, Previti, Berlusconi e di altri giannizzeri riciclati dopo Mani Pulite, si offre la possibilità di costruire un Paese normale. Un'operazione dalla quale non ci sarà ritorno, quasi un timbro definitivo sui trascorsi di questi figuri per la cui legittimazione la Destra è disposta a dialogare con l'ex Comunista Napolitano, a riconoscere il 25 aprile e il primo maggio attraverso le parole dell'ex neofascista Fini, a promettere battaglie contro l'evasione fiscale, tema tanto caro alla sinistra, a non toccare i tetti pensionistici, perfino a promettere di tassare i poteri forti come le Banche. Una specie di patto implicito sui temi tanto cari al Laburista de Noantri, Veltroni, cui, è risaputo, i vernissages e le operazioni di facciata sono sempre piaciute molto.

Ma la mela offerta dalla Destra è avvelenata per più di un motivo. E'avvelenata perché non è sicuro che dopo la legittimazione degli status degli uomini della destra seguano poi i fatti, perché troppe volte alle promesse del Capo sono seguiti ripensamenti e voltafaccia plateali al limite della decenza, perché lo scotto della Bicamerale è ancora caldo, perché sono anni che si va avanti a forza di "sono stato frainteso". Ma soprattutto perché non è menzionato il ganglio vitale del potere berlusconiano: i media. Nulla sul conflitto d'interessi, nulla sulla situazione anomala che a breve riporterà sei TV in mano a Berlusconi, nulla sullo strapotere editoriale del Presidente del Consiglio. Insomma una richiesta di legittimazione fatta con la clava mediatica in mano, quasi una gentile richiesta strappata a forza. In cambio la Destra non chiede solo la normalizzazione dell'anormalità, la legalizzazione delle illegalità, la collaborazione con istituzioni rappresentate da insostenibili figuri. Essa chiede anche la collaborazione a decapitare le teste calde che continuano, imperterrite a demolire le losche figure dell'universo berlusconiano: Travaglio, Grillo, Santoro, Di Pietro e altre figure minori che non si sono mai arrese alla singolare situazione italiana e ne denunciano continuamente l'insostenibilità democratica. La Sinistra pacioccona di Veltroni accetta. E i risultati iniziano a manifestarsi.
Travaglio, da sempre icona incontrastata dell'antiberlusconismo di tutte le sinistre, non è più difeso nelle sue arringhe accusatrici. Da Finocchiaro a D'Alema, da Fassino a tutta la melassa liberal-social-catto-democratica hanno condannato affermazioni che fino a ieri erano elenchi di fatti oggettivi sottoscritti da tutti. Con la sola esclusione di Di Pietro che, forte del suo 5%, diventa l'unico paladino del Centrosinistra nel perseguire anormalità, inciuci, denuncie di fatti paradossali per un Paese democratico occidentale.
Mentana organizza per Di Pietro, anzi, un'operazione che era fino a ieri tipicamente di Bruno Vespa: una trasmissione linciaggio dove lui per primo, con supporter insopportabili come Facci e Gasparri, metterà in pratica tutte quelle regole massmediatiche tipiche per demolire e ridicolizzare il malcapitato, il quale, infatti, mentre parla subisce: interruzioni continue, inquadrature di teste che scuotono la testa sconsolate, commenti ad alta voce degli altri ospiti cui non è stato chiuso il microfono, sospiri amplificati, sovrapposizioni di più voci indignate, incitazioni continue come "Basta!, Smettila!", inquadrature con mani giunte e occhi al cielo, servizi esplicativi sperticatamente di parte.

Insomma la Destra offre collaborazione, clima pacato e costruttivo, politiche care alla sinistra, decisioni costituenti, buon senso spalmato a piene mani, normalizzazione dei rapporti; in cambio chiede la colpevolizzazione definitiva dei ribelli e la legittimazione definitiva dei suoi quadri, a prescindere dalla loro storia giudiziaria, dalle loro posizioni di conflitti, dall'innalzamento a grado di "normale" per ceffi estremisti, neofascisti e perfino neonazisti. Ma non molla di un millimetro sulla supremazia nei mass media. Anzi non ne fa cenno, non ne parla più. Non si parla più della situazione illegale di Rete 4 ed Europa 7 che rischia di farci pagare penali salate, non si parla dell'obbrobrio televisivo, non si parla della supremazia insostenibile di uomini di destra nel mondo dell'informazione. Il patto prevede solo un reciproco scambio buon senso e alcuni favori. La Destra lascia intendere che rinuncia ad un Governo forte, quale sarebbe nelle cose qualora decidesse di far valere i numeri, in cambio di collaborazione. Collaborazione con Napolitano, Veltroni, perfino con i Sindacati. Schifani rimpiange perfino la sinistra che non è più in Parlamento e pensa ad operazioni di recupero.

Ma c'è chi vede sotto questa coltre di buonismo inaspettato ed insolito un tranello. Dopo la legittimazione, forti della nuova verginità che le sinistre non potrebbero più rimangiarsi, la Destra berlusconiana potrebbe, con un escamotage, rovesciare il tavolo delle trattative e urlare all'impossibilità di venire a patti con coloro che potrebbero tornare ad essere comunisti di sempre, mai cambianti dentro . Il che sarebbe l'anticamera ad un'azione di governo ben più forte, quasi obbligatoria perché con questa sinistra è inutile e impossibile collaborare. Doppio risultato alla fine: legittimazione non più sindacabile e l'obbligo di fare unilateralmente le riforme per il Paese perché non c'è collaborazione. Con i numeri schiaccianti, con la legittimazione in tasca, con la finta rabbia di dover governare da soli, con le teste dei ribelli nel canestro, con i media intatti, con un Paese in continua lobotomizzazione nelle informazioni, con i poteri forti tutti incondizionatamente a favore, con la sinistra radicale sparita.

Ci sarebbe davvero la possibilità di un regime destabilizzante, legittimato. La dittatura soffice La mela ormai sarebbe morsa. La mela sarebbe dentro di noi, ineluttabilmente avvelenata

sabato 17 maggio 2008

«Veggie Pride» e l'etica del cibo

Marinella Correggia
il Manifesto

da Come Don Chisciotte

Era il 2001 quando si svolse per la prima volta la «marcia dell'orgoglio vegetariano» a Parigi. Nel paese d'Oltralpe tuttora chi si nutre senza prodotti animali non di rado è preso in giro. In Italia il movimento vegetariano e vegan - da molto tempo diffusissimo nei paesi anglosassoni, e da millenni una caratteristica dell'India - è ormai «sdoganato»; non succede più, come nei decenni scorsi, di suscitare ilarità o condanna. Rimane però un certa incomprensione sulla ragione di fondo della scelta: il rispetto della vita degli animali. Così molti vegetariani e vegan preferiscono nascondere la motivazione empatica ed elencare quelle ormai diventate abbastanza consensuali, almeno in teoria: le emergenze ecologiche, la fame nel mondo, la salute, o il disgusto personale.
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lunedì 12 maggio 2008

Gli straordinari giovani giudici dell'Honduras

di Gennaro Carotenuto
Giornalismo Partecipativo

Chissà come si può fare per accendere un po’ di luce sulla lotta della magistratura dell’Honduras, da 35 giorni in sciopero della fame contro la corruzione nel paese centroamericano. Un paese periferico, completamente fuori dall’interesse dei media, lottando contro un fenomeno considerato normale, ineluttabile, al quale è meglio adeguarsi, "ma tu non tieni famiglia?"
Più di un mese fa hanno cominciato quattro giovani magistrati nel Palazzo legislativo di Tegucigalpa.

Oggi hanno l’appoggio di migliaia di persone. Hanno chiesto che il procuratore generale, Leónidas Rosa, e il suo vice, Omar Cerna, fossero rimossi dal loro incarico. Sono i vertici di un potere giudiziario tutt’altro che indipendente e profondamente compenetrato con gli altri poteri, quello legislativo, quello esecutivo e con l’immanente potere economico, quello dei soldi, quello reale che non ha nulla a che vedere con la democrazia... Continua su Giornalismo Partecipativo

Il fattore incompetenza

di Giovanni Sartori
Corriere.it

Parecchi italiani tornano a sperare. I partitini sono stati spazzati via, la squadra di governo è stata messa assieme in pochi giorni, e il cosiddetto Berlusconi IV durerà, si prevede, cinque anni. Tutto bello e bene. Ma ci sono anche cose che non vanno bene. E l'aspetto che mi colpisce di più del nuovo governo è la quasi totale e abissale incompetenza (impreparazione, inesperienza) dei suoi componenti. Salvo pochissime eccezioni (Tremonti, Sacconi, Brunetta) l'incompetenza regna sovrana.
Si dirà che è sempre stato così sin da quando la Dc inventò il manuale Cencelli per la spartizione dei posti di governo. Però proprio così no. Ai tempi del dominio Dc non c'era alternanza. Inoltre vigeva la convenzione dei governi «brevi». Pertanto il potere veniva spartito in rapida rotazione pescando sempre nella stessa nomenklatura. Il che consentiva a tutti di tornare più volte al potere, e così finiva che molti tornassero a ministeri che avevano già guidato. La competenza valeva poco anche allora; ma la prassi finiva per produrre ministri che si erano man mano addestrati. Oggi non è più così. E il manuale Cancelli è testé stato perfezionato dal manuale Verdini (un sistema di punteggio per le posizioni di potere che determina i posti assegnati a Fi, An e Lega). Senza contare che se uno sbaglia una volta e poi continua a malfare cento volte, alla fine il danno è centuplicato. Difatti è per questo che oggi siamo, nell'Occidente, quasi in fondo in quasi tutte le graduatorie. Facciamo qualche esempio.
I ministeri particolarmente importanti e difficili sono oggi Interni (Maroni), Riforme (Bossi), Giustizia (Angelino Alfano), Istruzione (Mariastella Gelmini), Ambiente (Prestigiacomo). Mi soffermo su quest'ultimo. Il ministero dell'Ambiente esiste da tempo, ma nessuno se ne è accorto. Pecoraro Scanio, il ministro uscente, verrà ricordato per aver bloccato i termovalorizzatori a Napoli; e il suo predecessore Altero Matteoli (oggi alle Infrastrutture) non lascia alcun ricordo: è un eolico, va dove il vento lo porta. Il fatto è che i nostri ambientalisti difendono soltanto il territorio (e neanche tanto: i nostri boschi bruciano ogni anno senza che i Verdi si scuotano granché), bellamente ignorando i problemi globali dell'ecologia: inquinamento di terra e cielo, riscaldamento della terra, modificazione del clima, eccetera.
Anche se abbiamo sottoscritto gli accordi di Kyoto, le nostre emissioni di gas inquinanti continuano a crescere. Ed ecco che all'Ambiente va Stefania Prestigiacomo, senza dubbio qualificata in bellezza ma non in ecologia. Sono anche a qualificazione zero il ministro della Giustizia Alfano e il Ministro dell'Istruzione, una leggiadra ma ignotissima Mariastella Gelmini (34 anni, coordinatrice regionale di FI in Lombardia). E così via. Non mi posso dilungare. Ma sono pronto a scommettere che se all'attuale squadra del governo Berlusconi venissero affidate Mediaset, Fiat, Eni, Luxottica e simili, in pochissimo tempo diventerebbero altrettante Alitalia. Il Cavaliere si vanta di essere un imprenditore. Perché non ci spiega, allora, come mai applica all'azienda Italia criteri di reclutamento che certo non applicherebbe alle sue aziende?

http://www.corriere.it/editoriali/08_maggio_10/editoriale_sartori_fattore_incompetenza_e4382b5c-1e4f-11dd-8f64-00144f486ba6.shtml

martedì 6 maggio 2008

Redditi online, non c'è alcuna violazione di legge

Un magistrato scrive a Repubblica. Argomento: il vespaio suscitato dalla pubblicazione delle dichiarazioni dei redditi on line.

Da wittgenstein

Call Center, la vita della generazione “usa e getta”

di Roberto Loddo

Chi lavora in un call center rappresenta l'immagine disperata di una generazione, che, diversamente dalle precedenti, è segnata dalla completa incertezza del presente e dalla certezza della precarietà nel futuro. Chi lavora nei call center vive in mezzo a continui controlli di produttività, accompagnati da occasioni di lavoro poco qualificate, poco retribuite, poco stabili e poco tutelate, con ricorrenti e prolungati periodi di totale assenza di lavoro. Immagina il futuro appeso ad una cornetta telefonica e un paio di cuffie.

Fa parte di una generazione sfigata, che ha visto perdere i diritti e le conquiste sociali combattute dalle battaglie dei genitori, ed è cosciente che le uniche cose che vanno al di là dei pochi soldi che riceverà, sono le incertezze, e in alcuni casi anche il mobbing. Questo lavoro nella sua immagine più infame è usurante, con rischi psicologici e fisici ancora non definiti per la salute.

Usando una metafora un po' abusata, si può dire che anche il mondo dei call center è fatto a scale; sui singoli gradini stanno diverse tipologie di lavoratori: qualcuno un po' più in alto, qualcun altro un po' più in basso. Operatori, Team Leaders, SuperVisors, Back Office e CallCenter-Managers, indicano un vertice di situazioni lavorative differenti. call center è definito “inbound” quell'operatore che lavora in ricezione telefonate: è il cliente a chiamare il call center, e il lavoratore si limita a rispondere alle domande o a fornire l'assistenza richiesta. Viceversa si definisce “outbound” quell'operatore che lavora sulle telefonate in uscita. E' il call center, attraverso questo operatore, che contatta i clienti chiamandoli al telefono (soprattutto a quello di casa) per proporre offerte, prodotti o fare sondaggi e inchieste di mercato.

Un azienda outbound, può scegliere come far lavorare i propri operatori in 3 differenti modalità: con un telefono e una lista cartacea di nominativi, con un telefono e un pc in cui scorrono i nominativi da contattare, oppure con un pc già programmato su una lista di chiamate da fare che partono in automatico: sarà poi l'operatore, una volta che il cliente avrà risposto, a “condurre” la conversazione con griglia di domande precostituita fornita dall'azienda. In genere anche le forme di saluto, i convenevoli, le risposte da fornire al cliente sono codificate e vengono fornite attraverso appositi manuali o corsi precedenti all'assunzione.

Tra i call center inbound di Telecom, Tiscali o Sky, che applicano il contratto collettivo nazionale sulle telecomunicazioni e la minuscola azienda outbound Cagliaritana che lavora su appalti pagando lavoratori occasionali a provvigioni con un contratto a progetto, la distanza è notevole. Dai dati della Assocontact l'associazione di imprese aderente alla Confindustria, call center italiani lavorano circa 250 mila addetti. Di questi,170 mila, sono stati contrattualizzati. Resterebbero fuori almeno 42 mila operatori, in gran parte outbound, cui le aziende non riconoscono il diritto automatico al contratto da dipendenti in forza della Circolare Damiano che permette il contratto a progetto per questo tipo di lavoratori.

La precarietà nasce da un viaggio di crudeltà che ci travolge dai primi anni 90”. Dal varo delle politiche di concertazione, dall'abolizione della scala mobile, dall'atteggiamento di tregua sociale tra governo e sindacati confederali, dai cosiddetti governi tecnici del 92” e del 93” fino ad arrivare al famigerato “pacchetto Treu”. L'approvazione del maxidecreto del governo Berlusconi per la legge delega sul lavoro: La legge 30, una mostruosità legislativa che ha come fine ultimo quello di rendere sempre più solo il lavoratore, mentre l'azienda è sempre meno responsabile, ed il padrone ha di fronte a se nuovi affari e fiumi di denaro.

Reagire alla precarietà significa costruire e sviluppare un forte movimento dei precari telematici, ascoltando i bisogni di chi si trova nelle nostre stesse condizioni di vita lavorativa, senza dare risposte preconfezionate, dobbiamo identificarci collettivamente e indagare la composizione del mondo del lavoro precario. Non potremmo mai andare avanti nel percorso di lotta alla precarietà, se prima non arriviamo a capire chi siamo.

Reagire alla precarietà significa anche lottare per il riconoscimento dei diritti del lavoratore a progetto, inteso come persona, portatrice di diritti, e non solo come risorsa da sfruttare. Riconquistiamo il diritto ad avere una casa fare una famiglia, lottando per la rimodulazione dei compensi che preveda buste paga non al di sotto del limite di povertà.Una settimana fa, è nato il Blog per la rete dei precari dei call center di Cagliari, http://precarinlinea.blogspot.com/ uno spazio di dialogo, confronto e fantasia. Chiunque faccia parte di questo mondo, chiunque si senta sfruttato, o felice di lavorare a progetto, può scrivere e raccontare la sua storia. Anche chi dirige o possiede un call center,può raccontare le proprie esperienze dirigenziali, poiché il blog non è nato per contrastarli, ma per creare dialogo e confronto, alla pari, anche con loro.

http://www.megachip.info/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&artid=6715