giovedì 10 gennaio 2008

Monnezza/2 Campania: la non-emergenza

di Giorgia Boca – Megachip

Il problema dei rifiuti in Campania, come ogni problema mai risolto alla radice, periodicamente ritorna di attualità, occupando prepotentemente le prime pagine dei giornali. Le immagini che ci vengono proposte sono da qualche tempo sempre più esasperate e drammatiche: piramidi di spazzatura per le strade delle città, proteste che raggiungono livelli di tensione molto alta, scontri, vertici istituzionali di vario genere che si concludono in annunci di risoluzioni puntualmente rivelatesi fallimentari.

E' una questione che rappresenta “un concentrato di tutte le crisi del nostro paese: crisi culturale, politica, amministrativa, economica, occupazionale, ambientale, urbana, sanitaria, securitaria: insomma una bancarotta della democrazia” [1]. Negli anni novanta viene approvato un piano regionale dei rifiuti che prevede la realizzazione di due termovalorizzatori e sette impianti per la produzione di combustibile da rifiuti (Cdr), le cosiddette ecoballe.

Chi vince l'appalto per la gestione dell'intero ciclo dei rifiuti decide dove costruire gli impianti: vince la Fibe, società di Impregilo, e per i termovalorizzatori vengono prescelte Acerra e Santa Maria La Scala. La prima, in particolare, è già uno dei siti più inquinati d'Italia, dove il tasso di mortalità per tumori è uno dei più alti. E infatti le proteste non tardano ad arrivare: i lavori partono, ma, come spesso accade in Italia, i tempi – e i costi – iniziano a dilatarsi. Prima si parla del 2007, poi del 2008, ma adesso è chiaro che prima del 2009 nessuno vedrà operativa quella struttura. E la cosa più sconcertante è pensare che una scelta così delicata per il territorio e la salute dei cittadini, due ambiti in cui lo Stato non può permettersi deleghe, sia stata fatta interamente dai privati.

Altro sintomo conclamato di questa sindrome da responsabilità è la gestione commissariale. Può l'emergenza giustificare una così prolungata delega dei poteri da parte dello Stato? Non c'è solo il problema dei rifiuti: c'è quello idrogeologico, quello del sottosuolo, quello delle bonifiche. Di fronte alla necessità di scelte cruciali e di rilievo, lo Stato fa un passo indietro e l'emergenza non è più sintomo di un problema ma giustificazione per non decidere o, peggio, per nascondere le proprie inefficienze: “è al concetto di stato di eccezione , più che a quello di emergenza, che si deve ormai ricorrere per giustificare in Campania l'esistenza dei commissariati di governo di lungo corso, cui si è demandata pressoché per intero la gestione di settori ambientali cruciali” [2].

Cosa dire poi del fatto che per ben due volte è stato nominato commissario addirittura un presidente di Regione? Lo stato di emergenza esprime il fallimento degli amministratori democraticamente eletti, ma sono poi gli amministratori stessi che vengono chiamati a correggere i loro errori. E così la catena continua. ..
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