sabato 10 gennaio 2009

Valzer con Bashir


NATALIA ASPESI

Repubblica


I carri armati israeliani sono entrati nella striscia di Gaza, e come se il tempo si fosse fermato, come se la guerra e le centinaia di morti, le distruzioni, l' odio e la sofferenza fossero una condizione permanente di quei luoghi, e la pace impossibile senza l' annientamento di un nemico, arriva proprio da Israele (in Italia dal 9 gennaio) un film straordinario.
Un capolavoro che riesce a comunicare attraverso emozioni stordenti, la consapevolezza della futilità barbara e senza fine di ogni conflitto; perché anche chi è sopravvissuto a una simile esperienza di terrore, ferocia, follia e disperazione, dice il film, torna a casa traumatizzato per sempre, sulle ceneri della giovinezza perduta e della vita spezzata.
Valzer con Bashir, del regista israeliano Ari Folman, presentato all' ultimo Festival di Cannes, vincitore di sei Oscar israeliani e adesso in gara, con Gomorra, per l' Oscar americano al film in lingua straniera, è una potente testimonianza autobiografica contro ogni conflitto bellico, un abbagliante documentario d' animazione che con l' uso innovativo di questa tecnica riesce a introdurre lo spettatore, molto più delle immagini reali, nell' allucinazione tra sogno e memoria dell' apocalisse attraversata da chi si è trovato, ieri o oggi, a combattere una guerra.
Ari Folman, diventato regista affermato, aveva totalmente soppresso quella zona oscura, carica di bagliori indistinti e fragori allucinati, che era stata a 18 anni, la sua esperienza nell' esercito israeliano impegnato nella prima guerra del Libano per sradicare da quei territori i palestinesi e i loro missili sul Nord di Israele. Eppure lui, Folman, c' era tra quei ragazzi impreparati, sprovveduti, superarmati, lo stesso viso terrorizzato dei soldati di oggi a Gaza, che entrarono in Beirut Ovest nel settembre del 1982, il giorno stesso in cui Bashir Gemayel, giovane e carismatico generale dei falangisti cristiano maroniti alleati di Israele, appena eletto presidente del Libano, era stato assassinato (ancora oggi non si sa da chi e da quale fazione).
Lui, Folman, c' era tra quelli che circondarono i campi dei rifugiati palestinesi di Sabra e Shatila per controllarli, lui c' era tra chi, privi di alcun ordine superiore, abbandonati in un silenzio inquietante, volsero lo sguardo altrove mentre nella notte, a pochi metri di distanza, avvantaggiato dai riflettori israeliani, l' esercito falangista entrava nel miserabile campo.
Valzer con Bashir è il suo modo per riprendersi la giovinezza, la memoria, la sofferenza di allora, chiedendo aiuto alla psicanalisi, andando alla ricerca dei suoi ex commilitoni dimenticati, che pur riluttanti, sono tornati per lui a ricordare gli incubi sepolti. C' è chi racconta della telefonata ad "Arik" Sharon, allora ministro della Difesa, per segnalargli che correvano voci di un massacro, che gli spari e le grida che provenivano dal campo erano incessanti, e lui risponde educato soltanto «grazie per avermi informato».
C' è chi rievoca l' angoscia continua, la paura fisica, la follia della disperazione che spinge uno di loro, sotto il fuoco dei cecchini palestinesi, a uscire allo scoperto mettendosi a ballare il valzer sotto i manifesti di Bashir. C' è chi non può dimenticare il gruppo di bambini e donne terrorizzati che escono dalle miserabili baracche a mani alzate come i piccoli ebrei evacuati dal ghetto di Varsavia, chi di notte è assalito dall' incubo di una muta di cani feroci che lo assediano e gli paiono quelli che aveva dovuto uccidere perché non abbaiassero durante le manovre.
Riaffiorano immagini surreali, ipnotiche, collegate a indecifrabili angosce, una folla di donne velate di nero che corrono piangendo tra le rovine, un soldato israeliano rimasto solo sotto il fuoco palestinese che riesce a gettarsi in mare e immagina di essere salvato da una immensa figura di donna. D' improvviso il graphic movie finisce con un paio di minuti di riprese video, spaventose; tornano nel campo le poche donne che erano riuscite a fuggire e vagano come impazzite, urlando, tra montagne di cadaveri, corpi torturati, fatti a pezzi, uomini donne, vecchi, bambini.
Ha detto il regista «Voglio che con queste immagini la gente si convinca che questo orrore è veramente accaduto e che noi israeliani, non impedendolo, ne siamo stati in parte responsabili». Il massacro era durato, indisturbato, per tre giorni, le vittime ammazzate con spaventosa crudeltà, furono circa tremila. La strage fu di pura vendetta, raccontano nel sito del film, perché secondo un accordo tra le parti i palestinesi armati erano stati evacuati in Tunisia da due settimane.
La notizia sconvolse il mondo, anche in Israele centinaia di migliaia di persone scesero in piazza, la protesta così unanime obbligò il governo a creare una commissione di inchiesta. Sharon fu giudicato colpevole di non aver fatto abbastanza per fermare una strage dal momento che ne era stato informato. Dichiarato non idoneo a comandare dovette dimettersi con il divieto a ricoprire di nuovo quella carica. Nel '96 divenne ministro degli Esteri e nel 2001 divenne primo ministro.