giovedì 23 giugno 2011

DEMOCRAZIA CONTRO MITOLOGIA: LA BATTAGLIA IN PIAZZA SYNTAGMA

STURDYBLOG

Non sono mai stato tanto determinato e speranzoso di cercare di far comprendere un fatto: che le proteste in Grecia vi riguardano tutti da vicino.

Quello che sta accadendo in questo momento ad Atene è la resistenza contro un’invasione, un’invasione brutale quanto quella subita dalla Polonia nel 1939. L’esercito degli invasori indossa completi di sartoria invece delle uniformi e porta con sé computer portatili invece delle pistole, ma non ci sbagliamo: l’attacco alla nostra sovranità è altrettanto violento e meticoloso. Gli interessi dei capitali privati stanno dettando la politica di una nazione sovrana, in modo smaccato e contrario ai nostri interessi nazionali. Ignoratelo a vostro rischio e pericolo. Dite a voi stessi, se si va, che forse la cosa si fermerà qui. Che forse gli ufficiali giudiziari non andranno oltre il Portogallo e l’Irlanda. E poi Spagna e Regno Unito. Ma la cosa è già in movimento. Questa è la ragione per cui non vi potere permettere di ignorare questi eventi.

I potenti hanno suggerito che ci sono un sacco di cose da vendere. Josef Schlarmann, un membro di lunga data del partito di Angela Merkel, ci ha di recente suggerito che sarebbe il caso di vendere alcune delle nostre isole ai compratori privati per riuscire a pagare gli interessi dei nostri prestiti, che ci sono stati imposti per stabilizzare le istituzioni finanziarie e un esperimento monetario destinato al fallimento. (Naturalmente, non è una coincidenza che le ultime ricerche hanno scoperto immense riserve di gas naturale nel Mar Egeo).

La Cina ci si sta buttando a capofitto perché ha enormi riserve di moneta e più di un terzo di queste sono in Euro. I siti di interesse storico come l’Acropoli potrebbero passare ai privati. E se non facciamo come ci è stato detto e come risulta dalle palesi minacce, ci penseranno i politici stranieri più responsabili a farlo con la forza. Del Partenone e dell’antica Agorà facciamone un parco Disney, dove gli indigeni mal pagati si vestiranno da Platone o da Socrate e faranno sbizzarrire le fantasie dei ricchi.

È di vitale importanza far capire che io non voglio scusare i miei connazionali per le loro responsabilità. Ne abbiamo fatte di cose sbagliate. Ho lasciato la Grecia nel 1991 e ci sono ritornato fino al 2006. Nei primi mesi mi guardavo intorno e vedevo un paese completamente diverso da quello che mi ero lasciato alle spalle. Tutti i pannelli per le affissioni, le fermate degli autobus, le pagine di tutte le riviste pubblicizzavano prestiti a bassi interessi. Era una distribuzione di soldi gratuita. Hai un prestito che non riesci a sostenere? Vieni e prendine uno più grande e ti daremo un buono per una lap dance in omaggio. E i nomi scritti in fondo a questi annunci non erano proprio sconosciuti: HSBC, Citibank, Credit Agricole, Eurobank, eccetera.

Mi dispiace ammettere che abbiamo proprio abboccato. La psiche greca ha sempre avuto un tallone d’Achille, una crisi d’identità sempre latente. Siamo all'incrocio di tre continenti e la nostra cultura, proprio per questo motivo, è sempre stata un crogiolo. Invece di apprezzare questa ricchezza, abbiamo deciso di essere solo Europei, Capitalisti, Moderni, Occidentali. E, dannazione, dovevamo esserne assolutamente capaci. Saremmo diventati i più Europei, i più Capitalisti, i più Moderni, i più Occidentali. Eravamo degli adolescenti con la prestigiosa carta di credito dei propri genitori.

Non riuscivo a vedere un paio di occhiali da sole senza il marchio di Diesel o di Prada. Non c'era un paio di infradito senza il logo di Versace o di D&G. Le auto che mi circondavano erano quasi tutte Mercedes e BMW. Se qualcuno decideva di andare in vacanza in un posto più vicino della Thailandia, cercava di mantenere il segreto. C’era una spaventosa mancanza di senso comune e neppure la minima percezione che questo flusso di ricchezza non fosse inesauribile. Siamo diventati una nazione sonnambula che si avvicinava al precipizio buio della nostra piscina, costruita da poco con le sue belle piapiastrelle italiane, senza preoccuparsi che a un certo punto le nostre dita non sarebbero riuscite a toccarne il fondo.

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