sabato 29 settembre 2007

Ballando nudi nel campo della mente

"Ho cominciato a fare uso di droghe fin da bambino. Era mia madre a darmele: mi fece iniziare coi barbiturici. Quando avevo il raffreddore, lei mi comprava un inalatore per benzedrina: potevo sedermi di fronte alla mia insegnante di prima elementare e sniffare tranquillamente".Non sono le memorie del solito hippy scampato agli anni 70 e neppure i ricordi di Mick Jagger, ma un brano di Kary Mullis, Premio Nobel per la Chimica 1993.
Col titolo di "Ballando nudi nel campo della mente" (un titolo che è già un trip) Baldini e Castoldi manda in libreria la prima raccolta di saggi autobiografici di questo eccentrico scienziato, la cui più grande passione nella vita, oltre la chimica, è il surf.
Mullis è lo scopritore della reazione a catena della polimerasi il meccanismo che permette al DNA di riprodursi mica robetta da niente. Ma è anche uno scienziato senza peli sulla lingua, che non ha paura di esternare a chiare lettere quel che pensa. Si dichiara un entusiasta sperimentatore di LSD e contesta vivacemente la messa al bando delle sostanze chimiche per alterare la percezione, marjuana in primis. E' forse l'unico uomo di scienza al mondo ad aver ammesso di… essere stato rapito dagli alieni. Sì, gli accadde una notte del 1985 , in un bosco nei pressi di Mendocino County in California, dopo aver incrociato un procione parlante.
Mullis è anche un accanito sostenitore della teoria secondo la quale l'HIV non sarebbe affatto la causa dell'AIDS.Proprio in merito a questo, ha addirittura ottenuto un assegno di oltre 6000 dollari dal colosso farmaceutico Glaxo, senza aver fatto nulla. La Glaxo infatti l'aveva invitato a tenere una conferenza, ma, pur pagandogli tutte le spese, ha preferito rinunciare al suo intervento quando ha scoperto che Mullis aveva intenzione proprio di toccare il tema dell'AIDS. In seguito a questo episodio, il provocatorio Mullis ha inviato lettere ai più diversi istituti, chiedendo ai responsabili che lo pagassero per evitare le sue scomode conferenze.
Folle, geniale o irresponsabile?Difficile stabilirlo con precisione. Sicuramente si tratta di una mente fuori dal comune. Ma di una cosa possiamo essere certi: che Kary Mullis sia un uomo dotato di grande ironia. Sentite cosa dice sull'amore:"Credo che nel nostro cervello ci sia un luogo riservato alla "tristezza per le storie d'amore finite", che cresce e si sviluppa con il passare degli anni, costringendoci alla fine a farci piacere, contro la nostra volontà, la musica country".

mercoledì 26 settembre 2007

La prima volta che ho visto i fascisti

AA. VV.,
La prima volta che ho visto i fascisti
Progetto di narrazione collettiva promosso e coordinato da Wu Ming. Quarantasei testimonianze raccoltra tra il 21 marzo e il 25 aprile 2005.
http://www.wumingfoundation.com/italiano/outtakes/antifa/primavolta.htm

giovedì 20 settembre 2007

La Politica spaventata dalla piazza

di Andrea Pusceddu
Se il V-Day di Beppe Grillo deve farci preoccupare, di sicuro non è per la cosiddetta deriva populista, tanto temuta dalle segreterie di partito. L'Italia (e l'italiano) convivono con il virus del populismo sin dai tempi del ventennio fascista. Non ne siamo immuni, ma nemmeno schiavi: è come una vecchia gotta che ogni tanto si riacuisce, alla fine ci si abitua.
Anche il disamore degli italiani per i partiti è cronico ma altalenante, e purtroppo non ci ha mai impedito di mandare al potere chi il potere è stato in grado di restituitirlo sotto forma di favoretti e clientelismi. Se durante Tangentopoli gli italiani osannavano i giudici e tiravano le monetine a Craxi, ora molti di quei provetti lanciatori votano compatti gente che canta l'osanna in excelsis per il martire di Hammamet, e definisce Mani Pulite un quasi golpe tentato dal potere giudiziario.
Davvero, non ci sarebbe da preoccuparsi troppo se trecentomila italiani scendono in piazza a seguire le istanze forse sincere ma ogni tanto un po' facilone del blogger genovese. Quello che invece deve spaventare sono stati l'impreparazione e l'imbarazzo con cui i nostri politici hanno affrontato una manifestazione di piazza che - sebbene originale ed anche piuttosto accesa - non era certo una Tien An Men.
Tutti, da sinistra a destra, si sono stretti a coorte, salendo sulla sedia come zitelle spaventate da un topolino. Grillo che vuole abbattere i partiti, Grillo che vuole smantellare lo Stato, Grillo che aizza le folle, neanche fossimo nelle periferie incendiate di Parigi.
Tutti stizziti, pochi ad entrare nel merito delle proposte, giuste o sbagliate che siano.
Il fatto che un incensurato sia automaticamente un grande amministratore è ovviamente una scemenza, ma se la classe politica fosse stata in grado di autolimitare almeno le sconcerie più scandalose - come i troppi parlamentari condannati in cassazione per reati gravi, come i privilegi immeritati e fuori da ogni proporzione - non si sarebbe arrivati a questo punto.
Grillo propone l'amputazione della gamba, ed ovviamente esagera, ma non si può tacere che sinora la Politica non ha avuto il coraggio di bere neanche un cucchiaio di sciroppo, temendo fosse troppo amaro.
Ora siamo arrivati alle liste civiche col bollino di qualità come le banane, ma avremmo potuto evitarlo - con grande sollievo del nostro senso del ridicolo - se ci si fosse saputi fermare un po' prima da soli.
È stato poi commovente vedere come gran parte dei - bontà loro - leader nazionali siano caduti dalle ovattatissime nuvole in cui abitualmente risiedono, scoprendo con sbigottimento come talvolta non sia sufficiente controllare giornali, televisioni e consigli di amministrazione per evitare che la gente si parli, si raccolga, ed in ultima analisi decida di scrivere motu proprio l'agenda politica del giorno.
Il mondo gira, le cose vanno avanti e cambiano a ritmo impazzito, tante pagine di storia e cambiamento vengono scritte e riscritte ogni giorno, ma loro sono ancora fermi lì, a cercare di cambiare il nastro della macchina per scrivere.
Eppure, per far sfiatare la pentola che borbotta e trabocca sarebbe bastato poco, in fin dei conti. Sarebbe bastato affrontare di petto la questione della legge elettorale, unica situazione scandalosa che rende l'attuale situazione politica veramente diversa e più pericolosa di quella del passato.
Sarebbe bastato, o forse ancora basterebbe, affrontare la genesi del Partito Democratico in maniera più seria e rispettosa dell'intelligenza altrui.
Basta infatti scendere nel locale, e vedere come la corsa alla segreteria sarda sia diventata una vergognosa partita a rubamazzetto tra pochi, un gioco di veti incrociati ed attorcigliati in un ridicolo balletto di passi indietro accennati ma non fatti, proposti ma non raccolti.
Di idee e di visioni, sinora nemmeno l'ombra. Tra presidenza della Regione e botteghe di partito ci si scanna per la prima fila, mentre - se davvero si avesse a cuore la cosa comune - basterebbe partecipare tutti alle primarie, mettendo sul piano i programmi concreti, e fidandosi dell'intelligenza e del discernimento dei cittadini.
Invece no, si grida allo scandalo perchè - rebus sic stantibus - rischiamo di arrivare alle primarie senza un candidato unico ed unitario, lasciando quindi all'elettore una possibilità di scelta: un grado di libertà che - se non ci inganniamo - dovrebbe essere proprio il motivo primo di una competizione elettorale.
Il popolo, se ne deduce, non può vagliare, non deve scegliere. Deve solo acclamare, può solo dire quanto è buono il menu fisso che gli è stato servito sul piatto.
E allora, se si continua a trattare gli elettori come zotici ignoranti, non ci si sorprenda troppo se iniziano a saltar fuori le torce ed forconi.

lunedì 17 settembre 2007

Nel grano il potere del futuro

di Pierluigi Paoletti
Uno degli effetti della disgregazione economica attuata da chi veramente controlla attualmente il mondo è proprio l’aumento esorbitante del grano che ha fatto “lievitare”, è proprio il caso di dire, il prezzo di farina, pane, pasta.

Oggi, non bisogna essere dei complottisti per capire che la politica del liberalismo e della globalizzazione degli anni ’90 aveva come obiettivo la completa riduzione in schiavitù dell’intera popolazione mondiale. Attraverso le politiche imposte dal WTO organizzazione sovranazionale al quale obbediscono supinamente 150 stati (praticamente tutto il mondo industrializzato), si è arrivati alla distruzione completa dei mercati interni dei singoli paesi a favore delle importazioni in mano ai grandi gruppi.
La distruzione dei mercati interni, avvenuta in appena 12 anni (dalla nascita del WTO) e con una velocità che ha spiazzato numerosi imprenditori, ha portato i singoli stati ad essere completamente dipendenti dalle importazioni, specialmente in campo alimentare e soprattutto nel settore strategico per un paese, quello del grano. Fino agli anni ’80 la produzione di grano era simbolo di potere e Stati Uniti e Russia si confrontavano anche dalla quantità di grano prodotta e l’Italia era tra i maggiori produttori mondiali, vista anche la nostra dieta mediterranea. Oggi siamo costretti ad importare oltre il 40%, con la tendenza in aumento, mentre solo pochi anni fa avevamo praticamente l’autosufficienza.

Le ragioni di ciò sono facili da immaginare se pensiamo che solo nel 1985 il costo del grano al quintale era di 50.000 lire mentre solo qualche mese fa era arrivato a 12 euro (24.000 lire), o se pensiamo che la comunità europea elargiva contributi per non coltivare grano. Anche se oggi siamo arrivati a 22 euro al quintale pagato al produttore, siamo ancora lontani dal giusto prezzo che remunera i notevoli aumenti dei costi che gli agricoltori hanno dovuto sopportare dal 1985 ad oggi.
La politica dei biocarburanti poi rischia di far precipitare le cose, come ha già fatto in Messico dove il pane (la tortillas) è già aumentata di oltre il 400% in pochi mesi. A fronte di un prezzo del grano, pagato al produttore, di 22 euro al quintale (oggi!) abbiamo un prezzo del pane che come media costa 270 euro al quintale (2,7 euro al chilo) ovvero 12,27 volte (!!!) superiore al prezzo percepito dall’imprenditore agricolo, se non è speculazione questa…
Piccolo dato statistico dal 1985 il pane è aumentato del 419% mentre il prezzo ai produttori è costantemente sceso. Il problema agricolo e in special modo quello relativo al grano oltre ad avere un impatto sulle nostre finanze già allo stremo dai debiti e dalle voracità famelica di uno stato allo sbando, rischia di mettere in serio pericolo l’indipendenza e la nostra libertà (anche se oggi è già fortemente compromessa).
Una via di salvezza ovviamente c’è e adesso sta diventando imperativo metterla in atto..

mercoledì 12 settembre 2007

La legge di Stigler

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La legge dell'eponimia di Stigler afferma che: A una scoperta scientifica non si dà mai il nome del suo autore.
La legge è stata enunciata da Stephen Stigler, professore di statistica all'Università di Chicago, nel suo libro Statistics on the Table: The History of Statistical Concepts and Methods [1] e da allora è divenuta sempre più popolare.
È facile darne innumerevoli esempi di applicazione. Ad esempio la legge di Snell della rifrazione era nota a Ibn Sahl nel X secolo, il disco di Newton è descritto da Claudio Tolomeo, Robert Hooke ha scoperto, tra l'altro, la ruota di Savart, gli anelli di Newton e la legge di Boyle, ma non il giunto universale di Hooke, che, prima di essere chiamato giunto di Cardano, risaliva all'antichità, la formula di Cardano per la soluzione delle equazioni di terzo grado, d'altra parte, prima che a Cardano, era nota a Tartaglia, ma non era neppure sua, e così via. Le scoperte tendono ad essere attribuite il più delle volte a pochi personaggi che svolgono un ruolo analogo a quello degli eroi eponimi dell'antichità: Isaac Newton e Cartesio sono tra questi.
Chi è lo scopritore della legge di Stigler? Naturalmente Stigler, dando il suo nome alla legge, ha voluto modestamente sottolineare di non esserne l'autore. Nel suo libro ne ha attribuito la scoperta a Robert Merton, fornendoci almeno la possibilità di escludere un altro possibile candidato.

martedì 11 settembre 2007

8 settembre, V-day

dal Blog di Beppe Grillo
"Caro Beppe,sabato sono arrivata tardi in piazza, ma abbastanza per godere di un avvenimento di cui avevo perso memoria. Così tanti giovani, e così partecipi di fatti che riguardano il disgraziato paese, non li vedevo da quando, proprio in questa città, ero studente, cioè dagli anni 70. Per me l'avvenimento era questo, la possibilità di coinvolgere generazioni che sembravano indifferenti a tutto, e che evidentemente non è vero. Li ho guardati farsi 40 minuti di coda per mettere la loro firma su un pezzo di carta che chiede a gente non più degna di rappresentarci di andarsene. Amo questa città, nonostante sia diventata vecchia e incapace, la amo perchè in un momento cruciale, ha aperto le porte e ha ospitato un evento scomodo e fastidioso. Per un giorno è tornata ad essere viva e ha saputo esporre il dissenso in modo pacifico e coinvolgente. Lo sanno tutti quelli che c'erano. Do atto a Cofferati (che non amo e ho sempre criticato) di aver capito che era giusto così. Avrei dovuto salire sul palco, ma non l'ho fatto perchè non è il mio posto,o forse anche per timidezza. La battaglia io la conduco in altro luogo, e con altre parole, ma è la stessa.Vorrei che chi oggi polemizza cominciasse a riflettere sull'eventualità che un giorno a trascinare centinaia di migliaia di persone in piazza potrebbe esserci qualcuno di diverso da un comico. L'allarme è partito. Sarebbe meglio prenderlo sul serio e cominciare a porre rimedio sulle cause che esaltano gli animi e uniscono così tante persone...prima che sia troppo tardi".
Milena Gabanelli

Sembriamo lupi che gridano alla luna

di Maria Cascella
OneMoreBlog
Giornata intensa quella di ieri, stranamente tutto è avvenuto in Emilia Romagna. Mentre si svolge l'ultima festa dell' Unità, organizzata dai DS, è in atto l'intervento di Grillo da Bologna collegata ad altre 179 piazze italiane e 30 città straniere. Il tutto condito dal sottofondo (o dal rumore, a seconda delle emozioni suscitate) delle dichiarazioni del sindaco Cofferati sul pacchetto per la sicurezza. Senza contare il funerale del nostro grande maestro Pavarotti. L'Emilia, la sua gente, la sua stampa, ieri erano nell'occhio del ciclone mediatico - non solo nazionale, ma internazionale - e chi ha potuto scegliere era sicuramente nell'imbarazzo del dividersi tra l'impegno, la commemorazione o la protesta. Una terra forte e impegnata l'Emilia, da sempre capofila, nel bene e nel male, di progetti, di rinnovamento e di impegno popolare.

domenica 2 settembre 2007

Pisitta


da Repubblica