venerdì 26 ottobre 2007

Superior stabat Clemens

di Marco Travaglio

Siccome Luigi De Magistris, al contrario di quel che si dice, non passa notizie ai giornali, nessuno sa ancora quali elementi abbiano portato a indagare il ministro Mastella per truffa, abuso e illecito finanziamento. Ma, da come si comporta il ministro Clemente Mastella, vien da pensare che il pm abbia in mano elementi poderosi su fatti gravissimi, o forse potrebbe scoprirli a breve. Che lui ancora non li conosca, ma Mastella sì.

Ragioniamo: se davvero De Magistris fosse l’acchiappafantasmi e il fumista inconcludente che viene descritto dai suoi detrattori (tipo il capogruppo dell’Udeur Fabris a Porta a Porta), Mastella sarebbe in una botte di ferro: se avesse fatto qualcosa di male, il pm incapace non sarebbe in grado di scoprirlo. Se non avesse fatto nulla, ancora meglio: l’indagine finirebbe nel nulla, o perché lo stesso pm chiederebbe di archiviarla, o perché, se lui si accanisse, verrebbe smontata dal gip, o dal Tribunale, o dalla Corte d’appello, o dalla Cassazione.

Invece Mastella ha fatto di tutto per evitare che De Magistris la portasse a termine: appena il pm ha sfiorato i suoi amici Saladino e Bisignani, lui ha intensificato le ispezioni; quando ha scoperto che il pm aveva intercettazioni e tabulati che indirettamente lo riguardavano, ha chiesto al Csm il suo trasferimento urgente. E quando il Csm l’urgenza non l’ha vista proprio, è scattato il piano B: anzichè trasferire il pm, si è trasferita l’inchiesta. Siccome Mastella è tutt’altro che uno sprovveduto, se sta scatenando questo putiferio avrà le sue ragioni. Che però contraddicono la tesi secondo cui l’indagine è fondata sul nulla. Perché altrimenti il Guardasigilli avrebbe tutto l’interesse a lasciare che il pm ci si rompa le corna. La logica non lascia alternative.

Ma la vicenda, già grave sul piano morale e politico, ha questo di speciale: che ha abolito la logica, la consecutio temporum, la distinzione tra cause ed effetti. Mastella dice che «l’indagine deve proseguire», ma ha fatto di tutto perchè si bloccasse. Dice che la legge gl’imponeva di chiedere il trasferimento di De Magistris, ma la legge (il nuovo ordinamento giudiziario) l’ha fatta lui e non impone affatto al ministro di chiedere la cacciata di un pm dopo un’ispezione e prima che si chiuda il procedimento disciplinare: gli consente di farlo, come di non farlo.

Lui allora dice che gli ispettori sono magistrati, il Pg Dolcino Favi che ha avocato «Why not» è magistrato, il procuratore Mariano Lombardi che ha tolto «Poseidone» a De Magistris è magistrato, l’Anm di Catanzaro che ha chiesto l’ispezione su De Magistris è fatta di magistrati, il Csm che deve giudicare è pieno di magistrati: dunque han fatto tutto loro e Mastella non ha fatto niente. Ma l’ispezione l’ha mandata lui e la richiesta di trasferimento l’ha avanzata lui: e, senza quei due atti, tutto filerebbe liscio come l’olio. Allora lui dice che De Magistris dà troppe interviste e deve stare zitto. Ma De Magistris parla perché da anni è bersaglio di interpellanze, attacchi, ispezioni, richieste di trasferimento: non viceversa.

Viene in mente la fiaba del lupo e dell’agnello. «Ti sbrano perché mi intorbidi l’acqua». «Impossibile, tu stai sopra e io sto sotto». «Ma tu vent’anni fa mi hai insultato». «Impossibile, io vent’anni fa non ero nato». «Allora sarà stato tuo padre, ti sbrano lo stesso».

È con questa logica che il Pg Favi ha avocato «Why not», come ha spiegato lo stesso ministro a Porta a Porta: De Magistris indaga su di lui, lui chiede il suo trasferimento ma non l’ottiene, De Magistris continua a indagare su di lui, dunque ce l’ha con lui, ergo è «incompatibile per conflitto d’interessi».

Gli indagati che volessero sbarazzarsi del proprio pm ma, non essendo ministri, non potessero chiederne il trasferimento, possono denunciarlo per un reato a caso; se poi quello continua a indagare su di loro, vuol dire che ce l’ha con loro e se ne deve andare. Così ne arriva un altro; ma, se non fa il bravo, lo si denuncia e ricomincia il giochino. Naturalmente a segnalare a Porta a Porta il “conflitto d’interessi” del pm, è il ministro che non ha votato la legge sul conflitto d’interessi; e che, su tremila pm, se la prende proprio con quello che indaga su di lui. E chi raccoglie la denuncia del ministro? Il marito giornalista della signora Augusta Iannini, capo degli Affari di giustizia del ministero e responsabile degl’ ispettori che vogliono punire il pm.

Ma il conflitto d’interessi, com’è noto, ce l’ha De Magistris. E solo lui. E, se non è lui, sarà stato suo padre.

Marco Travaglio
da L'Unità del 24 Ottobre 2007