giovedì 20 settembre 2007

La Politica spaventata dalla piazza

di Andrea Pusceddu
Se il V-Day di Beppe Grillo deve farci preoccupare, di sicuro non è per la cosiddetta deriva populista, tanto temuta dalle segreterie di partito. L'Italia (e l'italiano) convivono con il virus del populismo sin dai tempi del ventennio fascista. Non ne siamo immuni, ma nemmeno schiavi: è come una vecchia gotta che ogni tanto si riacuisce, alla fine ci si abitua.
Anche il disamore degli italiani per i partiti è cronico ma altalenante, e purtroppo non ci ha mai impedito di mandare al potere chi il potere è stato in grado di restituitirlo sotto forma di favoretti e clientelismi. Se durante Tangentopoli gli italiani osannavano i giudici e tiravano le monetine a Craxi, ora molti di quei provetti lanciatori votano compatti gente che canta l'osanna in excelsis per il martire di Hammamet, e definisce Mani Pulite un quasi golpe tentato dal potere giudiziario.
Davvero, non ci sarebbe da preoccuparsi troppo se trecentomila italiani scendono in piazza a seguire le istanze forse sincere ma ogni tanto un po' facilone del blogger genovese. Quello che invece deve spaventare sono stati l'impreparazione e l'imbarazzo con cui i nostri politici hanno affrontato una manifestazione di piazza che - sebbene originale ed anche piuttosto accesa - non era certo una Tien An Men.
Tutti, da sinistra a destra, si sono stretti a coorte, salendo sulla sedia come zitelle spaventate da un topolino. Grillo che vuole abbattere i partiti, Grillo che vuole smantellare lo Stato, Grillo che aizza le folle, neanche fossimo nelle periferie incendiate di Parigi.
Tutti stizziti, pochi ad entrare nel merito delle proposte, giuste o sbagliate che siano.
Il fatto che un incensurato sia automaticamente un grande amministratore è ovviamente una scemenza, ma se la classe politica fosse stata in grado di autolimitare almeno le sconcerie più scandalose - come i troppi parlamentari condannati in cassazione per reati gravi, come i privilegi immeritati e fuori da ogni proporzione - non si sarebbe arrivati a questo punto.
Grillo propone l'amputazione della gamba, ed ovviamente esagera, ma non si può tacere che sinora la Politica non ha avuto il coraggio di bere neanche un cucchiaio di sciroppo, temendo fosse troppo amaro.
Ora siamo arrivati alle liste civiche col bollino di qualità come le banane, ma avremmo potuto evitarlo - con grande sollievo del nostro senso del ridicolo - se ci si fosse saputi fermare un po' prima da soli.
È stato poi commovente vedere come gran parte dei - bontà loro - leader nazionali siano caduti dalle ovattatissime nuvole in cui abitualmente risiedono, scoprendo con sbigottimento come talvolta non sia sufficiente controllare giornali, televisioni e consigli di amministrazione per evitare che la gente si parli, si raccolga, ed in ultima analisi decida di scrivere motu proprio l'agenda politica del giorno.
Il mondo gira, le cose vanno avanti e cambiano a ritmo impazzito, tante pagine di storia e cambiamento vengono scritte e riscritte ogni giorno, ma loro sono ancora fermi lì, a cercare di cambiare il nastro della macchina per scrivere.
Eppure, per far sfiatare la pentola che borbotta e trabocca sarebbe bastato poco, in fin dei conti. Sarebbe bastato affrontare di petto la questione della legge elettorale, unica situazione scandalosa che rende l'attuale situazione politica veramente diversa e più pericolosa di quella del passato.
Sarebbe bastato, o forse ancora basterebbe, affrontare la genesi del Partito Democratico in maniera più seria e rispettosa dell'intelligenza altrui.
Basta infatti scendere nel locale, e vedere come la corsa alla segreteria sarda sia diventata una vergognosa partita a rubamazzetto tra pochi, un gioco di veti incrociati ed attorcigliati in un ridicolo balletto di passi indietro accennati ma non fatti, proposti ma non raccolti.
Di idee e di visioni, sinora nemmeno l'ombra. Tra presidenza della Regione e botteghe di partito ci si scanna per la prima fila, mentre - se davvero si avesse a cuore la cosa comune - basterebbe partecipare tutti alle primarie, mettendo sul piano i programmi concreti, e fidandosi dell'intelligenza e del discernimento dei cittadini.
Invece no, si grida allo scandalo perchè - rebus sic stantibus - rischiamo di arrivare alle primarie senza un candidato unico ed unitario, lasciando quindi all'elettore una possibilità di scelta: un grado di libertà che - se non ci inganniamo - dovrebbe essere proprio il motivo primo di una competizione elettorale.
Il popolo, se ne deduce, non può vagliare, non deve scegliere. Deve solo acclamare, può solo dire quanto è buono il menu fisso che gli è stato servito sul piatto.
E allora, se si continua a trattare gli elettori come zotici ignoranti, non ci si sorprenda troppo se iniziano a saltar fuori le torce ed forconi.