divertentissimo da Propaganda Nera
“E’ inaccettabile che il Presidente del Consiglio compia atti sessuali con ragazze, anche minorenni, tralasciando il dovere di mantenere un comportamento rispettoso dei basilari principi etici che governano le nostre coscienze obnubilate da una morale sessuofobica fondata sull’esaltazione della nevrosi, della rinuncia e della frustrazione.”
Questo uno dei passaggi essenziali dell’intervista ancora in corso con la senatrice del PD Rosi Bindi dopo le indiscrezioni uscite poco fa in anteprima su Propaganda Nera.
Secondo la Bindi, al di la del reato penale il vero scandalo non sarebbe l’ipocrisia di un Presidente del Consiglio che si atteggia a difensore e referente politico di un’etica inconciliabile con l’andare a troie, bensì il fatto che un ultrasettantenne come Berlusconi si senta più attratto dalle strafighe ventenni e diciassettenni che dall’assai più rispettabile culo avvizzito di una sua coetanea.
Noi di PN naturalmente ci dissociamo all’omelia della senatrice Bindi, che a differenza di Berlusconi è senz’altro un modello sessuale sano e da emulare ma che tuttavia dimentica, come del resto tutti coloro che commentano questa vicenda, un fatto essenziale: che cosa dovremmo pensare di un Presidente del Consiglio che con tanto potere e denaro a disposizione, potendo realizzare qualsiasi fantasia erotica, non trova niente di meglio che organizzare squallide serate in stile papponi-night?
Da un Presidente del Consiglio che avrebbe i mezzi per trasformare in realtà anche le ambizioni più brillanti e bizzarre della libido umana, che potrebbe far rivivere i saturnali o affittare interi palazzi sul Canal Grande per organizzare orge degne di Eyes Whide Shut o delle fantasie di Sade, che potrebbe accoppiarsi in una fontana d’oro spillante champagne Cristal e viagra con suore novizie fatte arrivate in volo privato dal Brasile mentre il ministro della Cultura viene frustato da un nano albino che recita la divina commedia seduto su una liceale giapponese che costruisce origami fallici; da un uomo che potrebbe realizzare qualsiasi sogno (e se non ha sogni pagare Peter Greenaway per farne uno e sceneggiarlo al posto suo) possiamo tollerare che non riesca ad organizzare niente di meglio, niente di meno antiestetico e patetico di serate con venti battone in mutande che si fanno toccare il culo da Emilio Fede e Lele Mora ballando “que te la pongo”?
Link originale :http://propagandanera.splinder.com/post/24226854/rosi-bindi-e-il-pd-allattacco-una-rispettabile-frustrazione-e-quello-che-ci-vuole
mercoledì 23 marzo 2011
Edgar Cayce
da Luogo Comune
Passato alla storia come il “profeta dormiente”, Edgar Cayce (pronuncia: “chèisi”) è molto conosciuto negli ambienti che si occupano di spiritualità e di argomenti metafisici, ma è praticamente ignoto al resto del mondo.
Il motivo è molto semplice: poichè Cayce sosteneva di “saper vedere nelle vite passate” delle persone, e poichè questo non è verificabile in maniera scientifica, per la cultura mainstream il fatto semplicemente “non sussiste”. Altrettanto dicasi per le predizioni del futuro, che Cayce ha fatto più volte, ma che restano difficili da confermare o da smentire, poichè raramente legate ad una data precisa. L’esempio più famoso è certamente quello in cui Cayce indicò l’esistenza di una stanza sigillata sotto la zampa della Sfinge, nella quale sarebbero racchiusi i segreti lasciatici in eredità dagli Atlantidei, la razza umana che – secondo alcune teorie - avrebbe preceduto la nostra su questa terra. Per ora la stanza non è stata trovata (anche se un team di ricercatori sostiene di aver individuato una cavità vuota, con il sonar, proprio sotto la Sfinge), ma Cayce disse anche che la stanza sarebbe stata aperta “solo quando l’umanità fosse stata pronta a comprendere il significato di ciò che contiene”. Insomma, chi vuole ovviamente ci può credere, ma queste cose sembrano a prima vista destinate a restare relegate al mondo della “superstizione”.
In realtà la documentazione sulla vita di Edgard Cayce è abbondantissima, e da questa si possono trarre molte conclusioni valide ed accertabili. [1]
Nato nel 1877 nelle campagne del cristianissimo Kentucky, Edgar Cayce si accorse fin da piccolo di avere dei particolari poteri psichici: poteva parlare a piacimento con lo spirito del nonno defunto – sosteneva - e spesso si ritrovava a giocare con piccoli “amici immaginari” che lui diceva essere spiriti dell’aldilà.
Quando Cayce aveva 14 anni fu colpito alla spina dorsale da una pallina da baseball, e rimase svenuto per diverse ore. Fu chiamato un dottore, ma il piccolo Edgar non rinveniva. Continuava a straparlare, come se fosse in trance, e ad un certo punto dettò una strana ricetta per un impacco che doveva venirgli applicato sulla schiena. La ricetta era talmente bizzarra ...
... che il dottore non pensò minimamente di far preparare l’impacco, mentre tutti iniziavano a temere che il ragazzo fosse impazzito. La nonna di Edgar invece preparò l’impacco, seguendo le istruzioni dettate dal ragazzino “in trance”, e questi in poche si rialzò, completamente guarito.
La prima cosa che lo rese “famoso”, nella cittadina dove abitava, fu la sua capacità di dormire con un libro sotto il cuscino, e di saperne recitare l’intero contenuto il giorno seguente, senza mai averne aperto una sola pagina.
Questo fenomeno attrasse la curiosità di molti “scettici”, che misero Cayce alla prova svariate volte, ma solo per convincersi ogni volta che si trattasse davvero di una sua capacità particolare. Fu proprio questa capacità a regalare al giovane Edgar il primo impiego nella più importante libreria della città, poichè si era dimostrato in grado di memorizzare senza fatica l’intero catalogo dei libri disponibili. Gli era bastato dormire con il pesante catalogo sotto il cuscino, ed il giorno seguente sapeva a memoria la collocazione, l’editore e l’autore degli oltre 1000 volumi disponibili al pubblico.
Per capire meglio l’avventura umana di Edgar Cayce, bisogna tener presente che gli anni a cavallo del ‘900 videro, in America, una vera e propria esplosione nell’interesse per i fenomeni paranormali: maghi, ipnotizzatori e veggenti di ogni tipo si aggiravano per le città e per le campagne, intrattenendo un pubblico facilmente impressionabile con i loro spettacoli e i loro trucchi da baraccone. Fra questi mille ciarlatani c’era però anche qualcuno che aveva preso a studiare seriamente certi fenomeni, come quello dell’ipnosi. Il fatto che si riuscisse a far fare ad un soggetto ipnotizzato praticamente qualunque cosa rappresentava, per la maggioranza di loro, una sicura fonte di successo: non è difficile far schiattare il pubblico dalle risate, se convinci un soggetto sotto ipnosi di essere Beethoven, e poi gli chiedi di suonare il pianoforte, nonostante lui non abbia mai toccato una tastiera in vita sua. Per altri invece, dottori soprattutto, lo stato di ipnosi rappresentava l’indicazione dell’esistenza di un intero universo - quello dell’inconscio - ancora tutto da esplorare.
Ed è propio grazie ad uno di questi dottori, Al Layne, che Edgar Cayce venne a scoprire il talento eccezionale di cui la natura lo aveva dotato..
Continua su Luogo Comune
Passato alla storia come il “profeta dormiente”, Edgar Cayce (pronuncia: “chèisi”) è molto conosciuto negli ambienti che si occupano di spiritualità e di argomenti metafisici, ma è praticamente ignoto al resto del mondo.
Il motivo è molto semplice: poichè Cayce sosteneva di “saper vedere nelle vite passate” delle persone, e poichè questo non è verificabile in maniera scientifica, per la cultura mainstream il fatto semplicemente “non sussiste”. Altrettanto dicasi per le predizioni del futuro, che Cayce ha fatto più volte, ma che restano difficili da confermare o da smentire, poichè raramente legate ad una data precisa. L’esempio più famoso è certamente quello in cui Cayce indicò l’esistenza di una stanza sigillata sotto la zampa della Sfinge, nella quale sarebbero racchiusi i segreti lasciatici in eredità dagli Atlantidei, la razza umana che – secondo alcune teorie - avrebbe preceduto la nostra su questa terra. Per ora la stanza non è stata trovata (anche se un team di ricercatori sostiene di aver individuato una cavità vuota, con il sonar, proprio sotto la Sfinge), ma Cayce disse anche che la stanza sarebbe stata aperta “solo quando l’umanità fosse stata pronta a comprendere il significato di ciò che contiene”. Insomma, chi vuole ovviamente ci può credere, ma queste cose sembrano a prima vista destinate a restare relegate al mondo della “superstizione”.
In realtà la documentazione sulla vita di Edgard Cayce è abbondantissima, e da questa si possono trarre molte conclusioni valide ed accertabili. [1]
Nato nel 1877 nelle campagne del cristianissimo Kentucky, Edgar Cayce si accorse fin da piccolo di avere dei particolari poteri psichici: poteva parlare a piacimento con lo spirito del nonno defunto – sosteneva - e spesso si ritrovava a giocare con piccoli “amici immaginari” che lui diceva essere spiriti dell’aldilà.
Quando Cayce aveva 14 anni fu colpito alla spina dorsale da una pallina da baseball, e rimase svenuto per diverse ore. Fu chiamato un dottore, ma il piccolo Edgar non rinveniva. Continuava a straparlare, come se fosse in trance, e ad un certo punto dettò una strana ricetta per un impacco che doveva venirgli applicato sulla schiena. La ricetta era talmente bizzarra ...
... che il dottore non pensò minimamente di far preparare l’impacco, mentre tutti iniziavano a temere che il ragazzo fosse impazzito. La nonna di Edgar invece preparò l’impacco, seguendo le istruzioni dettate dal ragazzino “in trance”, e questi in poche si rialzò, completamente guarito.
La prima cosa che lo rese “famoso”, nella cittadina dove abitava, fu la sua capacità di dormire con un libro sotto il cuscino, e di saperne recitare l’intero contenuto il giorno seguente, senza mai averne aperto una sola pagina.
Questo fenomeno attrasse la curiosità di molti “scettici”, che misero Cayce alla prova svariate volte, ma solo per convincersi ogni volta che si trattasse davvero di una sua capacità particolare. Fu proprio questa capacità a regalare al giovane Edgar il primo impiego nella più importante libreria della città, poichè si era dimostrato in grado di memorizzare senza fatica l’intero catalogo dei libri disponibili. Gli era bastato dormire con il pesante catalogo sotto il cuscino, ed il giorno seguente sapeva a memoria la collocazione, l’editore e l’autore degli oltre 1000 volumi disponibili al pubblico.
Per capire meglio l’avventura umana di Edgar Cayce, bisogna tener presente che gli anni a cavallo del ‘900 videro, in America, una vera e propria esplosione nell’interesse per i fenomeni paranormali: maghi, ipnotizzatori e veggenti di ogni tipo si aggiravano per le città e per le campagne, intrattenendo un pubblico facilmente impressionabile con i loro spettacoli e i loro trucchi da baraccone. Fra questi mille ciarlatani c’era però anche qualcuno che aveva preso a studiare seriamente certi fenomeni, come quello dell’ipnosi. Il fatto che si riuscisse a far fare ad un soggetto ipnotizzato praticamente qualunque cosa rappresentava, per la maggioranza di loro, una sicura fonte di successo: non è difficile far schiattare il pubblico dalle risate, se convinci un soggetto sotto ipnosi di essere Beethoven, e poi gli chiedi di suonare il pianoforte, nonostante lui non abbia mai toccato una tastiera in vita sua. Per altri invece, dottori soprattutto, lo stato di ipnosi rappresentava l’indicazione dell’esistenza di un intero universo - quello dell’inconscio - ancora tutto da esplorare.
Ed è propio grazie ad uno di questi dottori, Al Layne, che Edgar Cayce venne a scoprire il talento eccezionale di cui la natura lo aveva dotato..
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martedì 15 febbraio 2011
Se non ora..adesso?
Le donne che in tutta italia hanno manifestato il 13 febbraio scorso sono state definite "poche radical chic" dalla ministra Gelmini.
Poche ? Non si direbbe proprio. Qui c'è Roma, ma pare che fossero qualsi un milione tra le diverse piazze.
Radical chic. Ehm.
Quando si usava questo termine i telefoni erano belli grandi e attaccati al muro, i televisori avevano giusto tre canali.I bei tempi andati quando alla TV c'era giusto la tribuna politica. Quanti anni aveva la ministra allora? Lo sa che quell'Italia, quella società non esiste più da un pezzo?
Ma le parole sono rimaste. Meglio, sono state riesumate.
Riferirsi a parole vuote, mistificando la realtà..c'è un termine anche per questo.
Bieca propaganda, ad esempio.
Le donne sono state strumentalizzate? Può darsi.
Ma che bello vedere tanta gente riempire le piazze.
Che debba essere gioiosa e allegra, poi, perchè?
Meglio sia incazzata, molto molto incazzata. E molta.
Si può migliorare.
Qui e qui l'opinione di due -ottimi - bloggers, che sottoscrivo in toto.
Poche ? Non si direbbe proprio. Qui c'è Roma, ma pare che fossero qualsi un milione tra le diverse piazze.
Radical chic. Ehm.
Quando si usava questo termine i telefoni erano belli grandi e attaccati al muro, i televisori avevano giusto tre canali.I bei tempi andati quando alla TV c'era giusto la tribuna politica. Quanti anni aveva la ministra allora? Lo sa che quell'Italia, quella società non esiste più da un pezzo?
Ma le parole sono rimaste. Meglio, sono state riesumate.
Riferirsi a parole vuote, mistificando la realtà..c'è un termine anche per questo.
Bieca propaganda, ad esempio.
Le donne sono state strumentalizzate? Può darsi.
Ma che bello vedere tanta gente riempire le piazze.
Che debba essere gioiosa e allegra, poi, perchè?
Meglio sia incazzata, molto molto incazzata. E molta.
Si può migliorare.
Qui e qui l'opinione di due -ottimi - bloggers, che sottoscrivo in toto.
venerdì 28 gennaio 2011
UNO SCIOPERO GENERALE CONTRO LA MENZOGNA SOCIALE
da Comidad
www.comidad.org
Un sistema mediatico appeso per giorni all'attesa degli oracoli sibillini della Conferenza Episcopale Italiana, ha invece totalmente ignorato l'approssimarsi della scadenza dello Sciopero Generale del 28 gennaio. Intanto lo stesso sistema mediatico sta affilando le sue armi per cercare di liquidare questo sciopero come una espressione di attaccamento all'ideologia in un mondo che cambia. In effetti, tutti pensano e si esprimono in base a modelli ideologici, quindi non si può essere ideologici o non-ideologici. La differenza è, semmai, fra coloro che accettano di confrontarsi con le smentite provenienti dai dati di fatto, e invece coloro che trasformano ogni smentita in un'ulteriore conferma dei loro slogan. Quindi vi sono ideologie che non vengono affatto formulate per cercare di capire la realtà, ma solo per mistificarla; in questo caso ideologie che nascono per funzionare come armi psicologiche nella guerra mondiale dei ricchi contro i poveri.
Il mitico "Mercato" rappresenta una tipica ideologia auto-confermativa: i disastri provocati dal sedicente "Mercato" divengono infatti la prova provata del "fatto" che non c'è mai abbastanza Mercato. Una cosa che pretende di esistere, ma ritiene sempre di non esistere mai a sufficienza, è, con ogni evidenza, una non-esistenza, un mito o, più precisamente, un alibi ideologico.
Da venti anni si succedono provvedimenti ed "accordi" sulla flessibilità del lavoro, presentata come la panacea al problema della produttività. La Legge 30/2003, reclamizzata come la soluzione ultra-"flessibile" al problema della disoccupazione giovanile, ci ha condotto al record della disoccupazione giovanile. Secondo i governi e il padronato, la risposta a questo disastro sociale dovrebbe essere però quella di imporre ancora più "flessibilità", cioè di precarizzare ogni forma di lavoro.
Le ideologie auto-confermative usano anche le mezze verità come esca per far passare una menzogna. In queste settimane si è cercato di spacciare il fatto che la FIAT in passato abbia preso il denaro pubblico, come prova che oggi non lo stia più incassando. Sono stati messi in ombra non soltanto i milioni di ore di Cassa Integrazione, tramite le quali l'azienda ha potuto liberarsi del peso del costo del lavoro di parte dei suoi dipendenti per aumentare lo sfruttamento di quelli rimasti in fabbrica; ma si è anche taciuto sugli stessi dati ufficiali che rivelano che i fondi comunitari, versati dall'Unione Europea a titolo di "Sviluppo Regionale", sono in realtà usati per finanziare le delocalizzazioni nell'Europa dell'Est. Con questi fondi la FIAT ha potuto aprire i suoi stabilimenti in Polonia, quindi il basso costo del lavoro polacco in questa delocalizzazione non c'entra nulla.
Certo che i padroni cercano in ogni modo di risparmiare anche sulle frazioni di punto del costo del lavoro, ma nessun risparmio sul costo del lavoro, persino un costo del lavoro ridotto a zero, potrebbe mai coprire le spese di una delocalizzazione. A coprire queste spese ci pensano i fondi pubblici europei (cioè i contribuenti), e gli sgravi fiscali imposti dal Fondo Monetario Internazionale ai Paesi sito delle "relocation" (quindi ancora tutto a carico dei contribuenti).
L'imprenditore che "crea ricchezza" rappresenta la più subdola delle menzogne sociali, dato che il cosiddetto "capitalismo" ed il sedicente "Mercato" costituiscono le sigle di comodo di oligarchie affaristico-criminali che saccheggiano il denaro pubblico ed i beni pubblici. Con questo sciopero generale finalmente, anche se in modo ancora timido e parziale, lo scontro va a centrarsi proprio sull'uso del denaro pubblico. Potrebbe sembrare un tentativo di riedizione del compromesso socialdemocratico che ha retto in Europa sino alla fine degli anni '70, con una parte del reddito redistribuito in termini di salario individuale e salario sociale (il cosiddetto "welfare").
Ma oggi non può essere più così, poiché non esiste più un ceto politico che detenga almeno una parte del potere economico/finanziario. Le privatizzazioni hanno determinato la fine del modello di economia mista pubblico/privato, e ci presentano oggi un ceto politico non solo asservito, ma dipendente dalle multinazionali anche per le proprie prospettive di carriera o di semplice salvezza personale. La kermesse sloganistica organizzata da Walter Veltroni al Lingotto di Torino, di proprietà della FIAT, ha conferito a questa supina dipendenza persino una plastica visibilità.
Le privatizzazioni hanno impoverito la società senza raggiungere i miracoli produttivi che promettevano, cosa che però confermerebbe ugualmente la necessità di ulteriori "liberalizzazioni" e "riforme strutturali", cioè di altre privatizzazioni. La povertà diffusa ha consentito all'affarismo multinazionale di intensificare lo sfruttamento dei consumatori attraverso la tecnica del "finanziamento ai consumi", cioè l'indebitamento di massa, facendo così comprendere i veri moventi criminali alla base dello slogan della "stabilità finanziaria", il nome d'arte della miseria pianificata.
La convocazione di questo sciopero generale costituisce già di per sé un risultato, una manifestazione della volontà di resistenza contro la guerra psicologica del dominio; una guerra psicologica che non riposa mai e che ha trasformato l'Italia in un laboratorio ideologico della sudditanza coloniale. La scelta delle multinazionali di mantenere alla "guida" del governo italiano un fantoccio che dà di matto ogni giorno, rappresenta la dimostrazione pratica della formula della "psywar", resa nota dal presidente statunitense Harry Truman: "Se non puoi convincerli, confondili". Nelle colonie i governi divengono sub-agenzie della guerra psicologica e sponde del terrorismo mediatico, strumenti di avvilimento della coscienza collettiva, per generare depressione e schizofrenia di massa. A Pomigliano la guerra psicologica ha però fallito in parte, a Mirafiori ha fallito quasi del tutto. La guerra psicologica quindi non è onnipotente e, dopo lo sciopero del 28 gennaio, ci saranno ancora occasioni per dimostrarlo.
Link: http://www.comidad.org/dblog/articolo.asp?articolo=398
27.01.2010
www.comidad.org
Un sistema mediatico appeso per giorni all'attesa degli oracoli sibillini della Conferenza Episcopale Italiana, ha invece totalmente ignorato l'approssimarsi della scadenza dello Sciopero Generale del 28 gennaio. Intanto lo stesso sistema mediatico sta affilando le sue armi per cercare di liquidare questo sciopero come una espressione di attaccamento all'ideologia in un mondo che cambia. In effetti, tutti pensano e si esprimono in base a modelli ideologici, quindi non si può essere ideologici o non-ideologici. La differenza è, semmai, fra coloro che accettano di confrontarsi con le smentite provenienti dai dati di fatto, e invece coloro che trasformano ogni smentita in un'ulteriore conferma dei loro slogan. Quindi vi sono ideologie che non vengono affatto formulate per cercare di capire la realtà, ma solo per mistificarla; in questo caso ideologie che nascono per funzionare come armi psicologiche nella guerra mondiale dei ricchi contro i poveri.
Il mitico "Mercato" rappresenta una tipica ideologia auto-confermativa: i disastri provocati dal sedicente "Mercato" divengono infatti la prova provata del "fatto" che non c'è mai abbastanza Mercato. Una cosa che pretende di esistere, ma ritiene sempre di non esistere mai a sufficienza, è, con ogni evidenza, una non-esistenza, un mito o, più precisamente, un alibi ideologico.
Da venti anni si succedono provvedimenti ed "accordi" sulla flessibilità del lavoro, presentata come la panacea al problema della produttività. La Legge 30/2003, reclamizzata come la soluzione ultra-"flessibile" al problema della disoccupazione giovanile, ci ha condotto al record della disoccupazione giovanile. Secondo i governi e il padronato, la risposta a questo disastro sociale dovrebbe essere però quella di imporre ancora più "flessibilità", cioè di precarizzare ogni forma di lavoro.
Le ideologie auto-confermative usano anche le mezze verità come esca per far passare una menzogna. In queste settimane si è cercato di spacciare il fatto che la FIAT in passato abbia preso il denaro pubblico, come prova che oggi non lo stia più incassando. Sono stati messi in ombra non soltanto i milioni di ore di Cassa Integrazione, tramite le quali l'azienda ha potuto liberarsi del peso del costo del lavoro di parte dei suoi dipendenti per aumentare lo sfruttamento di quelli rimasti in fabbrica; ma si è anche taciuto sugli stessi dati ufficiali che rivelano che i fondi comunitari, versati dall'Unione Europea a titolo di "Sviluppo Regionale", sono in realtà usati per finanziare le delocalizzazioni nell'Europa dell'Est. Con questi fondi la FIAT ha potuto aprire i suoi stabilimenti in Polonia, quindi il basso costo del lavoro polacco in questa delocalizzazione non c'entra nulla.
Certo che i padroni cercano in ogni modo di risparmiare anche sulle frazioni di punto del costo del lavoro, ma nessun risparmio sul costo del lavoro, persino un costo del lavoro ridotto a zero, potrebbe mai coprire le spese di una delocalizzazione. A coprire queste spese ci pensano i fondi pubblici europei (cioè i contribuenti), e gli sgravi fiscali imposti dal Fondo Monetario Internazionale ai Paesi sito delle "relocation" (quindi ancora tutto a carico dei contribuenti).
L'imprenditore che "crea ricchezza" rappresenta la più subdola delle menzogne sociali, dato che il cosiddetto "capitalismo" ed il sedicente "Mercato" costituiscono le sigle di comodo di oligarchie affaristico-criminali che saccheggiano il denaro pubblico ed i beni pubblici. Con questo sciopero generale finalmente, anche se in modo ancora timido e parziale, lo scontro va a centrarsi proprio sull'uso del denaro pubblico. Potrebbe sembrare un tentativo di riedizione del compromesso socialdemocratico che ha retto in Europa sino alla fine degli anni '70, con una parte del reddito redistribuito in termini di salario individuale e salario sociale (il cosiddetto "welfare").
Ma oggi non può essere più così, poiché non esiste più un ceto politico che detenga almeno una parte del potere economico/finanziario. Le privatizzazioni hanno determinato la fine del modello di economia mista pubblico/privato, e ci presentano oggi un ceto politico non solo asservito, ma dipendente dalle multinazionali anche per le proprie prospettive di carriera o di semplice salvezza personale. La kermesse sloganistica organizzata da Walter Veltroni al Lingotto di Torino, di proprietà della FIAT, ha conferito a questa supina dipendenza persino una plastica visibilità.
Le privatizzazioni hanno impoverito la società senza raggiungere i miracoli produttivi che promettevano, cosa che però confermerebbe ugualmente la necessità di ulteriori "liberalizzazioni" e "riforme strutturali", cioè di altre privatizzazioni. La povertà diffusa ha consentito all'affarismo multinazionale di intensificare lo sfruttamento dei consumatori attraverso la tecnica del "finanziamento ai consumi", cioè l'indebitamento di massa, facendo così comprendere i veri moventi criminali alla base dello slogan della "stabilità finanziaria", il nome d'arte della miseria pianificata.
La convocazione di questo sciopero generale costituisce già di per sé un risultato, una manifestazione della volontà di resistenza contro la guerra psicologica del dominio; una guerra psicologica che non riposa mai e che ha trasformato l'Italia in un laboratorio ideologico della sudditanza coloniale. La scelta delle multinazionali di mantenere alla "guida" del governo italiano un fantoccio che dà di matto ogni giorno, rappresenta la dimostrazione pratica della formula della "psywar", resa nota dal presidente statunitense Harry Truman: "Se non puoi convincerli, confondili". Nelle colonie i governi divengono sub-agenzie della guerra psicologica e sponde del terrorismo mediatico, strumenti di avvilimento della coscienza collettiva, per generare depressione e schizofrenia di massa. A Pomigliano la guerra psicologica ha però fallito in parte, a Mirafiori ha fallito quasi del tutto. La guerra psicologica quindi non è onnipotente e, dopo lo sciopero del 28 gennaio, ci saranno ancora occasioni per dimostrarlo.
Link: http://www.comidad.org/dblog/articolo.asp?articolo=398
27.01.2010
martedì 28 dicembre 2010
Un ottimo articolo, scritto da un decennio...
L'Autore si è tolto la vita quest'anno in circostanze a dir poco originali.
PIÙ STATO MENO MERCATO
DI JOHN KLEEVES
centroitalicum.it/
La leggenda del capitalismo e del libero mercato
Dimenticate Marx e pensate ex novo al Capitalismo. Cosa si intende per Capitalismo? Un’economia di libero mercato, il quale lasciato a sé stesso e senza interventi statali permette la creazione di grandi ricchezze concentrate.
Si intende questo, eppure se ci pensiamo vediamo che con un mercato veramente libero non potrebbero affatto crearsi grandi ricchezze concentrate: con un mercato veramente libero non potrebbe esserci il Capitalismo!
Il fatto è che le grandi ricchezze concentrate, diciamo le grandi aziende, per nascere e mantenersi hanno bisogno sempre di opere pubbliche, di opere della collettività.
Immaginiamo ogni grande azienda, di qualunque settore, ai suoi albori. L'industria dell'auto per esempio. Dopo l'invenzione del semovente in vari Paesi degli imprenditori pensarono alla produzione di massa. Hanno venduto bene le prime serie, ma poi avrebbero dovuto fermarsi: era necessaria una rete stradale adatta. Ma in un mercato libero lo Stato non ti fa le strade perché devi vendere le tue auto ma ti dice: se le vuoi compra i terreni e asfalta, caro il mio imprenditore privato, e rispetta i diritti dei confinanti, che sono liberi cittadini in un libero mercato.
Avrei voluto vedere come avrebbero potuto svilupparsi i colossi del settore, come la Ford o la Fiat: avrebbero dovuto comprare striscia di terra dopo striscia di terra, asfaltarla, recintarla e dotarla di un'infinità di sottopassaggi e cavalcavia, curarne la manutenzione, rendere conto degli incidenti che vi avvenivano. Sarebbe stato impossibile anche il primo passo, l'acquisto dei terreni, perché ogni contadino avrebbe chiesto cifre esorbitanti è ovvio.
Sarebbe rimasto al nostro candidato capitalista delle quattro ruote il mercato militare: jeep e camion per l'Esercito, che viaggiavano sulle strade da lui fatte, per i suoi scopi. E il tutto vincolato dallo Stato (divieto di esportare, tipi di prodotti, eccetera), perché è roba di importanza strategica.
Oppure pensiamo all'industria aeronautica e alle compagnie aeree. Begli oggetti gli aerei passeggeri, ma richiedono aeroporti e in un libero mercato lo Stato ti risponde come prima: Cosa c'entro io? Fatteli! E in luoghi deserti, dove non infastidiscano nessuno col rumore, perché i miei cittadini sono liberi cittadini in un libero mercato, e hanno dei diritti.
Continua su ComedonChisciotte
PIÙ STATO MENO MERCATO
DI JOHN KLEEVES
centroitalicum.it/
La leggenda del capitalismo e del libero mercato
Dimenticate Marx e pensate ex novo al Capitalismo. Cosa si intende per Capitalismo? Un’economia di libero mercato, il quale lasciato a sé stesso e senza interventi statali permette la creazione di grandi ricchezze concentrate.
Si intende questo, eppure se ci pensiamo vediamo che con un mercato veramente libero non potrebbero affatto crearsi grandi ricchezze concentrate: con un mercato veramente libero non potrebbe esserci il Capitalismo!
Il fatto è che le grandi ricchezze concentrate, diciamo le grandi aziende, per nascere e mantenersi hanno bisogno sempre di opere pubbliche, di opere della collettività.
Immaginiamo ogni grande azienda, di qualunque settore, ai suoi albori. L'industria dell'auto per esempio. Dopo l'invenzione del semovente in vari Paesi degli imprenditori pensarono alla produzione di massa. Hanno venduto bene le prime serie, ma poi avrebbero dovuto fermarsi: era necessaria una rete stradale adatta. Ma in un mercato libero lo Stato non ti fa le strade perché devi vendere le tue auto ma ti dice: se le vuoi compra i terreni e asfalta, caro il mio imprenditore privato, e rispetta i diritti dei confinanti, che sono liberi cittadini in un libero mercato.
Avrei voluto vedere come avrebbero potuto svilupparsi i colossi del settore, come la Ford o la Fiat: avrebbero dovuto comprare striscia di terra dopo striscia di terra, asfaltarla, recintarla e dotarla di un'infinità di sottopassaggi e cavalcavia, curarne la manutenzione, rendere conto degli incidenti che vi avvenivano. Sarebbe stato impossibile anche il primo passo, l'acquisto dei terreni, perché ogni contadino avrebbe chiesto cifre esorbitanti è ovvio.
Sarebbe rimasto al nostro candidato capitalista delle quattro ruote il mercato militare: jeep e camion per l'Esercito, che viaggiavano sulle strade da lui fatte, per i suoi scopi. E il tutto vincolato dallo Stato (divieto di esportare, tipi di prodotti, eccetera), perché è roba di importanza strategica.
Oppure pensiamo all'industria aeronautica e alle compagnie aeree. Begli oggetti gli aerei passeggeri, ma richiedono aeroporti e in un libero mercato lo Stato ti risponde come prima: Cosa c'entro io? Fatteli! E in luoghi deserti, dove non infastidiscano nessuno col rumore, perché i miei cittadini sono liberi cittadini in un libero mercato, e hanno dei diritti.
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mercoledì 8 dicembre 2010
L'affare TrimProb
Ha inventato la macchina che vede i tumori...
di Stefano Lorenzetto
(Il Giornale - 14 marzo 2010)
(Il Giornale - 14 marzo 2010)
Un tubo lungo 30 centimetri che permette di scoprire i tumori non appena cominciano a formarsi. Una sonda elettromagnetica che vede qualsiasi infiammazione dei tessuti. Un esame che dura appena 2-3 minuti, non è invasivo, non provoca dolore o disagi al paziente,e fornisce immediatamente la risposta. Un test innocuo, ripetibile all’infinito e senza togliersi i vestiti, che ha una precisione diagnostica come minimo del 70% ma, se eseguito da mani esperte, può arrivare anche al 100% di attendibilità. Uno strumento rivoluzionario, poco ingombrante, portatile, che si può usare ovunque e che non necessita di mezzi di contrasto radioattivi, lastre fotografiche o altro materiale di consumo. Un’apparecchiatura che si compra, anzi si comprava, con 43.000 euro più Iva, contro i 3-4 milioni di euro di una macchina per la risonanza magnetica, i 2 milioni di una Pet e il milione e mezzo di una Tac, tutt’e tre con costi di gestione elevatissimi.
Allora chi e perché ha paura del bioscanner, nome commerciale Trimprob? Non certo i potenziali pazienti, che potrebbero individuare per tempo la malattia. Non certo il ministero della Salute, che lo ha inserito nel repertorio dei dispositivi medici del Servizio sanitario nazionale. Non certo il professor Umberto Veronesi, che lo ha sperimentato nel suo Istituto europeo di oncologia di Milano e ne ha decantato la validità. Eppure la Galileo Avionica, società del colosso Finmeccanica, ha annunciato la chiusura della Trim Probe Spa, l’azienda che lo produceva e lo commercializzava, messa in liquidazione in quanto ritenuta non più strategica nell’ambito di un gruppo internazionale specializzato nei mezzi di difesa militare.
Questa è l’infelice historia di un cavaliere d’altri tempi, il professor Clarbruno Vedruccio, 54 anni, l’inventore del bioscanner, laureato in fisica e in ingegneria elettronica negli Stati Uniti, già collaboratore dell’Istituto di fisica dell’atmosfera del Cnr a Bologna e docente di metodologia della ricerca all’Università di Urbino, che nei tempi presenti avrebbe meritato i premi Nobel per la fisica e la medicina fusi insieme, se solo il mondo girasse per il verso giusto, e invece è costretto a prosciugare il conto in banca per tutelare la sua creatura.
Vedruccio è arrivato al bioscanner per puro caso, mentre stava fornendo tecnologia militare avanzata ad alcuni reparti d’élite delle nostre forze armate. Pur di non lasciarsi sfuggire un simile cervello, nel 2004 i vertici della Marina hanno rispolverato la legge Marconi del 1932, così detta perché fu creata su misura per Guglielmo Marconi, l’inventore della radio, che minacciava di passare armi e bagagli agli inglesi. Arruolato «per meriti speciali» nella riserva selezionata, con decreto del presidente della Repubblica, l’Archimede Pitagorico è diventato capitano di fregata ed è stato assegnato all’ufficio studi del Comando subacquei e incursori alla Spezia. Ha anche partecipato con l’Onu alla missione di pace Leonte in Libano, dove s’è guadagnato un encomio.
Quando nel 2004 una serie di fenomeni impressionanti - elettrodomestici che prendevano fuoco, vetri delle auto che esplodevano, bussole che impazzivano, cancelli automatici che si aprivano da soli - sconvolse la vita di Caronia, nel Messinese, la Protezione civile chiamò Vedruccio per trovare il bandolo della matassa. Lo studioso accertò che il paesino dei Nebrodi veniva colpito da fasci di radiazioni elettromagnetiche con particolari caratteristiche. Se oggi gli chiedi chi fosse a emetterle, si limita a tre parole: «Non posso rispondere». L’inventore abita con la moglie Carla Ricci, sua assistente, a pochi chilometri dal radiotelescopio Croce del Nord di Medicina (Bologna). Quando si dice il caso.
Nome insolito, Clarbruno.
«Viene dalla fusione di Clara e Brunello, i miei genitori».
Lei è un fisico. Perché ha accettato di diventare ufficiale di Marina?
«Non sono né guerrafondaio, né pacifista. Ma se la guerra si deve fare, si fa. Diciamo che la vita militare è la normalità, nella nostra famiglia. Sono nato a Ruffano, provincia di Lecce. Mio nonno materno, Ettore Giaccari, disperso in mare nel 1941, era il capo motorista dell’incrociatore Fiume, affondato dagli inglesi nella battaglia di Capo Matapan. Mio padre comandava la brigata costiera della Guardia di finanza. Sono cresciuto tra la caserma e il faro di Torre Canne. Nel gennaio 1958 precipitò in Adriatico un aereo F86 e papà si gettò a nuoto nelle acque gelide per salvare il pilota. Lo riportò a riva: purtroppo era già morto. Io passai l’infanzia fra i rottami di quel caccia militare. Ricordo ancora la carlinga, i comandi, la sala radio. Il mio amore per l’elettronica è nato lì».
E il bioscanner com’è nato?
«Nel 1985 collaboravo col battaglione San Marco. Mi fu chiesto se ero in grado di mettere a punto una tecnologia per intercettare i pescatori di frodo che di notte approdavano sull’isola di Pedagna, zona militare al largo di Brindisi. Le telecamere non potevano essere installate per la troppa salsedine e le frequenti mareggiate. Stavo lavorando a una specie di radar antiuomo, come quelli che gli americani usavano in Vietnam, quando mi accorsi che alcune bande di frequenza in Uhf, fra i 350 e i 500 megahertz, quindi al di sotto dei canali televisivi, interagivano bene con i tessuti biologici delle persone».
In che modo se ne accorse?
«Volevo sperimentare la possibilità di usare l’elettromagnetismo anche per rintracciare le mine antiuomo sepolte nel terreno: il rilevatore registrava qualsiasi discontinuità nella compattezza della sabbia fino a 20 centimetri di profondità. Mentre ero nel mio laboratorio, notai che sugli analizzatori di spettro una delle tre righe spettrali spariva completamente ogniqualvolta mi avvicinavo al banco di prova. Strano. Quel giorno avevo ingurgitato un panino col salame in treno ed ero in preda a una gastrite terribile. Mi si accese una lampadina in testa. Chiamai Enrico Castagnoli, ex radarista della Marina, mio vicino di casa, e gli chiesi come si sentisse in salute. “Benone”, mi rispose. Ripetei la prova su di lui: nessuna variazione di spettro. La conferma che cercavo».
Cioè?
«Allora non potevo saperlo. Ma avevo appena provato in vivo ciò che gli scienziati Hugo Fricke e Sterne Morse intuirono e descrissero nel 1926 su Cancer Research e cioè che i tessuti sani hanno una capacità elettrica più bassa, quelli infiammati più elevata, quelli oncologici ancora maggiore. In pratica il mio bioscanner consente di fare una specie di biopsia elettromagnetica, quindi incruenta, dei tessuti biologici, grazie a tre frequenze in banda Uhf, intorno ai 460, ai 920 e ai 1350 megahertz. In particolare, il segnale sulla prima frequenza interagisce con le formazioni tumorali maligne, evidenziando un abbassamento della riga spettrale».
E individua qualsiasi tipo di cancro?
«A eccezione delle leucemie. Ma i tumori solidi su cui abbiamo indagato li ha letti tutti. Ho visto alcuni carcinomi del seno con due anni d’anticipo sull’ecografia e sulla mammografia».
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