martedì 6 gennaio 2009

Telefonia militare

di Alessandro Robecchi
Il Manifesto
Buongiorno, shalom. Sono il telefonista dell'esercito israeliano di turno dalle 8 alle 21. Lavoro noioso. Mi danno una lista di numeri di telefono di Gaza, io li chiamo e gli dico: ehi, gente, tra cinque minuti vi tiriamo un missile. Al resto pensano i ragazzi dell'aviazione. È un lavoro nuovo, ne parlano tutti i giornali del mondo. All'inizio c'è stata un po' di confusione amministrativa per capire se ero in forze all'esercito o all'ufficio propaganda, e sono stato tre giorni senza buoni pasto. Seccante.
Secondo la nostra propaganda, siamo in grado di ammazzare un signore barbuto in casa sua, senza svegliare i bambini che dormono nella stanza accanto. Certe volte non si svegliano proprio più. Quindi nessuna emergenza umanitaria, l'unico problema è che crollano i muri della casa.

Lo so che i missili intelligenti non li abbiamo inventati noi, ma è una scemenza che viene utile quando li tiri. Insomma, io telefono a questi palestinesi, ma la cosa è più complicata di quanto sembri. Certe volte è occupato, certe volte non sentono il telefono perché stiamo bombardando la casa di fianco. Certe volte non li chiamo neanche, o faccio degli scherzi telefonici, o sbaglio numero apposta. Dopotutto è irrilevante che io telefoni oppure no, basta che lo dicano i telegiornali.

Poi hanno deciso: sono in forze all'ufficio propaganda, e i buoni pasto sono arrivati subito. Comunque, non è un lavoro pesante, e rischio pure di diventare famoso: mi sto ritagliando tutti gli articoli che dicono quanto siamo bravi a avvisare la gente prima di ammazzarla. È una cosa che dà soddisfazione. Ma scusate, ho chiacchierato troppo, ora devo lavorare. Pronto? Chi sei? Passami mamma... papà è in casa? In che stanza? Va bene, dì a mamma che avete sei minuti per lasciare il palazzo. Quattro, anzi... forse uno... Pronto? Pronto?

Link: http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/in-edicola/numero/20090104/pagina/01/pezzo/238646/