domenica 30 dicembre 2007

Il "lato oscuro" della medicina

Massimo Mazzucco

Fonte: New York Times

Se un inventore si presentasse in un centro di ricerca sul cancro con una specie di “raggio spaziale” fatto in casa, sostenendo che con questo aggeggio riesce a colpire i tumori e ucciderli dovunque essi siano, nella migliore delle ipotesi riceverebbe uno sputo in un occhio. Nella peggiore finirebbe invece sotto processo per tentata frode ai danni dei malati di cancro, poichè il suo metodo “non è scientificamente dimostrato”.Se invece l’idea viene agli “scienziati” quelli veri, e se la macchina, invece di essere un alambicco fatto con quattro lattine di pelati e due fili del telefono, fosse un “acceleratore di protoni” dell’ultima generazione, allora gli ospedali di mezza America si getterebbero a capofitto per essere i primi a poterne disporre, e del fatto che il metodo “non sia scientificamente dimostrato” se ne batterebbero tutti sonoramente le ali.Perchè questa differenza? In fondo, nessuno dei due metodi dà la minima garanzia di successo: perchè quindi scartare a priori che l’inventore possa essere il genio del millennio, e non presupporre che quelli dell’acceleratore stiano invece per prendere la millesima cantonata dell’ultimo secolo? E’ molto semplice: perchè il baracchino artigianale è costato all’inventore ventidue dollari più le tasse, ...
http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=2328

2029, ANNUS HORRIBILIS?

di Gino Nobili

(... ) La Terra è in riserva, e in pochi ne siamo tanto consapevoli da rinunciare alle scarpe nuove se quelle vecchie non sono ancora sfondate, da non gettare un indumento solo perché non è più alla moda, da mangiare poca carne e il pane del giorno prima, decidendo il menu sulla base di quello che scade prima in frigo. Non lo siamo perché siamo cresciuti in un sistema che ci sprona anzi allo spreco perché “fa PIL”. Eppure è da qui che bisogna partire, da comportamenti che già solo i nostri padri avevano, dalla saggezza popolare: andiamo dai nonni, non dagli esperti di finanza creativa. Quelli ci hanno consegnato il mondo attraverso i millenni, questi ce lo stanno per distruggere.(...)
Futuro ed economia in questo bell'articolo di Gino Nobili su Contrappunti
http://www.contrappunti.info/ma/index.php?option=com_content&task=view&id=510&Itemid=1

venerdì 21 dicembre 2007

L’eternauta e altre poesie



di Luigi Socci

Nazione Indiana


Hector German Oesterheld (Buenos Aires, 1919- 1977 ?) è considerato uno dei padri del fumetto (historietas) sudamericano. Editore, sceneggiatore e narratore in proprio, della sua sterminata produzione vanno ricordate almeno le collaborazioni con disegnatori quali Hugo Pratt (Ernie Pike e Sergente Kirk ), Alberto Breccia (Mort Cinder) e quella con Francisco Solano Lopez per la creazione, nel 1957, del loro fumetto fantascientifico di maggior successo mondiale : L’Eternauta. Desaparecido dal 1977, svanì portando con sé ben quattro giovani figlie (di cui due incinte) e due generi.

http://www.nazioneindiana.com/2007/12/18/leternauta-e-altre-poesie/#more-5008

Ferrovie dello Stato – Svendita continua

di Nicoletta Forcheri

LuogoComune

Il blocco dei fondi alle Ferrovie dello Stato, annunciato due settimane fa dal Ministro delle infrastrutture Di Pietro, sarà apparsa idea balzana a qualcheduno: essendo in uno stato pietoso, non equivale a dar loro la mazzata finale? Se l'intento era rimetterle in sesto, penso che si possa dire sin d'ora che non sarà conseguito. Ma la realtà è molto più complessa.

FS capo holdingLe FS, negli ultimi anni hanno subìto varie e successive trasformazioni passando da azienda autonoma a ente pubblico, fino a diventare una holding con una costellazione di società di cui almeno 7 direttamente e 17 indirettamente controllate al 100%, e numerose collegate e partecipate. Alcune hanno già cominciato ad essere parzialmente cedute a privati come Grandi Stazioni SPA (60%), Centostazioni SpA (60%) e la Sogin Srl (55%, società che controlla la Sita, società delle corriere regionali toscane). Il patrimonio immobiliare ferroviario è gestito e ceduto, attraverso la Ferrovie Real Estate SpA, l’ultima società nata del Gruppo (2003) per la “vendita del patrimonio immobiliare non più strumentato all’esercizio ferroviario, assegnatole tramite atto di scissione parziale dalla società RFI (…)”.

Il Gruppo fa uso di strumenti derivati nell’ambito “di strategie di copertura finalizzate alla gestione del rischio di tasso d’interesse”, soprattutto in nome e per conto della società Trenitalia SpA, proprio quella che guarda caso, assieme a RFI, ha conservato maggiormente il principale interesse pubblico ferroviario propriamente detto: un totale di 15 contratti derivati, nel 2006, sui tassi d’interesse per un valore nominale complessivo di 979,3 milioni di euro oltre a 165,3 milioni di euro per altri tre contratti all’inizio del 2007. Ma anche per conto della TAV SpA…Nel disposto della legge finanziaria 2007 sono stati trasferiti allo Stato i debiti verso la Cassa di Depositi e Risparmio ...... per un accollo totale di ben quasi 13 miliardi di euro!La maggioranza delle società del gruppo Ferrovie dello Stato sono o in perdita (FS: -345 M, Trenitalia -327,7M) o quasi in perdita. Spiccano però nettamente i risultati d’esercizio, a fine 2006, della Ferrovie Real Estate SpA, che vanta ben 185,5 milioni di utili; si salvano anche la finanziaria del Gruppo Fercredit SpA (5,1 M), e le immobiliari Grandi Stazioni SpA (13 M) e Centostazioni SpA (2,5M), già parzialmente privatizzate. Si salvano cioè i reparti finanziari e immobiliari mentre colano a picco, gravate anche dai derivati, Trenitalia, RFI e FS…
continua al link http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=2316

giovedì 20 dicembre 2007

Il Problema di Monty Hall

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il problema di Monty Hall è un noto paradosso della teoria della probabilità, legato al gioco a premi americano Let's Make a Deal. Il nome viene da quello del conduttore dello show, Maurice Halprin, noto con lo pseudonimo di Monty Hall.
In questo gioco, vengono mostrate a un giocatore tre porte chiuse; al di là di una c'è un'automobile e dietro ciascuna delle altre due si nasconde una capra.
Al giocatore è permesso aprire una porta, e tenersi ciò che si trova di là da essa. Ad ogni modo, dopo che il giocatore ha selezionato una porta, ma non l'ha ancora aperta, il conduttore dello show (che conosce ciò che si trova dietro ogni porta) deve aprire un'altra porta, rivelando una delle due capre. Il conduttore offre a quel punto al giocatore la possibilità di cambiare la propria scelta iniziale, passando all'unica porta restante.
Passare all'altra porta migliora le chance del giocatore di vincere l'automobile?

La risposta al link
http://it.wikipedia.org/wiki/Problema_di_Monty_Hall

Una strage di stato mai chiamata come tale

di Paolo Franceschetti

http://paolofranceschetti.blogspot.com


Premessa.

Ho deciso di scrivere questo articolo dopo la vicenda del perito nella vicenda Moby Prince, sfuggito per miracolo alla morte; qualche giorno fa l’uomo, dopo essere stato narcotizzato da 4 persone incappucciate è stato poi messo in un auto a cui hanno dato fuoco. Si è salvato per un pelo, essendosi risvegliato in tempo dal narcotico. L’incidente è identico a molti altri capitati a testimoni di processi importanti della storia d’Italia. Non tutti però sanno che gli stessi identici incidenti sono capitati a molti dei testimoni nella vicenda del mostro di Firenze.

Nella vicenda del mostro di Firenze è stato scritto tanto. E i dubbi sono tanti. Pacciani era davvero colpevole? C’erano veramente dei mandanti che commissionavano gli omicidi? Pochi si sono occupati invece di un aspetto particolare di questa vicenda: i depistaggi, le coperture eccellenti, le morti sospetteLa vicenda del mostro, in effetti, per anni è stata considerata come un giallo in cui occorreva trovare il serial killer. In realtà la vicenda può essere guardata da una prospettiva assolutamente diversa, cioè quella tipica di tutte le stragi di stato italiane: l’ostinato occultamento delle prove affinché non si giunga alla verità, grazie al coinvolgimento della massoneria e dei servizi segreti; l’inefficienza degli apparati statali nel reprimere queste situazioni; l’impreparazione culturale quando si tratta di affrontare questioni che esulano da un nomale omicidio o rapina in banca e si toccano temi esoterici.

Ripercorriamo quindi le tappe della vicenda per poi trarre le nostre conclusioni. Con la dovuta avvertenza che il nostro articolo non è volto a individuare nuove piste; non vogliamo discutere se Pacciani fosse o no colpevole, se il mostro fosse uno solo o fosse un gruppo organizzato, se dietro ai delitti del mostro ci sia la Rosa Rossa, come si è ipotizzato, o altre sette sataniche. Vogliamo analizzare la cosa dal punto di vista prettamente giuridico, evidenziando alcuni dati che nessuno finora ha abbastanza trattato.

Continua al link
http://paolofranceschetti.blogspot.com/2007/12/il-mostro-di-firenze-quella-piovra-che.html

QUANDO LA DISINFORMAZIONE E’ TUTTO

La strage del Moby Prince. 140 morti, l’ennesima vergogna italiana

di Solange Manfredi
http://paolofranceschetti.blogspot.com/

I giornali di questi giorni riportano la notizia dell’aggressione a un consulente tecnico che si occupa della vicenda del Moby Prince. Aggredito da 4 persone con il passamontagna è stato immobilizzato, stordito con una sostanza spray e scaraventato nell’auto a cui poi hanno dato fuoco. Fortunatamente è riuscito a salvarsi.

Anche l’avvocato Carlo Palermo, legale delle vittime del Moby Prince, da quando ha ripreso in mano il caso, ha già ricevuto numerose intimidazioni e minacce. Perché?Era la sera del 10 aprile 1991 quando 140 persone morirono bruciate sul Moby Prince davanti al porto di Livorno. Se domandi a qualcuno cosa causò la tragedia ancora oggi ti senti rispondere: c’era una fitta nebbia, l’equipaggio era davanti alla televisione a vedere una partita di calcio e, a causa di una manovra incauta, è entrato in collisione con la Petroliera Agip Abruzzi. In soldoni la causa della tragedia è da attribuirsi a nebbia e negligenza. Questo d’altronde è quanto affermato, nelle loro conclusioni, dalle Commissioni di Inchiesta della Capitaneria di Porto di Livorno e del Ministero della Marina Mercantile. Ma se è così perché chi si occupa del caso è vittima di intimidazioni, minacce o tentati omicidi? La risposta è semplice: quello che è stato detto è falso e la verità non deve venire fuori.Con Ustica successe la stessa cosa.

Ricordate? Anche in quel caso la Commissione di inchiesta stabilì l’aereo Itavia era caduto per un cedimento strutturale. Non a caso la strage del Moby Prince viene chiamata l’Ustica del mare. Certe “vergogne” devono restare nascoste e quando qualcuno lotta per far emergere la verità ecco che il collaudato meccanismo si rimette in moto: isolamento, calunnie, intimidazioni, minacce e, se queste non bastano a far desistere, ecco le immancabili morti mascherate da suicidio od incidente. Ma la domanda che sorge spontanea a questo punto è: chi è che uccide con queste modalità? La mafia? La ‘ndrangheta? La camorra? Il terrorista? Un inesperto rapinatore? Indovinate un po’? La risposta non è difficile ma prima di rispondere poniamoci un’altra domanda: cosa successe la sera della strage del Moby Prince al porto di Livorno e quali sono i soggetti coinvolti?Per sapere la verità sulla tragedia del Moby Prince non si deve fare chissà quali ipotesi fanatasiose, non si deve aderire a strampalate ipotesi degli amanti dei complotti o altro, basta leggere gli atti, i documenti, le testimonianze (lavoro che la maggior parte dei giornalisti hanno dimenticato da tempo, trasformatisi, ormai, in megafono dei poteri forti ) ed ecco che allora si scopre che:
- quella sera la visibilità era perfetta, nessuna nebbia né prima, né durante né subito dopo la collisione (come dimostrano foto, e video amatoriali, uno dei quali trasmesso anche dal TG1);- nessuno dell’equipaggio stava guardando la partita (nella cabina di comando non vi erano televisori);
- l’impatto non è stato improvviso. Tutti i passeggeri erano nel salone De Lux (stanza provvista di porte tagliafuoco) con bagagli e giubbotti di salvataggio. Questo significa che erano stati richiamati dalle cabine presso cui si trovavano, alcuni stavano mettendo a letto i bambini, invitati a rifare i bagagli, indossare i giubbotti e radunarsi nel salone, là dove sono stati trovati. Nessuno dei corpi presentava traumi. Difficile conciliare tutto ciò con un impatto improvviso causato dalla negligenza dal personale che guardava la partita;- Nel corso della lunga procedura, che ha portato tutti i passeggeri con bagagli e giubbotti salvagente nel salone, nell’impossibilità di manovrare la nave, impossibilità di comunicare, come se un cono d’ombra avesse fatto impazzire tutte le strumentazioni di bordo;
- Le persone a bordo del Moby Prince non sono morte in pochi minuti, ma dopo ore come dimostrano le autopsie;
- I soccorsi, partiti immediatamente si sono diretti tutti sulla Agip Abruzzi. Nessuno verso la Moby Prince che, abbandonata, viene lasciata andare alla deriva in fiamme… con il suo carico di passeggeri che, diligentemente, aspettano di essere salvati. Moriranno dopo ore di paura e disperazione. Eppure la Moby era visibile come dimostra la vicenda di due semplici ormeggiatori che, con la loro piccola imbarcazione priva di strumentazione, accorrono spontaneamente a prestare i soccorsi e salvano l’unico sopravvissuto: il mozzo Barnard. E sono ancora loro che, venuti a sapere che ci sono altri passeggeri, comunicano via radio alla capitaneria di porto la loro posizione e che ci sono persone da salvare. Niente, la Capitaneria di Porto rimane silente. I vertici della capitaneria, che dovrebbero coordinare le operazioni di salvataggio, tacciono per più di 5 ore. Mentre i soccorritori aspettano istruzioni sulla Moby si muore.

- Soccorsi impossibili? Assolutamente no. I responsabili sosterranno che, data la temperatura delle lamiere, era impossibile salire sul Moby Prince. Falso perché quella maledetta notte alle ore 3.30 un semplice marinaio, Giovanni Veneruso, senza alcun tipo di indumento ignifugo, con il suo rimorchiatore privato decide di avvicinarsi al traghetto ed agganciarlo, mentre le motovedette della Capitaneria osservano immobili a distanza. Tocca le lamiere con le mani, nessun problema, sale, ma ha appena il tempo di guardarsi intorno quando arriva l’ordine di ritornare immediatamente sul rimorchiatore. Nessuno si deve avvicinare, nessuno deve salire sul Moby Prince. Perché?Come nella migliore tradizione italiana anche in questo caso troviamo:- testimoni non ascoltati;- responsabili di quella notte non interrogati;
- tracciati radar non acquisiti, negati, distrutti;
- posizioni delle navi in rada non accertate;
- fascicoli scomparsi dalla Procura;
- relazioni sparite;- scatole nere distrutte;
- giornali di bordo dimenticati;
- manomissioni e sabotaggi operati sul relitto del Moby Prince;
- tracce di esplosivo militare a bordo del Moby mai considerati;- nastri registrati scomparsi;- cassette VHS manomesse;
- elicottero militare che sorvolava la zona al momento della collisione dimenticato;-
- navi “fantasma “ che si allontanano dal luogo dell’impatto velocemente;
- presenza di pescherecci italo-somali i cui nomi ritroveremo tristemente nell’omicidio di Ilaria Alpi;
- ufficiali che quella sera vedono, e relazionano, su movimentazioni di materiale bellico tra navi nel porto di Livorno ma i cui rapporti scompaiono;
- alcuni importanti documenti che confermano che nella rada di Livorno era in corso una operazione destinata a rimanere “coperta” e che coinvolgeva un numero imprecisato di imbarcazioni;- 5 navi militari americane cariche di armi provenienti dal Golfo Persico dove si era appena conclusa l’operazione Desert Storm;
- Il relitto della Moby Prince fatto demolire in fretta, lontano dall’Italia, in Turchia, ad Allaga, località tristemente nota, come più volte denunciato da Greenpeace, perché specializzata in far sparire di navi pericolose;- ecc..ecc.., ecc...

Ancora un dato. Come già detto quella sera nel porto di Livorno vi erano 5 navi americane militarizzate cariche di armi, una operazione che doveva restare coperta e movimentazioni di materiale bellico tra navi nel porto. Tutto questo porta a ritenere che, quella sera, la zona del porto di Livorno dovesse essere tra le più sorvegliate d’Italia da tutti, servizi segreti compresi. Ora la risposta dovrebbe essere facile, facile: chi è che vuole insabbiare l’inchiesta?Per chi desidera saperne di più, e nell’attesa di conoscere le nuove prove depositate dall’avv. Carlo Palermo, consigliamo di leggere il libro di Enrico Fedrighini: Moby Prince. Un caso ancora aperto.

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lunedì 17 dicembre 2007

Lettera a Giorgio Napolitano

di Claudio Bianzino

da LuogoComune

Al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Signor presidente,

nonostante la grande stima che ho nei suoi confronti, mi perdonerà se, seguendo l'esempio dei miei genitori, volutamente non uso le lettere maiuscole nel rivolgermi a lei ed alle istituzioni in genere, nel tentativo di riavvicinarvi un po', almeno simbolicamente, alla popolazione italiana.

Leggo sui giornali, con immensa gioia, che é stata finalmente presentata all'ONU la moratoria internazionale sulla pena di morte. Credo che sia una grande battaglia di civiltà portata avanti dal nostro Paese.

La vicenda di cui vorrei informarla, però, è un'altra.

Non so se ha sentito parlare di quell'uomo di 44 anni, trovato morto nel carcere di Capanne, nei pressi di Perugia, la mattina del 14 ottobre scorso.

Quell'uomo era un falegname che viveva nelle campagne dell'Umbria, nel cuore del nostro Paese, e conduceva una vita fatta di duro lavoro, amore per la propria famiglia ed i suoi tre figli, di preghiera ed amore per la natura. Quell'uomo costruiva mobili, mensole, porte, finestre, soppalchi. Era una delle persone più tranquille del mondo, quell'uomo, ed era circondato da centinaia di persone che gli volevano bene. Era un nonviolento, un "gandhiano", e, come me, avrebbe apprezzato moltissimo l'iniziativa per l'abolizione della pena di morte in tutto il mondo.

Quell'uomo la sera del 12 ottobre è stato arrestato ...

... perché nel suo orto è stata trovata qualche piantina di canapa indiana per uso personale.

La canapa, come è noto, è quella pianta che i nonni dei nostri nonni hanno coltivato e utilizzato per centinaia di anni, fino all'introduzione in Europa del tabacco, pianta che, a differenza della canapa, provoca dipendenza e causa milioni di morti in tutto il mondo.

Va da sé che se in un Paese aumentano le cose considerate illegali, il mondo dell'illegalità trova nuova linfa per alimentarsi e diventare sempre più forte. Ecco probabilmente perché, venendo incontro alla mafia, alla camorra, alla 'ndrangheta, alle multinazionali del tabacco, nonché alla malavita in genere, la canapa è stata equiparata alle droghe ed inserita tra le sostanze illegali.

Fermo restando, comunque, che il problema della droga, quella vera, quella che si trova con gran facilità in tutte le discoteche, o quella di cui fanno uso molti uomini d'onore che siedono sui banchi di Montecitorio e Palazzo Madama, sia un problema molto serio. Ma torniamo al nostro uomo, un problema ancor più serio.

L'arresto è avvenuto al termine di una giornata di perquisizioni, a seguito delle quali, oltre alle piantine, si è scoperto che il falegname aveva soldi in casa per un valore di 30 (trenta) euro, e nessun conto in banca o in posta. E' stato quindi deciso di mettere l'uomo, totalmente incensurato, in una cella di isolamento, e lasciare a casa, per un tempo indeterminato, un ragazzino di 14 anni in compagnia della nonna ultranovantenne in precarie condizioni di salute.

C'è chi dice che l'uomo sia stato scambiato per qualcun altro, forse per uno spacciatore, forse per un anarchico o chissà chi.

I fatti ci raccontano che dopo l'arresto, sono state effettuate le consuete ed accurate visite mediche e psichiatriche, attestanti che l'uomo era in perfette condizioni psico-fisiche, con pressione arteriosa e battito cardiaco ottimali. La mattina del 14 l'uomo è stato trovato morto.

I medici legali, la voce della scienza, ci dicono che dopo la prima autopsia sul corpo dell'uomo sono state riscontrate delle lesioni. Lesioni compatibili con l'omicidio. Compatibili con la tortura. Tortura che, se confermata, è stata certamente compiuta da professionisti, gente addestrata ad uccidere con metodi che non lasciano segni esteriori, ma svariate lesioni interne, riscontrabili solo tramite esami autoptici.

Ovviamente c'è un'indagine in corso, che potrà confermare o meno queste ipotesi. Ed a proposito dell'indagine, essendo lei anche il presidente del Csm, vorrei informarla di alcuni particolari. Si sa che un carcere di "sicurezza" è tenuto ad essere videosorvegliato ed a fornire le immagini di tutto ciò che succede al suo interno, 24 ore su 24. Ma le attese immagini chiarificatrici non hanno ancora chiarito nulla. Si sa anche che quando un magistrato fissa l'incidente probatorio è obbligato a convocare tutte le parti in causa. Ma anche questo non è successo. Ultima precisazione, poi, che potrebbe apparire alquanto bizzarra: il magistrato che sta conducendo le indagini è la stessa persona che ha ordinato l'arresto dell'uomo.

E' ovvio, comunque, che in un Paese civile come il nostro, un Paese che diffonde democrazia, pace e giustizia in tutto il mondo, ci si aspetterebbe che, se ci fosse qualcuno sospettato per aver commesso un simile assassinio, costui fosse quanto meno sospeso dal proprio incarico. Beh, non ci crederà, signor presidente, ma questo non è successo.

Un Paese come il nostro, che porta alta la fiaccola dei diritti umani ed urla al resto del mondo di abrogare la pena di morte, consente a propri dipendenti, sospettati di simili atrocità, di continuare ad esercitare la loro "professione" indisturbati, magari nei confronti di altri uomini o donne. Magari proprio in questo momento, mentre le sto scrivendo.

Sabato 10 novembre a Perugia c'è stata una grande manifestazione, piena di giovani e con oltre duemila persone, che chiedevano verità e giustizia per quell'uomo. Chiedevano di poter vivere in un Paese migliore, signor presidente.

Ho la speranza, signor presidente, che un giorno qualche nazione, ancora più civile della nostra, vada all'ONU a chiedere che venga fatta piena luce sulle centinaia di morti che avvengono all'interno delle carceri italiane.

Questo per sperare di poter vivere in un mondo un po' più giusto, un po' più libero, un po' più vivibile. Così come avrebbe voluto anche quell'uomo. Quell'uomo che si chiamava Aldo. E che era mio fratello.

Distinti saluti.

Claudio Bianzino

http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=2301

lunedì 10 dicembre 2007

ThissenKrupp e Il Sole24Ore: la Pravda del padrone

di Gennaro Carotenuto -

da www.gennarocarotenuto.it

Stamane né Libero né il Giornale, così soliti a scandalizzarsi per uno starnuto di Niki Vendola o Clemente Mastella, avevano in prima pagina una sola riga sul caso del giorno.Sia Libero che il Giornale sono indifferenti all'oscena morte medievale, affogati nell'olio bollente (per dare un nome alla rosa), nel pieno centro dell'olimpica Torino postindustriale e postmoderna, di quattro operai che lavoravano in condizioni per descrivere le quali bastano gli scritti su Manchester a metà ‘800 di un signore fuorimoda con la barba.

Turni di sedici (16!) ore di lavoro, sindacati assenti e distratti, ricatti continui, lotta per difendere il posto, sicurezza infima e violata nelle più elementari norme, con la sola differenza che le leggi, a Manchester nell'800, non c'erano, mentre adesso, dopo 150 anni di storia del movimento operaio, ci sono ma sono tranquillamente evase. Dai padroni che le chiamano "lacci e lacciuoli", e che le pensano come costi. E se la sicurezza è un costo dobbiamo dedurre che nel loro linguaggio allora i morti sul lavoro siano, come direbbe George Bush, "danni collaterali".

I grandi giornali, il Corriere della Sera, La Repubblica, ovviamente La Stampa, con un buon fondo dell'ottimo Massimo Gramellini, hanno capito di non potere evitare, almeno per oggi di parlarne. Troppo grave è la tragedia di Torino alla quale si sono affiancati da un altro morto alla Fiat di Cassino e un altro ancora in un cantiere edile in Irpinia. I grandi giornali hanno aperto ma altri giornali (Il Resto del Carlino, per esempio), se ne fottono e hanno tenuto il gioco alla stampa patronale (per parlare antico) e hanno aperto ancora con la succulenta Meredith.

Ma chi può scandalizzarsi del pessimo Carlino se sono i padroni che non vogliono che se ne parli. Come testimoniano le foto, Il Sole24Ore, il quotidiano della Confindustria che a destra e a manca, soprattutto (tristemente) a manca, viene considerato il più autorevole quotidiano italiano, l'unico di livello europeo brilla per un understatement che sfiora la disinformazione piena: due righe tra le brevi in prima e un articoluccio in taglio medio su tre colonne perse giù in fondo, a pagina 19. Due righe tra le brevi e un fetente articoluccio a p. 19 che è in realtà un'intervista al vicepresidente della Confindustria medesima, Andrea Pininfarina per difendere l'operato della stessa, equivalgono ad informazione negata, alla violazione dell'elementare diritto ad essere informati in maniera onesta.
Chi ha letto Gomorra, si è potuto beare a pensare che le condizioni di lavoro descritte da Roberto Saviano fossero confinate al far west dell'hinterland napoletano. Chi scrive, come fa anche con ben più risonanza Saviano, da anni pensa e scrive che l'hinterland napoletano sia la parte più moderna d'Italia.
Sia l'unica o tra le poche dove il capitalismo neoliberale si sia potuto davvero liberare in tutti i suoi istinti animali e produrre ricchezza vera e dove i morti nei cantieri, o quelli che semplicemente si ribellano, possono essere abbandonati in una discarica senza tante storie.
Droga (la grande droga, quella che muove miliardi di Euro) o edilizia, rifiuti tossici o acciaio, Torino viene dietro ma, come dimostra la ThissenKrupp, ha una gran voglia di rifarsi. O davvero credete che i padroni delle ferriere ThissenKrupp abbiano più coscienza civile di un capoclan camorrista di Casal di Principe? Credete davvero ci sia differenza se i soldi si fanno con la coca o bollendo nell'olio gli operai perché si è scelto a monte di avere in totale spregio la sicurezza di questi? Ricordate il Petrolchimico di Porto Marghera? E' stato processualmente dimostrato che per decenni i dirigenti di Enichem e Montedison sapevano perfettamente di mandare gli operai a morire di cancro da cloruro di vinile. Ne hanno mandati a morte almeno 159. Risultano oggi meno sibilline le parole di Giulio Tremonti quando, da ministro dell'economia di Silvio Berlusconi, si lamentava della Cina. Come possiamo competere col gigante asiatico se loro non hanno i sindacati, se loro non rispettano alcuna misura di sicurezza, se pagano stipendi di fame e non hanno regole, gridava acidulamente Tremonti in ogni consesso con i confindustriali e gli editorialisti prezzolati a spellarsi le mani. Qualche ingenuo pensava che Tremonti volesse imporre i sindacati nelle aree speciali della Cina, che fosse interessato a imporre condizioni di vita degne ai lavoratori cinesi. E invece no, Tremonti, Luca di Montezemolo, Innocenzo Cipolletta la Cina la volevano tra noi, nell'aversano come nel centro di Torino. E' il mercato, bellezza, il resto sono chiacchiere o danni collaterali.

Fahrenheit

Di Daniele Luttazzi

Stasera è successo un fatto gravissimo: per motivi legali ( nessuna comunicazione ufficiale della sospensione del programma ) io e Franza Di Rosa abbiamo completato al montaggio la puntata n.6 che doveva andare in onda. Verso le 20, dei funzionari di La7 sono entrati in sala montaggio per impedire fisicamente che proseguissimo. Hanno occupato la stanza, hanno intimato al tecnico di sospendere ( senza averne titolo ), uno di loro si è seduto al mio posto alla consolle e non se ne andava, sfidandoci. Ho telefonato all'avvocato: stavano commettendo un reato ( violenza privata ) e potevo chiamare la polizia. A quel punto sono usciti. Poi, quando ho finito e me ne sono andato, uno di loro è entrato per CANCELLARE TUTTO IL GIRATO di Decameron, passato e futuro. Spero non l'abbiano fatto.
Daniele Luttazzi at 9 Dic 2007 - 02:24

http://www.danieleluttazzi.it/

domenica 2 dicembre 2007

The meaning of tingo

Dizionario delle parole impossibili
In un solo vocabolo frasi intraducibili e poetiche

di RICCARDO STAGLIANÒ
www.repubblica.it

Il problema è che si capisce solo dopo come avremmo dovuto presentarla agli amici: Lebensgefährtin ("compagna di vita") o Lebensabschnittgefährtin ("compagna di un pezzo di vita")? I tedeschi hanno due parole distinte per dirlo ma all'inizio di una storia d'amore tutti propendono per la prima per poi spesso rendersi conto che la seconda era quella giusta.
È la vita, sono le lingue. Che hanno, come in questo caso, una quantità di espressioni intraducibili se non con circonlocuzioni più o meno macchinose. "The meaning of tingo" ("Il significato di tingo" ovvero il modo in cui sull'Isola di Pasqua definiscono il "prendere in prestito cose dalla casa di un amico, una a una, sino a quando non gli resta niente") è un libro appena uscito in Gran Bretagna che ne raccoglie un vasto e gustoso campionario. "
Quello che ho cercato di fare - ha spiegato alla Bbc l'autore Adam Jacot de Boinod - è celebrare la gioia delle parole straniere senza dare giudizi e dire che, sebbene l'inglese sia una grande lingua, non dobbiamo sorprenderci che ce ne sono molte altre con termini che nei nostri dizionari non trovano equivalenti". Una constatazione laica e molto vera anche per l'italiano, il tedesco, il russo e innumerevoli altri pur ricchissimi idiomi.

L'idea del volume, ha spiegato de Boinod, gli è venuta da una constatazione durante un viaggio in Albania. Ovvero che in quel paese esistono almeno 27 modi diversi per descrivere i baffi (e altrettanti per sopracciglia), da madh, il baffo cespuglioso, a posht, quello che vira verso il basso alle estremità, a fshes, lungo e a forma di scopa con peli ispidi che escono dal coro. Una tale perizia tassonomica qualcosa doveva voler dire. Ad esempio che quel popolo riconosceva all'ornamento tricologico sulla faccia degli uomini uno status tanto importante da non confonderne le varietà. E così, dopo un lungo tuffo nella sua personale Babele fatta di 280 dizionari stranieri e oltre 140 siti specializzati è riemerso con un repertorio del "best of" delle espressioni più originali, belle e significative prese da tutte le lingue.

Una classifica è impossibile e succede che paesi non di primo piano sullo scacchiere geopolitico si prendano delle sonore rivincite quanto al sapore dei loro termini. Si va dal Fuengian cileno che risolve con mamihlapinatapei lo "sguardo di intesa corrisposto tra due sconosciuti che però esitano a fare il primo passo" all'indonesiano latah che scolpisce l'"abitudine incontrollabile di dire cose imbarazzanti", pandemia sociale dalla quale nessuna cultura è immunizzata. O che dire dell'icastico Iktsuarpok con cui i siberiani rendono il trepidare dell'attesa, l'andare ripetutamente fuori a vedere se la persona che deve presentarsi arriva o no? Il francese contribuisce con seigneur-terrasse, ovvero "qualcuno che trascorre molto tempo, senza prendere niente o quasi, in un caffè". L'italiano con "pomicione": pare che l'abbia inventato Alberto Moravia ma, nella cernita del libro, indicherebbe tutti quelli che cercano ogni occasione di contatto fisico con le donne.
Il portoghese brasiliano offre, tra l'altro, la tecnica del grilagem che consiste nell'altrimenti laboriosa perifrasi di "mettere un grillo vivo in una scatola di documenti appena falsificati sino a quando i suoi escrementi fanno sembrare invecchiata la carta". Paese che vai, insomma, usanza - o stereotipo - che trovi. Con sapide segnalazioni dall'estremo oriente, dal cinese yuyin che cerca di fissare lessicalmente "la sensazione del suono che resta in un orecchio dopo averlo sentito" o il più prosaico ma plasticissimo bakku-shan che in giapponese sta a significare "una ragazza che sembra bella vista da dietro ma che non lo è quando poi la si guarda davanti". Un concetto che anche in italiano conosce un non proprio elegante sinonimo gergale: "dietro liceo, davanti museo". Più lungo ma non meno allegorico.

(23 ottobre 2005)
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