venerdì 21 agosto 2009

La precarietà come freno alla crescita

Guglielmo Forges Davanzati
Economia e Politica

La crisi del pensiero liberista si manifesta, al momento, come riconoscimento della necessità di un maggior intervento pubblico in economia, quanto più possibile temporaneo, e preferibilmente limitato alla sola regolamentazione dei mercati finanziari.

Nulla si dice sulla deregolamentazione del mercato del lavoro, ben poco se ne dibatte, e si stenta a riconoscere che, nella gran parte dei casi, si è trattato di un clamoroso fallimento per gli obiettivi espliciti che si proponeva: così che la ‘flessibilità’ del lavoro resta, anche in regime di crisi, un totem.

E’ opportuno premettere che, ad oggi, in Italia, non si dispone di una stima esatta del numero di lavoratori precari: il che, in larga misura, riflette le numerose tipologie contrattuali previste dalla legge 30, alcune delle quali censibili come forme di lavoro autonomo. L’Istat individua 3 milioni e 400 mila posizioni di lavoro precarie, a fronte dei 4 milioni di lavoratori precari censiti dall’Isfol[1].
Gli apologeti della flessibilità prevedevano, già dagli anni ottanta, che la rimozione dei vincoli posti alle imprese dallo Statuto dei lavoratori in ordine alla libertà di assunzione e licenziamento avrebbe accresciuto l’occupazione, e dato impulso a una maggiore mobilità sociale, tale da portare anche alla crescita delle retribuzioni medie.
Dal 2003, anno di entrata in vigore della legge 30 (la cosiddetta Legge Biagi), che ha impresso la più significativa accelerazione alla destrutturazione del mercato del lavoro in Italia, il tasso di occupazione in Italia non è aumentato, e nei tempi più recenti è aumentata semmai la disoccupazione, anche al netto della crisi in atto.
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martedì 11 agosto 2009

SE VOI FOSTE PERSONE NORMALI

di Moni Ovadia

da l'Unità

Se foste un rom, quella di Salvini non vi apparirebbe come la sortita delirante di un imbecille da ridicolizzare.
Se foste un musulmano, o un africano, o comunque un uomo dalla pelle scura, il pacchetto sicurezza non lo prendereste solo come l’ennesima sortita di un governo populista e conservatore, eccessiva ma tutto sommato veniale.
Se foste un lavoratore che guadagna il pane per sé e per i suoi figli su un’impalcatura, l’annacquamento delle leggi sulla sicurezza nei luoghi di lavoro non lo dimentichereste il giorno dopo per occuparvi di altro.
Se foste migrante, il rinvio verso la condanna a morte, la fame o la schiavitù, non provocherebbe solo il sussulto di un’indignazione passeggera.
Se foste ebreo sul serio, un politico xenofobo razzista e malvagio fino alla ferocia non vi sembrerebbe qualcuno da lusingare solo perché si dichiara amico di Israele.
Se foste un politico che ritiene il proprio impegno un servizio ai cittadini, fareste un’opposizione senza quartiere ad un governo autoritario, xenofobo, razzista, vigliacco e malvagio.
Se foste un uomo di sinistra, di qualsiasi sinistra, non vi balocchereste con questioni di lana caprina od orgogli identitari di natura narcisistica e vi dedichereste anima e corpo a combattere le ingiustizie.
Se foste veri cristiani, rifiutereste di vedere rappresentati i valori della famiglia da notori puttanieri pluridivorziati ingozzati e corrotti dalla peggior ipocrisia.
Se foste italiani decenti, rifiutereste di vedere il vostro bel paese avvitarsi intorno al priapismo mentale impotente di un omino ridicolo gasato da un ego ipertrofico.
Se foste padri, madri, nonne e nonni che hanno cura per la vita dei loro figli e nipoti, non vendereste il loro futuro in cambio dei trenta denari di promesse virtuali.
Se foste esseri umani, esseri umani degni di questo nome, avreste vergogna di tutto questo schifo.

lunedì 10 agosto 2009

Heaven





Billionaire, vermentino e champagne

Sandro Roggio

da EddyBurg

La società di Flavio Briatore “Billionaire” ottiene - pare in modo lecito - la concessione demaniale per piazzare numerosi gazebo in un'area recintata e riservata ai passatempi balneari dei frequentatori di “Billionaire Rubacuori” (un nome elegantissimo!) .

Siamo nella Sardegna Smeralda dei ricchissimi, esattamente nei pressi della spiaggia di Capriccioli in un tratto da sempre meta degli abitanti, quelli che - secondo la Convenzione del paesaggio- si prendono cura dei luoghi, eccetera. Le proteste numerose e reiterate nei mesi scorsi, culminano in una manifestazione capeggiata da un operaio (sì, un operaio, carpentiere: ci sono anche gli operai a Arzachena). Si rivendica la possibilità di usare semplicemente quel luogo, come da sempre fanno gli indigeni che si mescolano felicemente con gli istranzos tra il cisto e il mirto.

I contestatori lamentano - pure - che la macchia mediterranea è stata un po' troppo sfoltita per fare spazio ai cafoni attrezzi ombreggianti e per per renderla “la cornice perfetta di aperitivi esclusivi, parties, e iniziative personalizzate sull’identità di ogni sponsor”.

Vai ! La società di Briatore non gradisce e cita in giudizio l'operaio (si chiama Fabrizio Pirina) ,chiedendogli un risarcimento per danni all'immagine di “Billionaire Rubacuori”: 380mila euro, nientemeno. L'immagine offesa, per chi volesse capire meglio, è quella che si ricava dando una occhiata al sito www.billionairelife.com- musica stile circo equestre e voci suadenti come nelle reclame di profumi irresistibili).

Sponsor ufficiale lo champagne Perrier Jouet - Cuvée Belle Epoque. “La location vedrà il presidio costante delle Ragazze Billionaire che svolgeranno, per tutto il periodo estivo, un’intensa attività di pubbliche relazioni”. Suggerisce qualcosa questa ammiccante annotazione?

Lo sventurato operaio non si aspettava la dura reazione al suo gesto. Secondo gli organi di informazione ha soprattutto contrariato Briatore e i suoi quella mossa un po' dadaista di approntare un pic-nic per terra ( più disordinato del Dejuner sur l' herbe di Manet), agliata di polpi, melanzane fritte e polpette ( bombi, bombas - si dice in Sardegna); sponsor ufficiale il vermentino di Gallura 2008 delle cantine di Tempio e Monti. S

iamo grati a Fabrizio Pirina (e a Irs, il movimento indipendentista sardo) per il bel gesto. Ci ricorda, fatte le proporzioni, la sfida in poesia di Melchiorre Murenu, nello sfondo la ribellione per le terre chiuse dispoticamente in altra epoca, altre storie.

Tancas serradas a muru/ fattas a s'afferra afferra/ chi su chelu fid in terra/ l'haiant serradu puru.

(Terre chiuse con muri / realizzate arraffando/ se fosse in terra/ lo avrebbero recintato anche il cielo).

Dalla Sardegna per lungo tempo si è preso, portato via gratis, senza mettere nulla. Non serviva molto per trasferire legname o corallo o selvaggina; qualche impianto indispensabile (per la pesca del tonno o l'estrazione di minerali) non ha impoverito le imprese che poi hanno lasciato tutto lì.

Poca roba. Da mezzo secolo la Sardegna si usa lasciandoci il segno, pesantemente. Si possono fare buoni affari con la terra sarda . Gli scarichi a mare di fabbriche in disarmo sono oggi lì a testimoniare che non ce la dicevano giusta. Non hanno portato ricchezza durevole. Come la deformazione - la espropriazione- dei luoghi per divertire i turisti billionaire.

Non c'è proporzione tra quello che hanno preso ( e si prendono) e quello che hanno restituito. In bellezza nulla, proprio nulla. Le dune e i graniti, la macchia mediterranea, sono il massimo come basamenti di case e cose varie, basta aggiungere Perrier Jouet.
Al fantastico Pirina questa cosa non va giù. Evviva.

lunedì 3 agosto 2009

D’Addario: risposte preconfezionate per l’elettore di centrodestra in difficoltà

di Alessandro D'Amato (Gregorj)

da Gionalettismo


Da qui: “Le risposte dei destri al gossip della sinistra sulla D’Addario sono state qui riunite per vostra comodità di lettura:
1. E’ un Gòssip
2. Non si capisce se è veramente la sua voce
3. E’ opera del fotosciòp
4. Le farsi sono decontestualizzate, in realtà Silvio mostrava la sua collezione di pardripii
5. Quello che silvio fa nella vita privata sono affari suoi
6. E’ il minimo, visto che la moglie gli ha fatto le corna per secoli con più uomini al giorno e anche con qualche donna
7. Tu sei come Sircana
8. Agli italiani non frega niente
9. Anche D’Alema ciaveva l’amante, in barca a vela
10. Comunista!
11. E’ solo l’utilizzatore finale
12. Lei è manovrata da complottatori internazionali, non può aver fatto tutto da sola
13. E’ invidia perché lui può farsi tutte le donne che vuole e i sinistri rosicano
14. Tanto all’estero non gliene frega niente della politica interna italiana
15. Aveva detto di non voler mettere le mani nelle tasche degli italiani, nel programma non si parlava di vagine
16. Quelli del G8 gli han fatto i complimenti: pure la Merkel si sarebbe voluta trombare la D’Addario
17. E’ stato frainteso
18. Sarebbe stato meglio avere un capo del governo frocio?
19. Tanto poi il residence mica glielo ha dato…
20. Sinistri bacchettoni!
21. Mavalà, mavalààààààààà…
22. ricordatevi che ha ripulito la spazzatura da Napoli, rivitalizzato Alitalia e ha assicurato la massima assistenza ai terremotati d’Abruzzo
23. non ha mai conosciuto la D’Addario, e, anche se fosse, non l’ha mai pagata. Con tutti i soldi che ha figurati se ha bisogno di pagare una donna
24. Poveretto, che deve fare se la moglie non gliela dà più ?
25. E’ una congiura di Murdocch
26. Il 75% degli Italiani è con lui (al che si spiega il perché del quantitativo industriale di mignotte)
27. La sinistra è ormai alla frutta e visto ,che non riesce a contrastare il governo sul modo efficientissimo di governare il Paese, ricorre a questi mezzucci insulsi.
28. Ho qui le carte, ho qui le carte che lo smentiscono !!! (ciaf !ciaf!ciaf!)”.

In effetti non ne vengono in mente molte altre.

Radioactive Zombie Orgy

Da Carmilla. Complimenti all'autrice

di Alessandra Daniele

da Carmilla

E' stato scoperto di recente un inedito dell'impareggiabile Ed Wood. Il film risale agli anni '70, e mescola porno, splatter e sf con sgangherata visionaria follia in anticipo sui suoi tempi. Gli effetti speciali sono tecnicamente miserrimi, e gli interpreti, specialmente il protagonista, cialtroni ben oltre il ridicolo, ma ciò che fa ascendere questo film alla più alta vetta del trash è soprattutto la trama. Un vecchio porco miliardario, spocchioso satrapo di uno staterello immaginario, decide di farsi costruire un'enorme villa dove organizzare le sue orge, alle quali partecipano altri vecchi porci miliardari, politici corrotti, generali golpisti, e puttane di carriera, e di leva.
Durante i lavori si scopre però che luogo scelto per la villa ospita nel sottosuolo una necropoli fenicia zeppa di mummie dal sonno leggero. Ignorando gli avvertimenti delle tre zie suore, il maiale fa ultimare ugualmente la costruzione della magione, e ci fa trasportare anche la sua personale collezione di frammenti di meteorite. L'avvocato del porco (un Bela Lugosi ricavato dal riciclaggio di un vecchio spezzone) si occupa di far sparire ogni traccia dagli archivi, e la villa si riempie di ospiti ignari. Durante l'orgia inaugurale però, la radioattività presente nelle rocce aliene risveglia le mummie, che irrompono nella villa, aggredendo gli ospiti per sbranarli vivi, e trasformando in zombies le vittime del loro morso. Le escort presenti cominciano così ad affondare i denti in quello che stavano succhiando, staccandolo a morsi fra urla belluine, e getti di sangue degni di un idrante. La villa si trasforma in un inferno di mutilati ululanti, in agonia, o appena rianimati che danno la caccia ai pochi superstiti per spartirsene le frattaglie.Terrorizzato, il padrone di casa si rifugia nella cripta antiatomica, ma lo attende una pessima sorpresa: anche il cadavere della moglie, da lui assassinata e nascosta, s'è appena rianimato, e la sua vendetta sarà terrificante. Com'è facile intuire, ''Radioactive Zombie Orgy'' è un autentico gioiello del cinema di serie Z. La cosa più esilarante del film risulta però la dicitura standard al termine dei titoli di coda: ''ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale'', come se qualcuno di tali grotteschi personaggi in così demenziali situazioni potesse mai davvero esistere nella realtà.

Wall Street a caccia dei campi africani. “Il cibo, l’oro del futuro”

Autore:

fonte:Eddyburg

Il mondo dei ricchi trasforma i loro beni in merci, se ne appropria, li caccia dalle loro terre, e quando vengono qui li ricaccia indietro. Usque tandem?

I fondi d’investimento cercano appezzamenti a prezzi ridicoli. Tra i compratori anche molti Paesi con poca terra coltivabile Ogni crisi ha i suoi vincitori. Alcuni di loro sono seduti nella sala Stuyvesant dell’Hotel Marriott a New York. Gli uomini sono agricoltori di mais, proprietari terrieri, manager di fondi provenienti dall’Iowa, da San Paolo, da Sydney. Ognuno di loro ha pagato 1995 dollari per partecipare alla prima conferenza sul commercio mondiale di terreni coltivabili: la Global AgInvesting 2009. Il primo a intervenire è un rappresentante dell’Ocse, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico. Sui suoi grafici in Powerpoint ci sono delle curve che schizzano su e giù. Alcune si piegano tanto più verso il basso quanto più si avvicinano all’anno 2050: si tratta dei terreni agricoli che andranno persi a causa dei cambiamenti climatici, del degrado del suolo, dell’urbanizzazione e della carenza d’acqua. Le altre linee, invece, puntano decisamente verso l’alto: rappresentano la domanda di carne e biocarburanti, il prezzo del cibo e l’incremento demografico. Tra le curve si apre un divario che diventa sempre più grande. Quel divario è la fame.

Ma per gli uomini e le poche donne raccolti nella sala Stuyvesant si tratta di buone notizie, l’atmosfera è allegra. La combinazione «più uomini-meno terra» rende il cibo un investimento sicuro, con rendite annuali del 20 o 30%. Susan Payne, una inglese dai capelli rossi, è direttrice del più grande fondo terriero dell’Africa meridionale, che si estende per 150.000 ettari, principalmente in Sud Africa, Zambia e Mozambico. Payne, che vuole raccogliere dagli investitori mezzo miliardo di euro, parla di lotta alla fame, ma le slide della sua presentazione in Powerpoint, abbellite da foto di campi di soia al tramonto, hanno dei titoli come «Africa - the last frontier for finding alpha». Alpha è un investimento il cui ritorno supera i rischi. L’Africa è la terra-Alpha: su quel continente impoverito la terra costa poco. Il fondo della Payne paga tra 350 e 500 dollari per ettaro nello Zambia; in Argentina o negli Usa per la stessa superficie dovrebbe sborsare dieci volte tanto. Si tratta di condizioni perfette per chi investe. La società d’investimento statunitense Blackrock ha creato un fondo agricolo da 200 milioni di dollari. La russa Investor Renaissance Capital ha acquistato oltre 100.000 ettari in Ucraina. Deutsche Bank e la banca statunitense Goldman Sachs hanno investito in aziende che allevano suini e pollame in Cina. Il cibo sta diventando il nuovo petrolio. La novità di questo colonialismo sta nel fatto che i Paesi si lasciano conquistare volentieri. Il premier etiope ha affermato che il suo governo «arde» dalla voglia di mettere a disposizione centinaia di migliaia di ettari di terreni coltivabili. Il tutto è legato a due speranze: la speranza degli Stati poveri di poter sviluppare e modernizzare la loro agricoltura a pezzi e la speranza del resto del mondo che gli investitori stranieri possano produrre in Asia e Africa cibo sufficiente per i 9,1 miliardi di persone che popoleranno presto la Terra; che possano portare con loro tutto quello che adesso manca: tecnologie, capitali, conoscenze, sementi moderne e fertilizzanti. Ma l’accaparramento moderno delle terre, il cosiddetto «land grabbing», è una questione politicamente delicata.

Nessuno sa di preciso quanta terra in tutto sia in gioco. L’Istituto internazionale di ricerca sulle politiche alimentari parla di 30 milioni di ettari. Klaus Deininger, un economista della Banca mondiale specializzato in politiche agricole, stima che simili trattative di accaparramento della terra potrebbero riguardare dal 10 al 30% dei terreni coltivabili disponibili. Governi in prima linea Gli affari più spettacolari però non li fanno i privati, bensì i governi. Il governo sudanese ha ceduto per 99 anni agli Stati del Golfo Persico, all’Egitto e alla Corea del Sud 1,5 milioni di ettari di terra coltivabile della migliore qualità. Il paradosso: il Sudan è il Paese che riceve i maggiori aiuti al mondo e la sopravvivenza di 5,6 milioni di sudanesi dipende dagli aiuti alimentari. Il Kuwait ha preso in affitto 130.000 ettari di risaie in Cambogia. L’Egitto vuole coltivare grano e mais su una superficie di 840.000 ettari in Uganda. Il presidente della Repubblica democratica del Congo ha offerto in affitto 10 milioni di ettari al Sud Africa. Il Pakistan vuole mettere a disposizione degli Stati del Golfo Persico un milione di ettari di terreni coltivabili, le Filippine attirano gli investitori con oltre 1,2 milioni di ettari. L’Arabia Saudita è uno dei più grandi e aggressivi tra i Paesi che fanno incetta di terra. In primavera il re ha partecipato alle celebrazioni per l’arrivo del primo raccolto di riso estero, coltivato per il regno saudita in Etiopia, un Paese tormentato dalla fame. Gli Stati ricchi scambiano soldi, petrolio e infrastrutture con cibo, acqua e foraggio. Tuttavia molti degli Stati in cui si verifica l’accaparramento dei terreni soffrono di scarsità d’acqua, come ad esempio il Kazakistan o il Pakistan. L’Africa subsahariana ha riserve idriche naturali a sufficienza, eppure soltanto il Sud Africa riesce a realizzare un surplus alimentare. Olivier De Schutter, il relatore speciale dell’Onu per il diritto al cibo, avverte: «Siccome in Africa gli Stati sono in concorrenza tra loro per accaparrarsi gli investitori, si superano l’un l’altro offrendo prezzi più bassi».

Alcuni contratti sono lunghi appena tre pagine. Alcuni promettono di costruire delle scuole o di asfaltare delle strade, ma, anche quando gli investitori rispettano queste promesse, i vantaggi per lo Stato e i contadini locali sono spesso di breve durata. Questo perché i grossi proprietari terrieri stranieri praticano l’agricoltura su scala industriale, altrimenti sarebbe impossibile aumentare i raccolti in modo da raggiungere rendite annuali del 20% e anche più. E se dopo un paio d’anni la terra è ormai impoverita, gli investitori si trasferiscono semplicemente altrove. Guerra tra poveri «Quando il cibo scarseggia - spiega l’imprenditore americano Philippe Heilberg - gli investitori hanno bisogno di uno Stato debole che non imponga loro nessuna regola». Uno Stato che, nonostante la carestia all’interno dei propri confini, consente l’esportazione di cereali, perché è piegato dalla corruzione o è iperindebitato. ù

Heilberg ha trovato uno Stato così: il Sud del Sudan. Un pre-Stato, autonomo, ma non indipendente. Il quarantaquattrenne americano, figlio di un commerciante di caffè e fondatore della società d’investimenti Jarch Capital, è il più grande affittuario di terra nel Sud del Sudan, con 400.000 ettari. Nella parte occidentale del Kenya l’appropriazione dei terreni è più avanzata. Lì vive il trentatreenne Erastas Dildo, il tipo di persona che gli investitori di New York definirebbero un «fattore di rischio»: Erastas è un piccolo agricoltore che possiede tre ettari di terra. Terra fertile, su cui il mais cresce, verdissimo, fino a due metri d’altezza, in cui i bovini sono grassi come ippopotami e le piante di pomodori si piegano sotto il loro stesso peso. Erastas raccoglie il mais due volte l’anno. Un ettaro gli frutta 3.600 euro all’anno, molto, per gli standard kenioti. Multinazionali contro contadini Ora però alla porta di Erastas ha bussato la Dominion Farms, un’azienda agricola statunitense che ha costruito lungo il delta dello Yala una propria colonia, affittando per 45 anni 3600 ettari di terra per un prezzo irrisorio: 12.000 euro all’anno. Sui terreni dovrebbero crescere riso, verdure e mais. E Dominion vorrebbe volentieri anche i tre ettari di Erastas Dildo. Gli inviati della Dominion gli hanno offerto un indennizzo di circa dieci centesimi al metro quadro. Erastas ha rifiutato e ora quelli di Dominion gli rendono la vita difficile. La loro arma più potente è lo sbarramento idrico che hanno costruito. Quando lo scorso anno Erastas ha provato a raccogliere il suo mais l’ha ritrovato inondato. «E se questo non basta - racconta - mandano bulldozer, squadre di picchiatori». Dominion aveva promesso per contratto il risanamento di «almeno una scuola e un ospedale» in ognuno dei due distretti locali. «Invece hanno cacciato 400 famiglie», afferma Gondi Olima dell’associazione «Amici della palude dello Yala». Dominion Farms respinge le accuse e fa notare che ha fatto costruire otto classi, concesso borse di studio a 16 bambini e dotato una struttura ospedaliera di letti ed elettricità.

In Africa, stima la Banca mondiale, esistono diritti formali di possesso o affitto soltanto per una percentuale di terra compresa tra il 2 e il 10%, e ciò riguarda per lo più le città. Una famiglia può anche vivere da decenni su un pezzo di terra o possederlo, ma spesso non può dimostrarlo. Inutilizzata, comunque, la terra non lo è quasi mai. Soprattutto i più poveri vivono grazie a essa, raccogliendo frutta, erbe o legna da ardere o facendovi pascolare il bestiame. Così l’acquisto di grossi terreni può anche trasformarsi in un disastro, visto che oltre il 50% degli africani sono piccoli contadini. La Banca mondiale e altre organizzazioni stanno ora preparando un codice di condotta per gli investitori. Al vertice del G8 dell’Aquila di luglio era prevista la firma di una dichiarazione di intenti, ma i capi di Stato non sono riusciti a trovare un’intesa su standard vincolanti. E così la caccia prosegue. E nella sala Stuyvesant a New York uno degli oratori chiarisce il ritmo di crescita del genere umano: 154 persone al minuto, 9240 all’ora, 221.760 al giorno. E tutte vogliono mangiare.

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